CriminalitĂ  finanziaria

«Così facevano tutti» si è giustificato Oliver Camponovo, fiduciario ticinese al processo che lo ha condannato a tre anni di pena per aver favorito nella sua attività professionale personaggi di spicco della criminalità organizzata, nello specifico la ’ndrangheta. Camponovo si riferiva ai sistemi adottati dalla piazza finanziaria ticinese per riportare alla luce capitali in nero, frutto di evasione fiscale nel migliore dei casi, ma anche di provenienza criminale. Non è un’epoca lontana. I fatti per cui è stato condannato dal Tribunale penale federale di Bellinzona risalgono a meno di cinque anni fa, tra il 2012 e il 2014. In questo articolo ricostruiamo i meccanismi emersi durante il processo, incrociati con le carte dell’inchiesta italiana all’origine dei procedimenti in Svizzera. Fatti illuminanti sulla permeabilità del sistema finanziario elvetico di cui profitta la criminalità organizzata grazie al supporto di professionisti locali.

 

Fresco di laurea in scienze economiche, il giovane Oliver è pronto a conquistare il mondo. Siamo a metà degli anni ’90 e il pianeta inizia a ballare al ritmo della globalizzazione. La via del successo per un giovane indigeno del sud elvetico rimane la medesima dei più recenti antenati: la banca e la finanza. L’esordio della carriera passa dalla via obbligata dell’istituto bancario, uno dei tanti della terza piazza finanziaria elvetica. Acquisite le competenze economiche e la formazione in gestione degli investimenti patrimoniali, il grande passo: la fiduciaria privata dal nome rinomato. Si entra nel grande giro, con le conoscenze giuste. Il trampolino ideale per l’ultima tappa, la gestione in proprio degli affari. Ma l’ambizione di Camponovo non si ferma alla vita professionale. Il promettente giovane scende in campo nell’arena politica comunale con il Partito liberale radicale. E il successo subito gli arride. Nemmeno trentenne, è eletto con il secondo miglior risultato che gli assicura la poltrona di municipale della città di confine. Tra politica e finanza, la sua vita sembra destinata a veleggiare a uno standing di alto bordo.


Due anni dopo la brillante elezione, un incidente di percorso. Quale amministratore, il suo nome esce sulla stampa accostato a una società di call center che praticava paghe da fame per il tessuto ticinese. Un “piccolo” errore comune a diversi fiduciari ticinesi, che forse però convince Camponovo a desistere dal candidarsi l’anno successivo e concentrarsi nella vita professionale. Tra le varie decine di ditte create per conto terzi o gestite in proprio, nel 2011 ne costituisce una particolare: la FL advisory. Le due consonanti stanno per Franco Longo, commercialista molisano arrestato tre anni dopo su ordine della Direzione distrettuale antimafia di Milano. La Dda guidata dalla procuratrice Ilda Boccassini lo considera il “banchiere” della locale ’ndrina di Desio, referente in Lombardia del clan della ’ndrangheta della “famiglia” Libri-De Stefano-Tegano di Reggio Calabria. Insieme con Longo, finiscono in carcere Giulio Martino (considerato il boss), i fratelli Vincenzo e Domenico, tutti processati e condannati in secondo grado nel 2016 per associazione a delinquere. Giulio e Vincenzo sono alla seconda condanna per reati legati al 416bis, dopo un primo arresto nel 1996, mentre per Domenico è la prima volta. Franco Longo, pure condannato in Italia, attende nelle carceri elvetiche dal dicembre 2014 il processo.


La giustizia elvetica contro la criminalità organizzata si rivela ben più lenta di quella italiana. A fine 2016, il Tribunale federale rifiuta il patteggiamento concordato tra la Procura federale e Franco Longo, ordinando un’inchiesta più approfondita. E così, il ticinese Oliver Camponovo da persona informata dei fatti diventa accusato e si ritrova insieme con Longo e la moglie di Domenico Martino davanti alla Corte del Tribunale penale federale di Bellinzona lo scorso dicembre. Franco Longo sarà condannato a cinque anni e sei mesi, Oliver Camponovo a 3 anni con la condizionale, di cui però sei mesi da espiare (al momento di andare in stampa, dei ricorsi sono ancora possibili). La moglie di Domenico Martino sarà invece processata il prossimo 5 marzo poiché malata al momento del processo di dicembre.


