La sfida dei robot

Per chi, come me, ha i capelli bianchi è difficile credere che la rivoluzione robotica possa portare dei benefici, se non transitori, per i lavoratori.


Dopo aver vissuto diverse trasformazioni che dovevano determinare un aumento della qualità delle condizioni di lavoro, minor fatica e più tempo libero, dopo aver visto invece puntualmente tali cambiamenti produrre una maggior efficienza, maggiori ricchezze per chi investiva il capitale e una diminuzione sistematica delle condizioni di lavoro, oltre alla crescita esponenziale dell'insicurezza e della precarietà, mi è impossibile credere che questa sarà la rivoluzione capace di liberare le donne e gli uomini dalla fatica quotidiana permettendo loro di affrontare con serenità e competenza la loro attività professionale.
Mi è altrettanto difficile credere che alcune soluzioni proposte fin qui, come quella ventilata da Bill Gates di tassare i robot, possano determinare e costituire miracolosamente un efficace ammortizzatore sociale contro l'ulteriore perdita di lavoro e sicurezza sul lavoro che la robotica porterà con sé.


Come insegnante in una scuola professionale, anche se in un settore che non sarà particolarmente toccato dalla rivoluzione robotica, è inevitabile domandarmi cosa sarebbe giusto fare per evitare di ritrovarci a dover rincorrere e rappezzare i danni che tale cambiamento determinerà per i nostri giovani.
La soluzione non è facile da trovare, certamente! Ma sono convinta che il perimetro entro il quale sarebbe saggio muoversi e cercare è già oggi ben evidente. Si tratta di trovare soluzioni che facciano in modo che i benefici prodotti dai robot restino al lavoro e non vadano invece al solo capitale, come è purtroppo successo fin qui.


Impossibile? Non credo! In tal senso mi rifaccio ad un esempio di lontana memoria, che mi aveva visto lavorare per alcuni mesi nella Cooperativa braccianti (oltre mille soci) della Raspona, vicino a Ravenna, durante la mia formazione di agronomo. In quella Cooperativa coesistevano due diverse forme di lavoro agricolo. Una che contemplava produzioni ottenute con l’impiego di macchinari di grandissima dimensione ed efficienza lavorativa che permettevano alla Cooperativa di conseguire la maggior parte del reddito aziendale, l'altra invece concepita per proporre attività agricole e florovivaistiche che impiegavano molte ore di lavoro per coltivare prodotti di pregio. Le ore poi pagate ai braccianti membri della cooperativa consentivano un reddito annuale dignitoso.


Un analogo ragionamento potrebbe rientrare nel discorso della robotica. Le organizzazioni dei lavoratori (in forma cooperativa o no) potrebbe proporsi come organizzazioni produttive (imprese) in cui far lavorare i robot che potrebbero permettere, grazie alla loro efficienza, di produrre un’elevata redditività, per poi utilizzare quegli utili per impiegare e pagare ore di lavoro a favore dei lavoratori in carne ed ossa esclusi, per ragioni diverse, dai processi produttivi. Gli stessi oltretutto potrebbero così riqualificarsi in settori produttivi meno permeati di robotica (ad esempio nella cura delle persone).
Certo, un controllo politico (leggi ad esempio un forte prelievo fiscale sull’efficienza produttiva) sull’utilizzo dei robot è necessario e urgente perché non possiamo pensare che il capitale rinunci all’utilizzo dei robot a favore dei lavoratori.


Ma non credo possa bastare per permettere al lavoro di tornare ad essere, in un mondo del lavoro robotizzato, un interlocutore riconosciuto e forte contrattualmente! Per questo è, a mio giudizio, importante un cambiamento di approccio radicale, ri-appropriandoci e ri-distribuendo, come lavoratori, il lavoro stesso, grazie agli utili prodotti dall’impiego dei robot.


E il sindacato, in una simile scommessa, potrebbe essere una parte attiva importante, recuperando ad esempio esperienze antiche di solidarietà tra i lavoratori, come furono le società di mutuo soccorso della fine dell'Ottocento, esperienze che, vedendo convivere al loro interno donne, uomini e robot, potrebbero trasformarsi in centri produttivi di successo, capaci di ridare forza contrattuale ai lavoratori, robot compresi.
È un'illusione? Credo sia semplicemente una frontiera su cui sarebbe utile e importante cominciare a lavorare!

Pubblicato il

16.03.2017 10:28
Anna Biscossa
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