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La subalternità fatta partito

Il partito socialista non dovrebbe sprecare le proprie forze nella gara a suggerire ricette per uscire dalla crisi. La sua ragion d'essere è costruire un sistema economico in cui non avvengano le crisi. Non è compito dei socialisti distribuire sotto forma di socialità le briciole della ricchezza prodotta con il lavoro, ma impedire che buona parte di quella ricchezza sia accaparrata dal profitto e dalla rendita. È socialista uno sciopero che fa aumentare i salari a scapito dei profitti, non il bilancio più o meno oculato del dicastero opere sociali. Altrimenti si diventa come quei camerieri che la sera si spartiscono in parti uguali le mance ricevute durante la giornata e intanto non si accorgono che lo stipendio è diminuito. Oppure, scriveva Fortebraccio, come quella gente che rema verso sinistra su una barchetta dentro la piscina di una nave che va a destra.
Tra le misure vagamente keynesiane pensate in funzione anticiclica vi sono i finanziamenti statali al risparmio energetico, per ridare fiato all'edilizia e con essa a tutto l'indotto, e nello stesso tempo ridurre le emissioni che provocano l'effetto serra. Che cosa c'è di più sensato e utile in questo momento? In Ticino questi incentivi sono stati introdotti nel settembre 2008 (Regolamento sull'utilizzazione dell'energia) e dal 1° gennaio 2009 vi è l'obbligo di attenersi a tali norme.
Bene. Il 24 febbraio scorso due deputati liberali, Lorenzo Orsi e Riccardo Calastri, hanno inoltrato al Consiglio di Stato una mozione che chiede l'adozione di alcuni correttivi a questo regolamento, perché «l'applicazione delle nuove normative crea una serie di problemi a livello pratico» per i proprietari di stabili e i progettisti. In particolare, nel caso di edifici esistenti («il discorso vale però in senso generale anche per nuove costruzioni»), «il fatto di rivestire le facciate degli edifici con diversi centimetri di materiale isolante modifica sostanzialmente la lettura e l'interpretazione di alcuni parametri edilizi». Questo perché: 1) essendo l'isolazione applicata di regola sul lato esterno, «le distanze da confine rischiano di non essere più rispettate», 2) «Il continuo aumento degli spessori di isolazione  va a scapito della superficie effettiva dei locali abitabili», 3) «Se vengono isolati pavimenti e/o solette anche l'altezza minima dei locali  rischia di non essere più rispettata».
I correttivi richiesti sono rivelatori del modo di costruire. Aumentare un po' le distanze fra gli edifici? No. Fare i locali più alti rinunciando a un piano? No. Costruire in un lotto quattro villette invece di cinque, guadagnando un po' meno? Non se ne parla. Sembra di vederla l'estremità del metro pieghevole in mano al progettista, rovente per il continuo guardare attraverso le lenti da presbite per non perdere nemmeno un prezioso millimetro di spazio utile. Dunque, sì ai sussidi, ma senza rinunciare a un centesimo di profitto. Chi aveva creduto  nel «diamoci da fare tutti insieme per uscire dalla crisi, senza perdere tempo in ideologismi inutili» è costretto a riflettere: i proprietari dei terreni, gli impresari, le agenzie immobiliari non rinunceranno mai al proprio guadagno in virtù di un regolamento pieno di buoni propositi.
Dunque prima bisogna decidere chi ha il potere nella società, poi si può discutere di incentivi al risparmio energetico, non viceversa. Non è servito cambiare frettolosamente il nome alla città di Leningrado. La questione è sempre all'ordine del giorno.

Pubblicato il

06.03.2009 12:30
Giuseppe Dunghi
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