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La storia fatta dai Se
di
Pietro Martinelli
Se il prodotto interno lordo ticinese tornerà a crescere più del 2 per cento in termini reali, se il prezzo del petrolio incomincerà a scendere, se l'inflazione tornerà sotto l'1 per cento, se i tassi di interesse del debito pubblico non aumenteranno, se lo spettro della stagflazione che si aggira per l'Europa svanirà, se i bisogni già riconosciuti dalle leggi in vigore si stabilizzeranno evitando un ulteriore incremento della spesa pubblica per la sanità, la socialità, la scuola, l'ambiente, la giustizia, la sicurezza, ecc., se verranno sfruttati gli eventuali margini nella lotta all'evasione fiscale, se in futuro "gestione progetti" funzionerà meglio che nel passato evitando perdite per progetti accantonati dal governo o bocciati dal popolo, se tutte o quasi tutte queste speranze (e altre ancora che avrò certamente dimenticato) si realizzeranno contemporaneamente, allora è possibile che si raggiunga il pareggio dei conti della gestione corrente previsto dal piano finanziario della legislatura in corso nel rispetto dell' l'art. 4 della legge sulla gestione finanziaria dello Stato.
Altrimenti le alternative sono due.
Una è quella praticata dagli struzzi di nascondere la testa nella sabbia aspettando che le cose si risolvano da sole. Lasciar quindi lievitare il debito pubblico con tutte le conseguenze del caso per l'affidabilità del Cantone, per l'onere degli interessi passivi e per il carico che verrà trasmesso alle prossime generazioni. Una scelta razionalmente poco comprensibile, ma che avrà pure qualche misteriosa ragione se l'istinto porta gli struzzi a praticarla (ma probabilmente gli struzzi di fronte al pericolo fanno qualcosa d'altro) e se un politico furbo come Giuliano Bignasca la sostiene da anni come argomento a favore delle sue iniziative fiscali.
L'altra è quella difficile di agire sulle entrate e sulle uscite, incrementando le prime e contenendo l'aumento delle seconde.
Per le entrate logica vorrebbe che si agisse sul gettito delle persone fisiche. Perché è l'entrata più importante (il 40/45 per cento di tutte le entrate non vincolate) e perché il nostro onere fiscale per questa imposta è il 64.7 per cento della media svizzera (cfr. allegato statistico al rendiconto del CdS pag. 250, T55). Alla domanda di come possa essere finanziariamente equilibrato un Cantone come il Ticino ritenuto fra i più sociali della Svizzera, con l'Università, gli Ospedali, la rete stradale, ecc. da pagare, incassando dai suoi contribuenti 64,7 cts. dove in media in Svizzera si incassa 1.- fr nessuno ha mai cercato di rispondere.
Forse perché aumentare le imposte delle persone fisiche è in ogni caso una missione impossibile ovunque, ma in particolare in Ticino, dove la scala delle aliquote è molto sociale se è vero che sotto i 30.000.- fr. di imponibile siamo al 46% della media svizzera, mentre sopra i 200.000.- fr. di imponibile siamo poco sotto tale media. Ora se aumentare le imposte per le persone fisiche è una impresa impossibile, aumentarle per i redditi bassi e medio bassi più che per quelli alti è un'impresa per folli. Evidentemente si sarebbe dovuto pensarci prima di abbassarle troppo.
Restano le altre otto imposte (sette se scartiamo opportunamente quella delle persone giuridiche) e le tasse. Non sarà facile in ogni caso.
Le uscite manovrabili riguardano i contributi a persone, enti, ecc., e i costi dell'amministrazione (personale + beni e servizi). Contrariamente a quanto generalmente si crede la spesa reale al netto delle entrate (tasse) per personale e beni e servizi negli ultimi quindici anni è rimasta praticamente costante, mentre quella reale relativa ai contributi (al netto di quanto il Cantone incassa da Confederazione e Comuni) nel medesimo periodo è cresciuta in media del 4.5% all'anno. La causa di questo aumento non sono in genere nuove leggi, ma l'aumento dei bisogni garantiti dalle vecchie leggi. Anche qui intervenire per ridurre non sarà facile.
Una cosa però bisognerebbe cominciare a fare: Consiglio di Stato, Gran Consiglio e partiti politici dovrebbero costruire assieme dei dati che tutti alla fine condividono e comunicarli assieme all'opinione pubblica. Poi lavorare partendo da quei dati condivisi per trovare le soluzioni. Perché "un problème bien posé est déjà a moitié résolu".
Pubblicato il
13.06.08
Edizione cartacea
Anno XI numero 24
Rubrica
Diario politico
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