«Io prendo Bobo sul serio», scriveva Umberto Eco nell’introduzione ad una antologia di Sergio Staino (Editrice Milano Libri, 1985), «talmente sul serio che mi preoccupo quando qualcuno dice che, fisicamente, mi assomiglia.» Ho incontrato Staino lo scorso mese a Firenze, in occasione di una manifestazione fumettistica nel corso della quale lui risultava uno dei premiati fra gli autori presenti. Rinverdendo una conoscenza che risaliva a molti anni fa gli chiesi, fra le altre cose, cosa ci fosse di vero nella somiglianza di Bobo, il suo personaggio, con la fisionomia di Umberto Eco. «Poco o nulla», mi rispose, «se non qualcosa magari a livello inconscio. In realtà ho ideato Bobo riferendomi a Gianni Carino, un mio amico di partito.» Non sapevo della sua presenza alla manifestazione fiorentina e fu una piacevole sorpresa rivederlo e riabbracciarlo. Subito ritornammo al ricordo di quando lui venne a Lugano in occasione di Satirhumor, edizione di Inovafumetto (ora Manorfumetto) del 1987, rassegna che quell’anno organizzai con un’attenzione particolare perché riunì alcuni autori fra i più prestigiosi nel campo della vignettistica satirica. Fu bello riandare a quel tempo e fui felice di constatare come la sua proverbiale memoria di ferro andasse a rievocare nitidamente quei nomi, a partire dal compianto Bonvi, il creatore delle Sturmtruppen. E ancora Altan (il metalmeccanico Cipputi ma anche La Pimpa), Cava (ossia Osvaldo Cavandoli, quello de La Linea), Silver (Lupo Alberto), Luca Novelli (Il Laureato), i fratelli Origone (vignettisti de Il Secolo XIX di Genova e ideatori di Nilus). «Davvero una bella riunione, quella», concordammo entrambi mentre lo andavo osservando. Un po’ di neve sui capelli, le folte sopracciglia completamente bianche, quel suo sguardo osservatore e indagatore che già mi aveva impressionato quando lo conobbi. No, in fondo non era poi così cambiato, era il gentiluomo di sempre, con la sua aria un po’ distaccata che poteva anche porre lievemente a disagio l’interlocutore. Per quanto mi riguardava, mi aveva sempre indotto un po’ in soggezione, inutile nasconderlo. Anche ora che mi trovavo lì davanti a lui era così e non sapevo spiegarmi bene il perché. Forse era per via dei suoi gesti lenti e misurati, per il tono pacato della sua prosa garbata ed arguta, per l’acutezza della sua visione politica, per quel suo senso innato di “signorilità” che egli inconsciamente irradiava attorno a sé. Con tutta probabilità, semplicemente, per la somma delle cose appena elencate. Sergio Staino (da pronunciarsi con l’accento rigorosamente sulla a, come lui stesso tiene a precisare, e non sulla i come molti ancora si ostinano a fare), è nato l’8 agosto 1940 a Piancastagnaio, in provincia di Siena. È laureato in architettura, professione che non ha mai esercitato, preferendo dedicarsi dapprima all’insegnamento prima di approdare al giornalismo e ai fumetti, con una spiccata predisposizione in questo campo alla vignetta satirica. Il personaggio di Bobo, con il quale ha ottenuto una vastissima popolarità, non è l’unico punto focale della sua attività artistica che resta, invece, poliedrica e assai diversificata. Ha sperimentato la regia cinematografica con due film, Cavalli si nasce (1989) e Non chiamarmi Omar (1992). Ha poi assunto la direzione artistica di un vecchio teatro agonizzante di Firenze, il Puccini, restituendogli in pochi anni il ruolo brillante di un tempo. Proprio al Puccini ha esordito nella regia teatrale con la pièce di Alberto Severi intitolata Valzer (1996) accettando poi l’organizzazione di tutta l’estate teatrale fiorentina (1998). È pure risultato attivo nel settore della pubblicità con diverse campagne pubblicitarie socialmente utili, fra le quali vanno ricordate quelle contro il fumo e avverse all’Aids, nonché quelle con Bobo in qualità di testimonial di importanti indirizzi commerciali come l’impostazione cooperativistica della produzione e distribuzione dei beni di consumi (in altre parole, le cooperative, intese nel senso migliore del termine). Tutto questo mentre ha condotto in parallelo la striscia del suo Bobo, personaggio