Che ci azzecca il brillante fiduciario ticinese con personaggi dediti alla criminalità organizzata? Erano suoi clienti. Dopo aver fondato e assunto la carica di amministratore della FL Advisory, il fiduciario Camponovo si è dato da fare per rintracciare dei soldi depositati a suo tempo intestati alla moglie di Domenico in un conto cifrato in una banca svizzera che nel frattempo aveva cambiato nome. Trovato il conto, sotto la guida del fiduciario ticinese quel milione e mezzo di franchi hanno preso la via di Dubai e delle Bahamas per poi rientrare “ripuliti” nei forzieri di un altro istituto elvetico rinomato, questa volta intestato a Domenico poiché “donati” dalla moglie. «Così facevano tutti» ha spiegato Camponovo al processo, riferendosi ai suoi colleghi fiduciari ticinesi. «Era un’architettura fiscale che rappresentava la consuetudine da noi per i tantissimi clienti italiani».

 

Le amicizie che contano
«Come cazzo ha fatto? Che la è amico di Oliver, hai capito? Il direttore! Fanno quello che vogliono» risponde Domenico Martino al fratello Giulio, quando gli chiedeva come avessero potuto fare «simili operazioni bancarie». Oliver invece è il fiduciario ticinese, Oliver Camponovo, mentre il direttore a cui si riferiscono è il dirigente di un istituto bancario svizzero (Ubs) presso cui il clan Martino ha il conto. La frase è contenuta nelle intercettazioni ordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano nell’inchiesta “Rinnovamento” che complessivamente porterà a pene di 400 anni per reati legati al 416bis, cioè organizzazione criminale.


In Svizzera, il processo si è tenuto il mese scorso. La Corte ha condannato il fiduciario ticinese perché colpevole di riciclaggio di denaro aggravato, ripetuta falsità in documenti e ripetuto inganno nei confronti delle autorità. In particolare, i giudici hanno rimproverato a Oliver Camponovo di aver messo a disposizione del clan le sue relazioni personali e professionali a scopo di lucro. «Che la è amico di Oliver, hai capito? Il direttore! Fanno quello che vogliono» rende bene l’idea del ruolo che i criminali attribuivano al fiduciario ticinese.


Le conoscenze a Banca Stato
I privilegiati canali del fiduciario ticinese con la piazza finanziaria a beneficio del clan ’ndranghetista sono centrali nell’affare della ex Idro Mineral Beverage. Un affare, va precisato, non considerato illegale dalla corte federale, ma esplicativo del ruolo di “facilitatore” di Camponovo.
Uno dei fratelli Martino si presenta negli uffici del fiduciario ticinese accompagnato da Franco Longo e altre persone. Erano gli ex titolari della Idro Mineral Beverage, una fabbrica di acqua minerale in Calabria indagata nel 2010 per truffa allo Stato e Unione Europea per aver intascato 22 milioni di euro abusivamente. Pochi giorni prima del loro arresto, un incendio aveva totalmente distrutto la fabbrica, coperta da polizza assicurativa da 13,6 milioni di euro. Nel 2013, in ragione della prescrizione dei reati, la ventina di milioni e la polizza assicurativa sono stati restituiti ai titolari. Malgrado ciò, a loro dire, le banche italiane si rifiutano d’incassare gli assegni per 24 milioni di euro. Da qui, il tentativo di incassarli con le banche svizzere approfittando dei numerosi contatti di Camponovo. Quest’ultimo infatti riesce a persuadere un membro della direzione di Banca Stato a incassare quei 24 milioni di euro di assegni, a patto che quei soldi restino sul conto dell’istituto parapubblico bancario ticinese. Ma le cose non andranno così, come spiegato dallo stesso Camponovo durante il processo. Il dirigente di Banca Stato gli fece sapere di essere molto arrabbiato con lui perché, una volta incassati gli assegni, i proprietari hanno rapidamente svuotato il conto. A Banca Stato insomma erano rimasti solo i rischi dell’operazione senza alcun profitto. Oliver Camponovo invece, per aver messo in contatto la banca e i proprietari degli assegni, ha incassato il 3% dell’importo complessivo, cioè oltre 700.000 franchi. Mentre i fratelli Martino, stando all’inchiesta italiana, riceveranno 50.000 euro per averli messi in contatto con il fiduciario ticinese.


