La sinistra e la ridistribuzione delle ricchezze

Durante l'estate il tema delle difficoltà della sinistra, europea in particolare, è stato al centro di diversi articoli sia nel nostro Paese che nei Paesi a noi vicini.
La sinistra, infatti, è in affanno un po' ovunque, dimostrando difficoltà sempre più evidenti nel raccogliere il consenso e il sostegno degli elettori e una perdita di credibilità nel proporsi come forza del cambiamento.
Il paradosso è che il bisogno di cambiamento nella società attuale è evidentissimo.
Le cittadine e i cittadini di quest'epoca storica sono stufi marci e diffusamente scontenti dell'attuale società. La flessibilità, l'incertezza, la paura, la solitudine, l'insicurezza sono cose di cui quasi tutti farebbero volentieri a meno, se vedessero una soluzione alternativa credibile. E, basandoci sulla nostra storia, sarebbe logico pensare che i costruttori di stabilità, di certezze, di sicurezza, di garanzie, di solidarietà siano le forze di sinistra. E invece no, sembra che la sinistra stia davvero perdendo la sua scommessa con la storia.
Ma qual è l'elemento portante di questa scommessa?
Certo, ogni Paese e ogni realtà locale ha visto la sinistra assumere un'identità e un profilo proprio, ma credo si possa dire che esiste un elemento che le accomuna in modo chiaro, per lo meno a livello europeo.
La sinistra infatti, in tutta la sua storia, ha conquistato la legittimazione della sua esistenza (una legittimazione riconosciuta e ritenuta in larga misura indispensabile dalla società tutta) come garante della ridistribuzione della ricchezza tra le diverse classi sociali. Una ridistribuzione proposta in molte forme attraverso epoche diverse e differenti modi di concepire gli strumenti necessari per raggiungere l'obbiettivo, ma sempre una ridistribuzione garantita nel tempo.
Se anche erano altre (ma non solo loro, intendiamoci!) le forze politiche a cui storicamente si attribuiva principalmente il compito di produrre la ricchezza, la ridistribuzione della ricchezza era un compito prioritario della sinistra. E la sinistra l'ha saputo fare per decenni, durante i quali, per trovare appunto strumenti efficaci di ridistribuzione, ha saputo guardare oltre l'immediato, ha saputo leggere gli sviluppi in divenire, ha saputo anticipare i problemi e inventare soluzioni efficaci agli stessi, ha saputo ascoltare e leggere la realtà, ha saputo mobilitare e convincere l'opinione pubblica, meritandosi così l'aggettivo di forza "progressista".
Poi è sembrato che questo non bastasse più o, più realisticamente, sarebbe meglio dire che non riuscendo più a fare quanto la storia le chiedeva di fare, la sinistra ha spostato la sua attenzione e il baricentro del proprio agire su altro, preservando apparentemente solo la solidarietà quale "nucleo coagulante" del proprio agire. Una solidarietà che ha però perso concretezza nel tempo, per la mancanza sempre più evidente di strumenti efficaci per riuscire a realizzarla. Una solidarietà che è diventata progressivamente una "predisposizione mentale", piuttosto che una "pratica quotidiana" o meglio un "risultato politico concreto".
Sembra quasi che la sinistra si sia dimenticata che la solidarietà va costruita concretamente e  che per avere la forza politica per proporre strumenti nuovi, capaci di sostituirsi, se necessario, alla strenue difesa del passato, si deve essere (tramite la propria azione politica di vicinanza con la realtà e presenza sul territorio) credibili nell'affermare l'urgenza e la priorità politica della ridistribuzione della ricchezza dentro i Paesi e tra i Paesi. Bisogna saper poi costruire un diffuso consenso e una efficace mobilitazione popolare su questi obbiettivi e bisogna infine (ma l'ordine in cui procedere non è necessariamente questo!) saper inventare e costruire proposte efficaci, che non  siano né "moderate" e ben accette a tutti, né necessariamente di "rottura", ma che siano semplicemente credibili per tutti (per chi ne beneficia e per chi le "subisce") nell'efficacia della loro operatività.
Ma l'equa ridistribuzione della ricchezza è davvero ancora, oggi, la priorità politica della sinistra?
Quanto a volontà dichiarata, sembrerebbe di sì (almeno a parole), mentre spesso sembra persa la determinazione storica di doverlo fare.
Ed è così che oggi è quasi scontato, per la sinistra (soprattutto quando è al potere) ignorare, quasi "dimenticare" troppo velocemente e/o troppo spesso questo ruolo storico (che, va ricordato per chiarezza, deve essere lo scopo primo, ma non l'unico scopo del suo essere al potere!) nelle sue proposte di "governo".
Ma senza una coscienza profonda, dichiarata e operativa di questo ruolo storico, cosa dovrebbe convincere le cittadine e i cittadini a votare la sinistra per darle più forza e/o per affidare ad essa la guida di uno Stato?
E l'urgenza, come già detto, c'è tutta, visto che la concentrazione della ricchezza in poche mani sta crescendo in modo rapidissimo, con un allargamento costante ed evidentissimo del fossato tra ricchi e poveri.
Ma a questa crescente ineguaglianza, quale speranza vuole e sa oggi offrire la sinistra?
Non sarà forse questa mancanza di  attenzione e capacità di garantire una ridistribuzione più equa della ricchezza, la causa prima dello scollamento sempre più profondo tra la sinistra e le classi popolari, che vivono sulla loro pelle il bisogno e l'urgenza di una ridistribuzione efficace della ricchezza e quindi il "tradimento" della sinistra?
Spetta a noi tutti fare qualcosa. Prima che sia troppo tardi!

Pubblicato il

19.09.2007 12:30
Anna Biscossa