La vendita in svendita

A poco meno di un mese dalla pubblicazione del manifesto Sei-unia per le lavoratrici e i lavoratori del settore della vendita, il Dipartimento delle finanze e dell’economia (Dfe) torna alla carica sull’apertura prolungata dei negozi in Ticino. Lo fa nel nome della liberalizzazione, proponendo secondo le sue stesse parole una regolamentazione «più semplice e flessibile» nel ramo della vendita al dettaglio. La consultazione sull’avamprogetto di legge si chiuderà il prossimo 15 settembre e il Dfe intende presentare il messaggio in Consiglio di Stato all’inizio dell’autunno. Intanto però, già qualche settimana fa il Sindacato edilizia e industria (Sei)/unia (Sindacato del settore terziario) aveva anticipato le mosse del dipartimento Masoni ribadendo il rifiuto di qualsiasi nuovo tentativo di liberalizzazione: «furbescamente si cercherà di accompagnare la nuova proposta con un Ccl (contratto collettivo di lavoro, ndr) minimalista e insoddisfacente: il Sei-unia, nel rispetto della sua base, annuncia già sin d’ora la sua opposizione!». Il cardine della nuova proposta del Dfe è in effetti il Contratto collettivo di lavoro per il personale della vendita sottoscritto il 10 aprile 2002 dalla Federcommercio e dai sindacati Ocst, Sit, Sic Ticino e Syna. Gli autori dell’avamprogetto di legge lo presentano ora come una garanzia della tutela delle condizioni degli impiegati del settore, una garanzia che mancava nella legge bocciata in sede di referendum il 7 febbraio 1999 dal 53 per cento della popolazione ticinese. «Il Ccl – indica il testo dell’avamprogetto – è elemento essenziale per il varo della nuova legge (…), poiché migliora le condizioni di lavoro del personale e fornisce garanzie affinché l’estensione degli orari di apertura avvenga considerando attentamente anche le esigenze di chi è chiamato a lavorare nei negozi oltre l’orario normale». Il progetto del Dfe prevede la distinzione tra fascia oraria di base (lunedì-venerdì dalle 6 alle 18.30; sabato dalle 6 alle 18) e fascia oraria prolungata (lunedì-venerdì fino alle 21). Solo i negozi che applicano e rispettano il Ccl o «regolamentazioni almeno equivalenti» potranno usufruire della seconda fascia. Fra le altre novità della proposta di legge vi è la liberalizzazione completa degli orari di apertura per i negozi a conduzione familiare, l’istituzione di una commissione paritetica cantonale incaricata di vegliare sul rispetto del Ccl e l’introduzione di deroghe di legge nei giorni feriali, le domeniche e i giorni festivi secondo le quali negozi particolari (panetterie, pasticcerie, negozi di piante e fiori, commerci che vendono cibi preparati, chioschi, distributori di benzina e negozi annessi, negozi turistici, complessi culturali e sportivi, videoteche, eccetera) potranno aprire dalle 6 alle 23 senza richiedere un’autorizzazione. Tutti i negozi potranno inoltre restare aperti dalle 10 alle 18 nei giorni di Corpus Domini, Santi Pietro e Paolo, Immacolata e nelle domeniche tra l’Immacolata e Natale. Un’autorizzazione su preavviso della commissione paritetica è necessaria infine per ottenere deroghe dipartimentali, limitate a manifestazioni ricreative e sportive, a giubilei, sagre, mercati, fiere e alle località soggette a forte concorrenza estera. Il menu servito dal Dfe sul piatto degli enti consultati dimostra una chiara volontà di approfondire la liberalizzazione nel settore della vendita. Ancora una volta, il Sindacato edilizia e industria (Sei) non ci sta: «Per il Sei fa stato il manifesto presentato tre settimane fa, documento in cui ribadiamo con fermezza la nostra opposizione agli orari di apertura. In ogni caso abbiamo bisogno di vagliare punto per punto la nuova legge di cui siamo venuti a conoscenza qualche ora fa (martedì 2 luglio, ndr), dopo di che si pronunceremo nel dettaglio. Entro il termine di consultazione, il 15 settembre 2003, saranno indette indette in tutto il Cantone assemblee delle lavoratrici e dei lavoratori. Da lì decideremo come muoverci», afferma il segreterario Unia-Sei Luca Gatti. Non è affatto tranquillizzante la clausola secondo cui «la fascia oraria prolungata” sarà “riservata ai negozi che applicano il Ccl per il personale di vendita (...)». «Il Ccl finora - fa notare Gatti - ha raccolto pochissime adesioni presso la categoria dei commercianti. Il che porta a due ipotesi: o i commercianti non hanno interesse al prolungamento dell’orario (può forse valere per i piccoli commercianti) o il Ccl in sè contiene delle clausole non gradite. Senza contare che il Cantone non ha potenziato degli organismi che possano verificare se il Ccl venga applicato o meno». Ora però s’introduce una novità: la Commissione paritetica cantonale. «Noi la chiediamo da sempre - dice ancora Gatti - ma abbiamo bisogno di entrare nello specifico del progetto per capire quali sono i meccanismi che la muovono». Altro punto di difficile interpretazione la questione delle deroghe. Se da una parte si dice che le deroghe dipartimentali saranno limitate, dall’altra si afferma che quelle di legge avranno un ventaglio sempre più allargato.«Le deroghe di legge rischiano di far cadere tutti i paletti che finora, a fatica, abbiamo innalzato. Su un punto non abbiamo dubbi: sull’indirizzo liberista della riforma. In fondo sta dando l’opportunità ai commercianti di far entrare dalla finestra ciò che non è passato dalla porta principale. A questa ennesima provocazione del Dfe risponderemo caso mai con il ricorso alle urne».

Pubblicato il

04.07.2003 03:30
Maria Pirisi
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