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La vittoria è bella, ma che conta è la lotta

L’esemplare sciopero durante la costruzione della ferrovia Dakar-Niger con cui 15.000 operai africani, grazie alla coscienza di classe, sfidarono con successo l’impero coloniale francese

Lo sciopero che interessò la linea ferroviaria Dakar-Niger fu una lotta durissima. Iniziò l’11 ottobre 1947 e coinvolse 15.000 operai sui 20.000 impiegati dall’impresa coloniale, colonna vertebrale economica dell’Africa Occidentale Francese (AOF). Gli operai africani decisero di gettare gli arnesi di lavoro dopo i ripetuti rifiuti della direzione a discutere col sindacato autonomo delle loro rivendicazioni, legate al carattere estenuante del lavoro, ma anche alle differenze stridenti di salario e trattamento tra bianchi e neri. I primi avevano per esempio il diritto agli assegni familiari e a una pensione. Fu una lotta di lavoro, ma anche contro il colonialismo e un momento chiave per l’emancipazione, nazionale, di classe e di genere.

 

Nel romanzo “Il fumo della savana” (nome dato dagli abitanti dell’AOF al treno), Ousmane Sembène osserva che la pretesa di assegni familiari suscitava un’opposizione particolare. Giustificata sul piano materiale (gli assegni incoraggerebbero le pratiche poligame e la nascita di tanti figli), l’opposizione dei dirigenti europei rivela il profondo razzismo delle relazioni coloniali. Accettare di dare assegni per i figli sarebbe una forma di accettazione della “cultura” africana, che non capiscono ma per la quale hanno un disprezzo assoluto.

 

Questo fece esplodere la rabbia delle donne quando realizzarono che, per i bianchi, erano delle concubine e i loro figli dei bastardi. I francesi avevano cercato di affamare gli scioperanti, vietando ai negozi di vendere loro il riso e a volte anche bloccando le forniture d’acqua; speravano che le donne avrebbero fatto pressione sugli uomini per riprendere il lavoro, ma non è andata così perché le donne li hanno supportati nello sciopero, facendo sforzi enormi per sopravvivere. Hanno attivato la solidarietà tradizionale, ma l’hanno anche trasformata: tanti uomini hanno per esempio iniziato ad aiutare a cercare l’acqua, superando le resistenze legate al carattere tradizionalmente femminile di quest’attività. La cultura non è scolpita sulla pietra e nei momenti di mobilitazione cambia. Le donne non hanno solo condiviso risorse e sofferenze. Hanno fronteggiato direttamente i proiettili e i bastoni dei soldati, per esempio durante l’eroica marcia da Thiès a Dakar. Cantando in supporto dello sciopero e a sostegno dei negoziatori, centinaia di donne camminarono da una città all’altra, suscitando stupore ed entusiasmo. Di fronte a un nuovo rifiuto di scendere a compromessi da parte dell’impresa, appoggiata da potentati religiosi e civili locali, scattò lo sciopero generale. Così, la vittoria divenne inevitabile: l’AOF è stata paralizzata per oltre 4 mesi quando bisognava esportare arachidi e altre merci; le principali rivendicazioni vennero così accettate e la mobilitazione si concluse il 19 marzo 1948.

 

Lo sciopero della Dakar-Niger fu alimentato dalla presa di coscienza che se si lotta forse si può vincere. Una presa di coscienza della classe operaia, dell’interesse comune che unisce persone distanti ma legate dalla condizione di sfruttamento, che emerge con la lotta e che richiede di resistere agli attacchi. Le classi dominanti hanno una coscienza di classe molto più sviluppata. I francesi tentarono così di indebolire il movimento puntando ai leader (con arresti extragiudiziari, con tentativi di corruzione promettendo promozioni e denaro). Ma a queste sirene si resistette grazie all’interazione quotidiana con il movimento e al sentimento di responsabilità nei suoi confronti. Altri sindacati dell’AOF, coinvolti in giochi di potere, rifiutavano di supportare il movimento ma vi furono costretti dalla base.

Pubblicato il

21.10.2024 15:47
Nicolas Pons-Vignon
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