apparso per la prima volta sul mensile Linus nel 1979. Tre anni dopo, nel 1982, Bobo approda al quotidiano L’Unità, che continua a pubblicarlo tutt’ora. La striscia appare ai giorni nostri anche su Sette, supplemento del Corriere della Sera, e sul settimanale Tv Sorrisi e Canzoni, mentre il Corriere della Sera lo ospita sottoforma di singola vignetta. «Quanto pensa sia efficace l’esprimere il proprio pensiero politico e i propri intendimenti ideologici attraverso una striscia?», chiedo a Staino. «Per quanto mi riguarda, lo trovo il mezzo espressivo che più mi si confà», mi risponde, «anche se realizzare una striscia non è cosa così semplice come apparentemente può sembrare.» E aggiunge: «Quella di Bobo è una striscia che vive della quotidianità degli avvenimenti. Occorre riuscire a focalizzare un fatto in 3-4 vignette e raccontarlo attraverso il testo e il disegno con una sintesi estrema. È poi determinante individuare e centrare il nocciolo di ciò che si intende esporre al lettore in questi spazi brevi.» Ma chi è Bobo? E qual è la battaglia che porta avanti, insieme al suo piccolo nucleo familiare, con indomita costanza da quasi un quarto di secolo? Bobo è un quarantenne inquieto, un po’ pelato, barbuto, con gli occhiali e con la tipica “pancetta” dell’uomo arrivato. In realtà questa figura abbastanza anonima (ma che assomiglia a moltissimi rappresentanti dell’età di mezzo) nasconde nel suo animo lo spirito combattivo e ribelle di un rivoluzionario, sia pure sempre in bilico tra idealismo e velleitarismo. La moglie Bibi, così come i figli Michele e Ilaria, sono i poli contrapposti che servono a Staino per delineare gli scontri ideologici e di pensiero che caratterizzano la sua striscia (o la sua vignetta singola), in una sorta di cronaca “minuto per minuto” che pone al proscenio avvenimenti, impegni politici, rapporti umani, prese di posizione. Ancora Umberto Eco nella prefazione di cui sopra: «… lo storico del futuro che voglia capire che cosa è successo a una generazione (intendendo di italiani), oltre ai molti saggi e ai rispettabili documenti che si troverà a sfogliare, dovrà tener presente anche Bobo, forse più di molti libri e di altrettanti discorsi…» Se si riflette sul fatto che Eco ha scritto queste righe più di 15 anni fa, il suo pensiero è per certi versi anticipatore sull’importanza della striscia di Bobo non solo sulla formazione di quella generazione ma anche di quelle immediatamente susseguenti. Quando Sergio Staino venne a Lugano, mi fece gradito omaggio di un suo disegno e nel corso della conversazione gli confidai come lo stesso occupasse ancora un posto d’onore nel mio studio. Anche se cercò di dissimularlo, notai un lampo di piacere nel suo sguardo. Parlammo poi del libro su Corto Maltese al quale sto lavorando da mesi. «Un gran bel personaggio Corto Maltese», se ne uscì a dire, «come grande fu il suo creatore Hugo Pratt, per il quale ho sempre nutrito una grande ammirazione. Anch’io ho disegnato Bobo, in qualche mia lontana striscia, come ammiratore e lettore di Corto Maltese.» Il discorso cadde poi sui cambiamenti intervenuti nel corso degli anni su Bobo e relativi comprimari. Anche se sostanzialmente immutato, Bobo ha seguito in fondo un iter procedurale del tutto in sintonia con il trascorrere del tempo. Lui e tutto il suo mondo. Il vecchio compagno di sezione, Molotov, ad esempio, è praticamente scomparso. Stalinista di ferro, non avrebbe più senso inserirlo nelle strisce odierne. Così come appare sempre più raramente la moglie Bibi, vessillifera di un femminismo “barricadero” ormai scomparso. I figli invece, in special modo Ilaria, sono tuttora presenti con i loro disincanti e gli amari scetticismi dei giovani d’oggi. In quanto a Bobo, nonostante si trovi confrontato con un mondo molto diverso da quello che lo vide esordire su Linus, lui continua imperterrito la sua strada, impegnato ad affrontare i problemi quotidiani della vita di ogni giorno senza però dimenticare le grandi questioni politiche e sociali del nostro tempo.

Pubblicato il 

31.01.03

Edizione cartacea

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