La rivincita di Brunner

Christiane Brunner ha ottenuto la rivincita. A dieci anni dalla sua clamorosa estromissione dalla corsa al Consiglio federale da parte dei partiti borghesi li ha piegati al suo volere. L’elezione chiara alla carica di consigliere federale di Micheline Calmy-Rey, che nessuno considerava nettamente superiore quanto a competenze rispetto alla concorrente Ruth Lüthi, è infatti una indiscutibile vittoria della presidente del Partito socialista svizzero (Pss). Brunner voleva a tutti i costi Calmy-Rey al posto di Ruth Dreifuss perché donna, certamente romanda, cittadina, chiaramente di sinistra e ginevrina, e l’ha avuta. Così l’ala romanda del Pss, che è anche quella più a sinistra, è accontentata e l’equilibrio con il più moderato Moritz Leuenberger è garantito. A far le spese della strategia di Brunner è stata anche Patrizia Pesenti, la candidata del Ps ticinese. Esclusa dal ticket socialista da sottoporre all’Assemblea federale, non c’erano più speranze per lei di rientrare seriamente in corsa in quanto né per i radicali né per i democristiani era questo il momento di fare scherzi al Pss. I voti raccolti mercoledì (e i sondaggi che la davano in testa alle preferenze popolari addirittura in Romandia) dimostrano però che se Pesenti fosse stata sul ticket avrebbe anche potuto farcela. Ma ha sbagliato tattica: s’è presentata al Pss con gli stessi argomenti con cui voleva e poteva convincere l’Assemblea federale, scordandosi di dover convincere prima di tutto il suo partito. L’elezione di mercoledì è stata dunque la ciliegina sulla torta di una campagna di avvicinamento a questo appuntamento gestita da Brunner con scaltrezza. L’elezione s’era infatti già decisa con la definizione del ticket. La concorrenza di Lüthi, e non certo per le sue capacità personali, era troppo debole, a maggior ragione se si considera che lei stessa, di origini solettesi, nel ’99 si candidò al Consiglio di Stato friburghese come rappresentante della parte germanofona del cantone. “Romanda quella?”, hanno chiesto e si sono chiesti in molti nella Svizzera francese, scatenando uno squallido dibattito etnico. Che ha fatto il paio con i vaneggiamenti sulla presunta chiusura congenita dei ticinesi. Ma a Brunner poco interessava la qualità del dibattito politico, e ancor meno s’è posta il problema di dover agire in un Paese in cui convivono diverse culture, tutte estremamente sensibili. Questo però è un problema reale che nemmeno il Pss può ancora permettersi di continuare ad ignorare.

Pubblicato il

06.12.2002 00:30
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