Per capire meglio la tela su cui si inserisce la vicenda del fondo occulto del Cardiocentro Ticino bisogna ripercorrere la storia personale del «re delle Terme» dott. Eduard Zwick, delle sue attività imprenditoriali,delle sue relazioni con le più alte personalità della Csu bavarese e della sua personale concezione del rapporto tra economia e interesse pubblico (il suo motto era «Reich werden durch Steuern sparen», Mittelbayerische Zeitung, 27.7.1999,ovvero «Diventar ricco risparmiando sulle imposte»). Gli inizi della fortuna Nel 1969 Zwick costruisce per 40 milioni di marchi il complesso termale Johannesbad a Bad Füssing, guadagnando milioni (oggi, quello che viene considerato l’impero Johannesbad AG,di proprietà del figlio di Zwick, Johannes, conta sei cliniche in Germania ed Austria). Eduard Zwick, come detto, non ama per nulla distribuire la propria ricchezza tramite le imposte. Così, pagando eminenti personalità della Csu bavarese (finanziamenti politici, prestiti personali, viaggi pagati ecc. stanno venendo a galla in questi giorni sull’onda di piena dello scandalo dei fondi neri che sta travolgendo l’intera Cdu in Germania) riesce per molti anni a versare al fisco somme irrisorie rispetto al dovuto. Sino ad arrivare ad un debito di circa 41 milioni di marchi (saliti oggi, con interessi ed ammende,a 71 milioni!). La fuga in Ticino Siamo nel 1982:Zwick, pressato dal fisco, scappa in Ticino. È a quel momento che il suo grande amico, Franz Josef Strauss, il «leone della Baviera », primo ministro-monarca del Land dominato dalla Cdu, gli dà quello che la SüddeutscheZeitung (17.1.00) definisce un «consiglio leggendario»: «procurati un solido certificato medico che ti permetta di sottrarti alla giustizia». Quel certificato, manco a dirlo ,arrivò. (Ricordiamo per inciso che medico personale di Zwick è stato per anni e sino alla sua morte il dott. Moccetti). In assenza del padre è il figlio Johannes a cercare un patteggiamento con le autorità fiscali. Nel 1990 l’entrata in scena direttamente di Strauss porta alla cancellazione del debito di 71 milioni di marchi dietro il pagamento di soli 8,3 milioni. Tre anni dopo,inchieste giornalistiche (del magasin «Report» della Tv ARD e della SüddeutscheZeitung) svelano i contenuti del patto. Ha così inizio uno scandalo che porta all’annullamento dell’accordo, alle dimissioni da portavoce della Csu del ministro delle finanze di quel tempo Gerold Tandler ed all’apertura di un procedimento penale nei confronti di Johannes Zwick (che intanto inizia a pagare altri 32,6 milioni al fisco come parziale rimborso del debito paterno). La procedura giudiziaria porta ad una prima condanna di Johannes a 22 mesi per evasione fiscale. Dopo un annullamento della sentenza in Cassazione, un nuovo giudizio da parte del tribunale regionale di Hof lo scagiona anche dall’accusa di complicità in evasione fiscale (l’ipotesi era quella di aver aiutato il padre a sottrarsi alle autorità germaniche). Commentando l’assoluzione, Johannes Zwick, lasciando aperta l’ipotesi di chiedere la restituzione della trentina di milioni pagati a favore del padre, ha affermato che è sicuramente anche nell’interesse del fisco tedesco poter recuperare l’enorme eredità paterna: «è da quella torta che il fisco deve tagliarsi la fetta di milioni che gli spetta» (Mittelbayerische Zeitung, 28.7.99). La battaglia si è dunque subito concentrata sulla successione che il padre avrebbe cercato di negare agli eredi. E gli occhi si sono puntati sul Cardiocentro Ticino. Prima ammonendo i responsabili ticinesi sull’impiego dei 30 milioni (28,5 sinora) impiegati per la costruzione. Poi cercando di seguire le tracce dei 300 milioni dell’eredità «volatilizzatasi». Una ricerca che sembrava vana. «Tutte le tracce, tanto sull’isola Jersey che alle Bahamas, si perdono nella sabbia » disse l’avvocato di Johannes Zwick. Eravamo al 23 settembre dello scorso anno. Pochi giorni dopo un altro avvocato (Klaus W. Spiegel) consegnò alla 75.enne vedova Zwick,a nome di una non meglio precisata cliente, due scatole di documenti definiti esplosivi. Quelle scatole devono aver preso la via del Ticino. E, lavorandovi come un certosino, anche con quelle scatole l’avv.Fabio Soldati deve essere riuscito a far riemergere dalla sabbia le tracce che portavano al tesoro. |