“Ripara, riusa ricicla: risparmiare risorse fa bene a te e all’ambiente” è lo slogan sul sito web del Parlamento europeo per lanciare e promuovere la transizione verso un’economia circolare. Finalmente, la politica, superando i vari ostacoli frapposti dai settori economici per annacquare o impedire il cambiamento, ha adottato norme che dovrebbero evitare ulteriore spreco e soprattutto frenare la distruzione definitiva di materie e sostanze limitate a livello planetario preservandole per le generazioni future. Imprenditori e azionisti hanno compreso che “riciclaggio e riuso” oltre a rafforzare l’immagine aziendale rappresentano un reale guadagno economico e finanziario. Da qui la loro attenzione nel segnalare gli sforzi nel riciclare (vedi Nestlé che indica la percentuale di riciclo delle capsule in Alu). Tuttavia il riciclo di sostanze richiede energia e l’energia (indipendentemente dalla fonte che la produce), una volta sfruttata (bruciando carbone o gasolio, benzina nel motore a scoppio, elettricità per illuminare, azionare un motore riscaldare), non è più recuperabile! Un fenomeno spiegato dalle leggi fisiche della termodinamica che la scienza economica nel suo insieme ha ignorato, facendo spallucce alle spiegazioni scientifiche. E qui sta il nocciolo di un problema non più negato, ma pur sempre sottovalutato dalla “scienza economica mainstream” ostinata sulla necessità di crescita economica. “Chiunque creda che la crescita esponenziale possa andare avanti per sempre in un mondo finito è un pazzo o un economista”, aveva affermato con humour inglese l’economista Kenneth Boulding. Le cose stanno cambiando: economisti “tradizionali” (la maggioranza) e le varie scuole da cui provengono ammettono oramai l’esistenza di limiti biofisici, sostenendo che “la crescita economica può essere disaccoppiata dal consumo di energia e materiali o dagli impatti ambientali, (che è la stessa cosa)”, spiega il professor Federico Demaria della Società europea di economia ecologica. Tuttavia, aggiunge, “le serie storiche sui flussi di materiali di EUROSTAT dimostrano che finora ciò non è avvenuto. Al massimo, c’è un disaccoppiamento relativo” (diminuzione dell’uso delle risorse per unità di PIL), ma “nessun disaccoppiamento assoluto, che è ciò che conta”. Insomma siamo sempre e drammaticamente ai piedi della “fatidica scala”! Che fare? La risposta è una sola: diminuzione assoluta del consumo di risorse ambientali. Come? Adottando e praticando il comportamento di tutti gli altri esseri biologici viventi con cui da sempre condividiamo la Terra. Esseri biologici incapaci di produrre energia, costretti per vivere e riprodursi a prelevare quella necessaria dalla lunga e complessa catena biologica tramite la quale ogni specie si nutre. I sistemi naturali “conoscono molto bene la termodinamica e il rendimento termodinamico dei loro processi è molto alto – spiegava Enzo Tiezzi (biochimico e ricercatore di fama mondiale – ciò comporta entropia ridotta al minimo possibile”. Il “segreto della straordinaria performance dei sistemi naturali passati e odierni è la coppia adattività (al contesto) e rigeneratività (quale misura della prestazione). Una coppia di criteri che era propria anche agli umani prima della rivoluzione industriale; e benché usassero carbone per riscaldare o fondere metalli e lavorare metalli l’impatto è stato poco significativo fino all’invenzione della macchina a vapore che aprì l’era della rivoluzione industriale senza tuttavia comprenderne dal punto di vista fisico-chimico-ambientale le possibili implicazioni”. La Terra suona la sveglia: time is over per i sogni di crescita esponenziale. |