Italia

«Le ragioni storiche, politiche e partitiche che portarono alla divisione dei sindacati italiani – dice Maurizio Landini – non esistono più». In altre parole, quelle usate per anni dallo stesso segretario Cgil, è finita la guerra fredda, sono caduti i muri, il patto di Varsavia non c’è più (ma la Nato sì) e l’appartenenza delle varie anime sindacali non si può più definire in relazione al Paese guida o al partito di riferimento. Sono scomparsi i partiti novecenteschi (a eccezione della Lega, mutata in peggio) e nessuna formazione politica di massa si richiama oggi al movimento operaio: chi sta sempre e solo con i padroni e chi predica l’equidistanza tra capitale e lavoro. Ciò impone l’assunzione di un punto di vista autonomo, indipendente da padroni, partiti e governi da parte dell’intero movimento sindacale.


Con parole dal significato inequivocabile il segretario della Cgil ha lanciato la proposta di unità sindacale a Cisl e Uil e al suo interno. Una svolta annunciata con un’intervista e lanciata ufficialmente dal palco del 1° Maggio a piazza Maggiore, a Bologna, presenti i segretari Cisl (Annamaria Furlan) e Uil (Carmelo Barbagallo). Una sollecitazione ancor più impegnativa perché proviene da chi, come Landini, è stato costretto a vivere la sua esperienza alla guida della Fiom in una condizione di solitudine, per la scelta di Fim e Uilm di imboccare la strada degli accordi e contratti separati, alla Fiat come a livello di categoria. Una solitudine che l’atteggiamento contraddittorio della Cgil nel referendum imposto da Marchionne per scegliere tra lavoro e diritti non aveva contribuito a spezzare. Quel “venir meno delle ragioni della rottura sindacale” del dopoguerra richiama alla memoria un’altra svolta, quella “epocale” con cui Enrico Berlinguer annunciò “la fine della spinta propulsiva della rivoluzione d’ottobre”.
L’uscita di Landini è accolta con cautela sia in Cisl e Uil che nella Cgil, dopo anni di competizioni che hanno ossificato gli apparati abituati spesso a vivere di rendite di posizione. Per non essere frainteso, Landini ha precisato che un’unità vera deve nascere e crescere nei posti di lavoro e non con un patto burocratico tra gruppi dirigenti. Il segretario Cgil è consapevole che la strada proposta è in salita, perché ci sono realtà in cui le pratiche unitarie vanno reinventate. Non è semplice fra i metalmeccanici, dove le ferite aperte tra i lavoratori dal tentativo congiunto di Fim, Uil, padronato e politica di isolare la Fiom non sono rimarginate. E alla Fiat continuano a sanguinare. Nel comizio di Bologna, Landini è stato accolto da un’ovazione quando ha ricordato la natura antifascista del sindacato e ha gridato a Salvini di chiudere le sedi di Casa Pound e aprire i porti ai migranti.


A lato della riunione degli esecutivi di Fim, Fiom e Uil in preparazione dello sciopero generale dei metalmeccanici del 12 giugno, il primo unitario dopo anni, abbiamo chiesto alla segretaria Fiom Francesca Re David come si coniuga l’appello del suo predecessore nella più importante categoria industriale. «L’unità è necessaria, va costruita nei posti di lavoro e non può che fondarsi sulla democrazia, sulla rappresentanza certificata delle organizzazioni sindacali, sul rapporto diretto con i lavoratori a cui spetta l’ultima parola su accordi e contratti. È importante che si vada insieme allo sciopero generale contro le politiche del governo. Mi auguro che una mediazione di vertice possa portare finalmente a una piattaforma unitaria della categoria per il rinnovo del contratto nazionale. Sarebbe importante guardando a quel che capita nell’industria, lasciata deperire e fuggire fuori Italia, ai salari troppo bassi, alla crescente deregulation dei rapporti di lavoro. Il settore forse più importante dell’industria, l’automotive, va alla deriva con l’occupazione in caduta libera. L’unità sindacale si conquista passo passo, con assemblee unitarie, senza negare che proprio alla Fiat c’è un vulnus e un contratto aziendale separato, neocorporativo, che cancella il contratto di primo livello».


Eppure, non mancano segnali positivi, a partire dalla manifestazione unitaria Cgil, Cisl e Uil di due mesi fa che a Roma ha
riempito di lavoratori e aspettative piazza San Giovanni. Il prossimo appuntamento prima del giorno dei meccanici (che prevede 3 grandi appuntamenti: al Nord, al Centro e al Sud) sarà la manifestazione del 1° giugno dei pensionati, di nuovo a San Giovanni, contro le politiche del governo. E il conflitto non si placa tra gli edili che ancora aspettano lo sblocco dei cantieri e l’avvio di investimenti per il riassetto di un territorio fragile, lasciato deperire così come l’industria. Segnali di vita arrivano dal pubblico impiego e dalle realtà in crisi, prima fra tutte l’Alitalia messa in svendita. In questo contesto, si lavora in condizioni sempre peggiori, la disoccupazione altissima e la precarietà diventano armi improprie per abbattere diritti e sicurezza, con una crescita a 2 cifre degli infortuni e delle morti sul lavoro. Ci sarebbero tutte le condizioni per uno sciopero generale di tutte le categorie che aiuterebbe il processo unitario e non è escluso che tra gli obiettivi della sfida lanciata da Landini ci sia anche questo.

Pubblicato il 

09.05.19
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