Vendita

Buone condizioni di lavoro contribuiscono alla soddisfazione e alla motivazione dei lavoratori ed influenzano positivamente il successo economico di un’azienda. Ciò vale anche nel commercio al dettaglio, dove un buon ambiente di lavoro migliora la produttività del personale, mentre le cattive condizioni fanno crescere le assenze per malattia. Per tale ragione il miglioramento delle condizioni di lavoro in questo particolare ramo economico è uno degli obiettivi centrali del sindacato Unia.

 

Ma per intervenire in questo campo bisogna anzitutto vederci chiaro. È quindi con lo scopo di aumentare la trasparenza delle condizioni di lavoro nel commercio al dettaglio che Unia ha commissionato ad Inrate, un’agenzia specializzata nel rating di sostenibilità, un secondo studio comparativo, dopo quello del 2007, tra alcune importanti catene di vendita al dettaglio. I risultati di tale studio sono stati presentati alla stampa martedì scorso. Ed è emerso che esistono differenze anche importanti tra un’azienda e l’altra.


Nello scorso mese di aprile Unia ha invitato a partecipare allo studio comparativo quindici tra le venticinque maggiori catene di commercio al dettaglio, attive nel settore alimentare e non alimentare. Sei di queste aziende hanno accettato di prendervi parte: Aldi, Coop, Lidl, H&M, Volg e una grande catena di calzature (che ha chiesto di non essere nominata). Il confronto è stato fatto sulla base di otto criteri, chiari e misurabili, ma soprattutto determinanti per delle buone condizioni di lavoro: remunerazione (rispetto dei minimi salariali a tutti i livelli); orario di lavoro; compatibilità tra vita professionale e vita familiare; formazione e perfezionamento professionali; pari opportunità; prestazioni sociali; salute e sicurezza; partenariato sociale (esistenza di un Ccl).


Le differenze emerse tra le sei aziende messe a confronto si sono rivelate in parte notevoli a seconda dei criteri indicatori. La classifica è guidata dalla Coop, che ha ottenuto alla lunga il miglior risultato, soprattutto in materia di prestazioni sociali, conciliazione della vita professionale e familiare (sostegno nell’accudimento dei figli) e partenariato sociale (Ccl). Al secondo posto c’è la Lidl, che versa salari minimi più elevati e pratica un controllo di parità salariale. Aldi e Volg si situano a metà classifica, seguite dalla catena di abbigliamento H&M. Ma anche qui si fanno sentire le differenze.


Aldi si distingue per un punteggio relativamente alto nel campo della remunerazione; Volg dà prova di un forte impegno sociale impiegando un numero elevato di collaboratrici e collaboratori di età avanzata o handicappati, e formando numerosi apprendisti; H&M marca invece dei punti con una forte proporzione di donne nelle direzioni delle succursali e con condizioni avanzate in materia di congedo maternità. Il fanalino di coda è la catena di calzature. Viene in ultima posizione a causa delle prestazioni più deboli in generale, ma in particolare negli ambiti del partenariato sociale e della compatibilità tra vita professionale e vita familiare. I punti forti di questo dettagliante sono nell’alta proporzione di donne nelle direzioni delle succursali ed in un’alta quota di apprendisti.


A ciascuno degli otto criteri è stato applicato un punteggio da zero a 100. La media generale ottenuta è di 57 punti. Ma se si scende nel dettaglio dei singoli indicatori, l’analisi delle rispettive medie lascia intravedere certe tendenze. Per esempio, in materia di partenariato sociale la situazione è chiaramente deficitaria: i partecipanti hanno fatto segnare una media del 38 per cento rispetto al valore massimo: solo Coop e Lidl dispongono di un contratto collettivo globale per l’insieme del personale. In materia di orario di lavoro e di prestazioni sociali sono stati ottenuti invece i migliori risultati, decisamente superiori alla media generale: rispettivamente il 74  e il 65 per cento.

Pubblicato il 

18.12.14
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