La protesta mette le ali

Il personale dell'aeroporto di Ginevra denuncia una situazione insostenibile e degradante: lavoro ridotto, licenziamenti, tagli salariali

Lo scorso 11 settembre, sostenuti dai sindacati Unia, Sev e Ssp-Vpod, più di 150 lavoratori hanno sfilato all’aeroporto di Ginevra e 1.500 a quello di Zurigo. Nei due aeroporti sono infatti in corso delle operazioni di riduzione dei costi dopo le perdite generate dal blocco dei voli, resosi necessario in primavera a causa della pandemia. Se è vero che la situazione economica è difficile per le ditte che vi operano e il traffico aereo sta riprendendo molto lentamente, è anche vero che la Confederazione ha stanziato degli aiuti al settore, il quale ha anche fatto massicciamente ricorso al lavoro ridotto. Malgrado abbiano ricevuto questi aiuti per contenere le perdite, molte ditte che operano sulle due piattaforme aeroportuali hanno deciso di tagliare sui costi del personale, in particolare: Swissport, Air France-Klm, Canonica, Gate Gourmet, Iss e Newrest.

Nonostante le manifestazioni dell’11 settembre, la direzione di Swissport ha fatto orecchie da mercante alle rivendicazioni sindacali ed è rimasta ferma sulla sua posizione: scaricare unicamente sulle spalle del personale una riduzione dei costi pari al 25%. Inoltre la direzione utilizza la minaccia del vuoto contrattuale per far passare il proprio piano di risparmi, visto che il 30 settembre scadranno i Contratti collettivi di lavoro ginevrini.

 

Situazione catastrofica

«La situazione è catastrofica sull’insieme dell’aeroporto, dove da marzo sono in atto licenziamenti con il contagocce per evitare la procedura di licenziamento collettivo», denuncia Camila Aros, segretaria sindacale di Unia Ginevra. Il sindacato segue in particolare la situazione dei lavoratori di Newrest, che si occupa di catering e che tra marzo e giugno ha lasciato a casa una trentina di dipendenti, ai quali se ne aggiungono ora una quindicina. Licenziamenti che Unia ha denunciato all’Ufficio cantonale del lavoro di Ginevra, il cui servizio giuridico ha effettivamente riconosciuto che andavano annunciati come licenziamenti collettivi.

Anche per chi è scampato (per ora) al licenziamento, la situazione non è rosea e si passa da giornate dove capita di andare a lavorare per mezz’ora ed essere rispediti a casa per mancanza di lavoro, a turni durante i quali si deve sgobbare il doppio del dovuto perché manca personale: «Il lavoro è sì diminuito, ma hanno talmente ridotto all’osso il personale, che chi è rimasto si trova a lavorare per due, con orari allucinanti sei giorni su sette e il sentimento di non potersi lamentare, anzi, quasi dover ringraziare il datore di lavoro per averli risparmiati dal licenziamento», spiega la sindacalista. In alcune ditte i salari sono stati ridotti, ma a chi osa alzare la testa vien detto di tacere ed esser contento di avere ancora un posto: «Ci sono persone che lavorano per salari inammissibili, ma i lavoratori si ritrovano con il cappio al collo e non hanno molta scelta».

 

Meno soldi in busta paga

Questa situazione è iniziata già il mese di marzo quando, appena ci sono stati i primi blocchi dei voli, hanno iniziato a licenziare: dapprima sono stati lasciati a casa i lavoratori temporanei, poi non sono stati rinnovati i contratti a tempo determinato e pian piano hanno seguito gli altri.

Alcune testimonianze raccolte dai colleghi de L’Evénement syndical tra i dipendenti confermano una situazione di incertezza, degrado delle condizioni di lavoro e stress. C’è ad esempio un agente che lavorava al terminal per Academic Work, la cui concessione per il trasporto del personale in pista è stata ripresa da Iss dal 1° settembre, che racconta: «Da allora non abbiamo più accesso al lavoro ridotto, ci hanno rifatto i contratti e ci garantiscono solo 40 ore al mese, mentre prima ne facevo tra le 80 e le 100. Inoltre, abbiamo perso il diritto alle indennità per il lavoro nei giorni festivi e non possiamo più scambiarci i turni con i colleghi, senza contare che volevano cancellare l’anzianità di servizio e metterci in periodo di prova nonostante gli anni di esperienza, ma almeno questo sembra abbiano garantito ai sindacati che non lo faranno. Insomma, un degrado delle condizioni di lavoro che non ci lascia altra scelta se non l’aiuto sociale. Ho iniziato a cercare un altro lavoro, ma non si trova nulla».

Una lavoratrice di Swissport spiega invece di aver subito perdite salariali tra gli 800 e i 1.000 franchi al mese da marzo, quando è stata messa in lavoro ridotto al 100% per tre mesi e racconta di colleghi in grosse difficoltà economiche, che hanno dovuto far capo all’aiuto sociale. La stessa Swissport che ha cercato di dividere i dipendenti migliorando le condizioni dei lavoratori ausiliari a scapito degli stipendi dei dipendenti di lunga data (in particolare ex dipendenti Swissair) che avevano raggiunto il tetto massimo della scala salariale.

La situazione sull’insieme dell’aeroporto è molto tesa, i lavoratori sono sotto stress per la paura di commettere anche solo un minimo errore, che potrebbe costare un ammonimento. Secondo le testimonianze raccolte, infatti, sembra che alcune persone siano già state convocate per questo genere di cose e per qualcuno questa sarebbe una strategia dei datori di lavoro per poter in seguito pronunciare dei licenziamenti senza dover mettere in atto un piano sociale.

 

Licenziati in barba agli utili

Ma si trovano davvero così in difficoltà queste aziende? Swissport ad esempio nel 2019 aveva annunciato dei benefici di 440 milioni e negli ultimi tre anni ha realizzato 766 milioni di euro di margine operativo lordo, cioè di utile cumulato al lordo delle imposte e degli ammortamenti. Air France-Klm, che si è subito affrettata a licenziare in Svizzera, è la prima compagnia aerea a livello europeo per le destinazioni a lunga percorrenza e la quarta per numero di passeggeri, ma soprattutto la seconda in termini di cifra d’affari. A livello mondiale è invece al primo posto per il settore cargo. Dall’inizio della crisi Covid, la compagnia ha ricevuto 10,4 miliardi di euro di aiuti dagli stati francese e olandese, azionari rispettivamente per il 14,3 e il 14 per cento.

Inoltre, negli ultimi dieci anni l’aeroporto internazionale di Ginevra ha sempre registrato un aumento del traffico passeggeri (principale fonte di entrate), ma le politiche di risparmio sulle spalle del personale, così come un degrado sistematico delle condizioni di lavoro, sono già in atto da alcuni anni: ricordiamo ad esempio il lungo sciopero dei dipendenti Iss nel 2010 e quelli dei lavoratori di Gate Gourmet nel 2011 e 2013.

Si tratta di aspetti particolarmente gravi considerando che stiamo parlando di un settore parastatale. Lo scorso anno il Cantone di Ginevra era intervenuto, ci spiega Camila Aros, perché si era reso conto che l’80% delle vertenze aperte per conflitti di lavoro riguardavano proprio la piattaforma aeroportuale: «È evidentemente un luogo molto competitivo, con delle condizioni di lavoro molto dure». Ma purtroppo poco è cambiato, anzi, con la “scusa” del Covid-19 la situazione si sta aggravando ulteriormente.

Pubblicato il

29.09.2020 09:50
Veronica Galster