Casa, lavoro e divorzio fittizi
Dopo aver ripulito i capitali del clan Martino via Bahamas e Dubai, Oliver Camponovo fa presente ai suoi clienti che per poter disporre liberamente dei soldi depositati in una banca svizzera senza che le autorità italiane lo sappiano, è necessario avere un permesso di residenza in Svizzera. Infatti, il segreto bancario elvetico protegge i residenti in Svizzera, non gli stranieri che abitano in paesi terzi. Bisogna dunque risolvere due problemi. Il primo è trovare casa e lavoro in Svizzera a Domenico Martino affinché possa richiedere il permesso di dimora (B). Il secondo che divorzi dalla moglie, perché altrimenti le autorità cantonali potrebbero negargli il permesso, considerando il suo centro d’interesse l’Italia perché vi risiede la moglie. Il problema del lavoro è risolto con l’assunzione fittizia di Domenico Martino alla FL Advisory (di cui Camponovo è amministratore unico), mentre per la residenza fittizia viene indicato l’appartamento di due locali a Vacallo dove soggiorna Franco Longo. Resta il problema del divorzio, anche perché inizialmente la moglie di Domenico Martino, cattolica praticante, è contraria all’idea. Alla fine però il divorzio fittizio si farà e Domenico Martino otterrà il permesso B nel tempo lampo di due giorni dalle autorità ticinesi. Una pratica diffusa e consigliata dai fiduciari ticinesi ai clienti italiani, stando alle dichiarazioni di Camponovo in aula. Va precisato che nel caso di Domenico Martino, la presentazione del casellario giudiziale alle autorità cantonali sarebbe stata ininfluente, essendo lui fino a quel momento incensurato.


Altra curiosità, seppur estranea al procedimento penale, è che il fratello del fiduciario ticinese in quel periodo lavorava al Dipartimento delle istituzioni del Canton Ticino quale collaboratore personale del consigliere di Stato Norman Gobbi.


Da clienti a soci
Uno stabile di fronte alla stazione di Chiasso e a due passi dalla dogana. È l’ultima tappa di gran parte dei soldi del clan Martino “ripuliti” da Camponovo. Lui stesso si butterà nell’affare, comperando un decimo dell’immobile, mentre Franco Longo si aggiudicherà il 40% e la metà rimanente andrà a Domenico Martino. Sebbene il boss Giulio sia stato intercettato mentre affermava che «con il cemento non si mangia», l’investimento immobiliare dà più certezze nel mettere al sicuro i capitali da un possibile sequestro della magistratura. Il mattone è diventato «la via maestra per pulire soldi sporchi nella Confederazione», ha denunciato lo scorso anno la ong Transparency International. Il medesimo concetto è stato formulato dal Gruppo d’azione finanziaria (cfr. articolo a lato).


Ed ecco dunque la scelta di comperare lo stabile del valore di 3,3 milioni di franchi nel centro di Chiasso. Per la sua rimessa a nuovo, era stata costituita la Dwa Costruzioni, di cui era socio anche Camponovo.
«Se in caso... per fare qualche lavoro io una società ce l’ho... per il momento ce l’ho sull’edilizia» rispondeva, intercettato, Giulio Martino a un sodale che gli proponeva «di fare qualche cosa da lavorare, da guadagnare due soldi... eh... nell’ambito del... di ste cose». Dalle conversazioni sopra riportate, scrivono gli inquirenti italiani, «emergeva chiaramente che i fratelli Martino sono titolari di una o più società, verosimilmente intestate a Franco Longo in cui è coinvolto anche tale “Oliver” ovvero Camponovo Oliver».
L’idea di far lavorare “seriamente” sul territorio ticinese la Dwa Costruzioni non si realizzò mai (salvo la ristrutturazione dell’immobile acquistato), perché il 18 dicembre 2014 la Direzione distrettuale antimafia di Milano pose fine ai loro progetti, aprendo loro le porte del carcere.

Pubblicato il 

24.01.18
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