Lanciata l'offensiva linguistica

Un diritto all'apprendimento linguistico per i migranti giunti in Svizzera. È quanto chiedono il sindacato Unia e la fondazione Ecap per la formazione e la riqualificazione professionale con una "offensiva linguistica" in risposta alla nuova politica d'integrazione della Confederazione, politica fortemente voluta dal consigliere federale Christoph Blocher. Il prossimo 1° gennaio entrerà infatti in vigore la nuova Legge federale sugli stranieri. In vista di questo importante appuntamento lo scorso mese di agosto il Consiglio federale aveva licenziato un rapporto contenente una piano di misure per la politica di promozione dell'integrazione. Ma per Unia questo piano non è sufficiente, come si legge in un documento che riassume le tesi di fondo del sindacato sull'apprendimento linguistico come strumento d'integrazione: «ovunque si parla di integrazione e dell'importanza dell'apprendimento linguistico, ma è ora di passare dalle parole ai fatti. Esigiamo misure concrete e chiediamo che di fatto sia attuato un diritto all'apprendimento linguistico».

Con l'entrata in vigore della nuova Legge sugli stranieri dall'inizio del 2008 la prova dell'integrazione nel tessuto sociale svizzero avrà un ruolo decisivo anche per giudicare della concessione di autorizzazioni, di un permesso di dimora in Svizzera e in caso di espulsione per migranti che non provengono da un paese membro dell'Unione europea (Ue). In base alle direttive emanate lo scorso mese di agosto dal governo federale, le competenze linguistiche dovrebbero avere un peso preponderante nel giudicare il grado di integrazione di un cittadino straniero. La Confederazione intende così elaborare degli standard linguistici unitari compresi procedure e test per favorire l'apprendimento linguistico.
Per Unia però simili richieste nei confronti dei migranti possono essere fatte valere solo se nel contempo c'è un'offerta formativa adeguata alle esigenze specifiche dei lavoratori migranti: «Minacciando sanzioni nel quadro del diritto di soggiorno lo Stato non fa che riconoscere la sua incapacità. Il principio dev'essere invece un altro: la Svizzera come paese d'immigrazione pratica una cultura dell'accoglienza che considera gli immigrati come gli autoctoni, che lavorano, vivono e pagano le imposte qui». D'altro canto, sottolinea Unia, la certezza sul proprio diritto a rimanere in un paese è una condizione imprescindibile per ottenere l'integrazione. E riconoscendo al più presto il permesso di soggiorno si diminuiscono anche le discriminazioni nell'integrazione professionale.
Altre sono dunque le misure che vanno prese per favorire l'integrazione dei migranti attraverso l'apprendimento della lingua del posto. Il sindacato Unia e la fondazione Ecap le hanno elaborate sulla base della loro ormai lunga esperienza accumulata da diversi anni con i corsi di lingue che hanno proposto e propongono a decine di migliaia di migranti. Queste le misure nel dettaglio, attuabili già nel 2008:
•    ogni migrante riceve un "voucher" (buono) e una guida con le offerte formative, in particolare sui corsi di lingua. A chi è appena giunto in Svizzera sono offerti corsi specifici, sia per cittadini dell'Ue che per migranti extra-Ue. Questo permette anche di sviluppare una cultura dell'accoglienza;
•    tutti i migranti occupati professionalmente hanno diritto di frequentare dei corsi di lingue durante l'orario di lavoro: essi a questo scopo hanno a disposizione un credito di 500 ore lavorative (con compensazione della perdita di guadagno);
•    l'offerta di corsi deve disporre di posti sufficienti per tutti gli interessati: a breve termine vanno creati 10 mila nuovi posti specificamente orientati ai bisogni concreti dei migranti;
•    i corsi devono avere una stretta attinenza con il mondo lavorativo di chi li frequenta: ad esempio corsi specifici per lavoratori dell'edilizia, per impiegati del settore delle pulizie, per casalinghe, per chi lavora nei servizi ecc… Particolare attenzione va posta alle esigenze dei cosiddetti "gruppi difficilmente raggiungibili", in particolare di coloro che non hanno una consuetudine con l'apprendimento;
•    i corsi devono essere accompagnati da un'offerta di servizi che permetta la loro effettiva frequentazione in particolare alle e ai migranti non attivi professionalmente (come la cura dei figli durante le lezioni);
•    campagne di informazione e motivazione, consigli professionali per scegliere il corso "giusto".


