Chiuso o quasi il dibattito elettorale, è tornato a farsi sentire prepotentemente il discorso sulle aggregazioni comunali. Dell'argomento, che riguarda il Mendrisiotto e il Ticino tutto, sono infarciti i quotidiani ticinesi. E non è certo un male. Anche questa è politica, al di là delle amenità lombardiane, della faziolità, pardon, della faziosità della Rtsi e al di sopra delle volgarità della Lega. (Suffragate come sempre dal lessico di frequenza del Mattino: nell'ordine, trombare e derivati, bambela e fuchi.) Che dire del discorso sulle aggregazioni? Intanto, che producono un grande spreco verbale. Uno spreco di parole che fa pensare all'adagio giornalistico secondo il quale la gravità dei fatti è sempre inversamente proporzionale al numero delle parole usate per descriverli. Penso a termini come "democrazia" e "identità" trattati come fossero concetti aristotelici (per non dire di "urbanizzazione" con tutto quel che segue). Che cosa significa democrazia? Che cosa vuol dire identità? La democrazia è (dovrebbe essere) allo stesso tempo discorso formale e sostanziale. Governo del popolo, ma anche per il popolo (come diceva Bobbio). Basterà l'istituzione dei comitati di quartiere di cui parlano i vari progetti, si chiede un sindaco del Mendrisiotto, a garantire la futura democraticità dei nuovi comuni? Quanto all'identità, è un fatto di decisioni, ha scritto Francesco Remotti in Contro l'identità (Laterza). Come dire che non esiste un concetto di identità assoluto valido una volta per tutte. Sicché si mettano il cuore in pace gli spacciatori di false appartenenze. La democrazia e l'identità, come la libertà, non sono elargizioni. Sono conquiste. Che vogliono tempo, impegno e confronti. Sono concetti in evoluzione. Ora, se le aggregazioni hanno un senso, è proprio perché cercano di dare un significato nuovo al locale e al presente. Che sono le coordinate della piccola patria. Solo così, solo attraverso il dibattito serio e non con le chiacchiere si realizzerà il famoso "pensare globalmente per agire localmente". Il che è anche un modo nuovo per guardare al futuro (e forse anche di anticiparlo, il futuro), sostenuti dall'ottimismo della volontà. Futuro come momento di lotta al campanilismo, che da sempre governa i rapporti tra i comuni, nutrito e spesso avvelenato da una speciale e vigorosa enfasi patriottica. In realtà, come ha scritto Gad Lerner, «tutti siamo portatori di identità doppie e triple». Tutti, cioè, siamo il risultato provvisorio di un numero incredibile di storie. Proprio come Treossi, il bastardino che fa da referente al pamphlet del grande giornalista: Tu sei un bastardo, pubblicato due anni fa dalla Feltrinelli. Tutti, politici e non, a nord come a sud del ponte di Melide siamo chiamati a riflettere sulle aggregazioni. È ora e tempo che si decida. Per cui occorrerà al più presto prendere una posizione, al di là di quella eretta. |