In tedesco si pulisce meglio

In Svizzera la maggior parte del personale del settore delle pulizie è costituito da migranti che non conoscono o conoscono male la lingua del posto. Si tratta inoltre di persone che spesso non dispongono di una buona formazione. Per questo la commissione paritetica delle pulizie della Svizzera tedesca offre da due anni corsi di tedesco concepiti specificamente per il personale del settore.
L'esigenza è nata quando nel 2005 la Commissione paritetica ha dato avvio a corsi di aggiornamento professionale per mantenere elevata la qualtià del servizio offerto ai clienti. Ebbene, l'esperienza ha dimostrato che senza un minimo di conoscenze del tedesco da parte del personale l'esito dei corsi era insoddisfacente. Da qui l'idea di organizzare in più anche dei corsi di tedesco. Essi sono tenuti dalla fondazione Ecap che, come rileva il presidente della Commissione paritetica Benno Locher, è il partner ideale in quanto è specializzata in corsi orientati all'attività professionale e rivolti a partecipanti che non dispongono di un elevato livello formativo.
Dal 2006 sono stati organizzati in tutta la Svizzera 24 corsi di tedesco per impigati del settore delle pulizie, frequentati da 314 persone. Per Locher da questi corsi traggono profitto in primo luogo i datori di lavoro, che dispongono di personale più integrato e quindi più motivato e fedele, oltre che meglio preparato nei propri compiti professionali.


Creare occasioni per imparare

In base alla nuova Legge sugli stranieri i e le migranti possono essere obbligati ad imparare una lingua nazionale svizzera. Vania Alleva, lei è responsabile del dipartimento Politica dei contratti e gruppi d'interesse del sindacato Unia, quindi molto vicina alle esigenze delle e dei migranti: che giudizio dà di quest'obbligo?
L'obbligo di frequentare dei corsi ha senso soltanto se a monte si sono creati i presupposti e le condizioni per una proficua frequenza. Inoltre siamo convinti che un obbligo di frequenza – che tra l'altro può valere soltanto nei confronti di cittadini non appartenenti all'Unione europea (Ue) – non sia decisivo nel determinare il successo di una politica di vasta diffusione delle capacità linguistiche. Si può obbligare qualcuno a frequentare un corso, ma non è possibile obbligarlo ad imparare con successo una lingua. Bisogna invece lavorare con un sistema serio di incentivi come quello che proponiamo noi, sia per cittadini che non appartengono all'Ue che per cittadini dell'Ue. Secondo noi è molto delicato far dipendere la concessione di un permesso di soggiorno o il suo prolungamento per un gruppo di migranti dalle loro competenze linguistiche: questo genera soltanto insicurezza e ostacola l'integrazione.
Stando al Rapporto 2006 sull'integrazione pubblicato dalla Confederazione 63 mila migranti attivi professionalmente non hanno né sul loro posto di lavoro, né altrove la possibilità di parlare una lingua nazionale. È un grosso svantaggio per queste persone?
Sì, è un'enorme difficoltà per chi desidera apprendere una lingua straniera. Com'è possibile imparare una lingua se nella vita di tutti i giorni non si ha occasione di parlarla o se ne hanno poche? È un problema che concerne in particolare chi lavora in settori con bassi salari. Proprio in questi casi un'offerta di corsi mirata a questi specifici gruppi è molto importante. Si tratta di cosiddetti "gruppi difficilmente raggiungibili". Lo sottolineo: a questa gente non manca il desiderio di imparare la lingua o la volontà di integrarsi nella nostra realtà. Gli mancano le occasioni per imparare. I fattori decisivi sono il tempo, i soldi e la consuetudine all'apprendimento. Secondo il Rapporto sull'integrazione è anche proprio nei cosiddetti "gruppi difficilmente raggiungibili" che si riscontra una bassa disponibilità ad esempio da parte dei datori di lavoro di sostenere dei corsi in questo senso. E questo aiuta poco.
Ma c'è un'offerta sufficiente di corsi di lingue?
Se si vuole davvero prendere sul serio la promozione delle competenze linguistiche, allora è evidente che mancano dei posti nei corsi di lingue. Se già soltanto il 5 per cento delle migranti e dei migranti in Svizzera decidesse di frequentare un corso di lingue, ci vorrebbero oltre 80 mila posti disponibili. Ma non ci vuole un corso di lingue qualsiasi. Affinché si ottenga il successo desiderato occorrono dei corsi specifici che siano vicini al mondo del lavoro e alla vita quotidiana. Per questo in primo luogo chiediamo a breve termine 10 mila posti in corsi orientati ai bisogni degli allievi.
Quante ore deve investire chi vuole imparare una lingua? Ci sono cifre al riguardo?
L'esperienza con la formazione di adulti indica che per raggiungere il livello A2, quello richiesto dalla nuova Legge sugli stranieri, ci vogliono circa 480 ore per chi non ha una certa consuetudine all'apprendimento e circa 320 ore per chi ce l'ha. Questo è un impegno molto gravoso che si somma alle fatiche quotidiane della vita lavorativa. È a partire da queste riflessioni che noi proponiamo che si permetta di frequentare dei corsi di lingue anche durante il normale tempo di lavoro. Solo così la promozione delle competenze linguistiche può sperare di avere successo. Come dimostrano degli studi inoltre i lavoratori o i genitori attivi in settori con bassi salari dispongono di poco tempo supplementare per la loro formazione linguistica. Affinché queste persone, che costituiscono uno dei gruppi a cui dovrebbe rivolgersi la politica di promozione delle competenze linguistiche, possano effettivamente frequentare dei corsi occorre il sistema di crediti temporali di almeno 500 ore come lo richiediamo noi. Un simile sistema di crediti temporali si dovrebbe intendere anche come incentivo per i datori di lavoro.
Unia in collaborazione con l'Ecap ha una lunga esperienza nell'organizzazione di corsi di lingue. Quali sono gli aspetti più importanti da tenere presenti?
Per esempio i nostri corsi "Deutsch in der Reinigung" ("Tedesco nel settore delle pulizie") hanno sempre un grande successo. Li abbiamo avviati assieme alla Commissione paritetica del settore delle pulizie e con il sostegno della Commissione federale degli stranieri. Anche i datori di lavoro apprezzano molto questi corsi. Affinché i corsi abbiano successo è importante che tengano conto delle condizioni quadro entro cui si svolgono e che sono date dall'attività lavorativa (orari di lavoro, esigenze famigliari ecc…). Ci vuole un'offerta che sia di facile accesso, e per questo si deve considerare le specificità di ogni ramo professionale. I corsi devono essere organizzati in modo tale da essere conciliabili con gli orari di lavoro e che siano accessibili anche a chi non ha una consuetudine con l'apprendimento. Ma si devono anche considerare le difficoltà geografiche. Da anni per esempio abbiamo dei lavoratori attivi nell'agricoltura che seguono un corso a Müntschemir. Per loro non era possibile venire fino a Berna a frequentare un corso di lingue. Così abbiamo portato il corso da loro.
I e le migranti rappresentano un grosso potenziale per la Svizzera, perché molti di loro conoscono più di una lingua. La nuova Legge sugli stranieri tiene conto di questa circostanza?
La nuova Legge sugli stranieri nella sua concezione di fondo non considera i e le migranti come delle risorse: la legge considera unilateralmente i cosiddetti "stranieri" soltanto come causa di problemi. Gli avversari della nuova Legge, fra cui noi sindacalisti, cercano invece di mettere in risalto l'importante contributo dato dal fenomeno migratorio allo sviluppo della Svizzera e anche le possibilità che questo apre per il nostro paese. Prendiamo per esempio le persone provenienti dalla ex Jugoslavia. Fra dieci o vent'anni, dopo la prossima fase di allargamento dell'Ue, ci sarà anche molta gente che finalmente imparerà ad apprezzarne le competenze quando alla Svizzera si apriranno i mercati e le società dei Balcani.

Pubblicato il

30.11.2007 01:00
Gianfranco Helbling
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