La privacy che non c'è più

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Era il 1989 quando la Svizzera si svegliò con la consapevolezza di essere stata spiata dal suo stesso governo e dalla polizia. Una sorta di perdita dell'innocenza, certamente l'incrinatura di un rapporto, quello tra popolo e Stato, che fino ad allora si pensava improntato alla trasparenza e alla fiducia. Centinaia di migliaia di dossier segreti su cittadini, gruppi politici, organizzazioni sindacali e studi legali. Uno scandalo di dimensioni inimmaginabili sino ad allora, che si estenderà coinvolgendo anche il Dipartimento federale della difesa e i Servizi Segreti militari e che comporterà la riorganizzazione della Polizia Federale. Quasi venticinque anni dopo, quell'innocenza è svanita per sempre e ancor più è cambiata la speranza di poter mantenere la propria vita privata protetta sotto una pur leggera coltre di segretezza.

 

Quella segretezza già minata dall'utilizzo di carte di credito, attraverso le quali è possibile tracciare i nostri movimenti ma anche alcune linee guida sulla nostra condotta in fatto di abitudini e gusti. Soprattutto in Paesi dove l'utilizzo del contante è fortemente scoraggiato e quindi l'utilizzo di moneta elettronica giunge fino al massimo dettaglio della nostra quotidianità.

 

Fino ad allora si sapeva delle intercettazioni telefoniche ma, si pensava, chi mai avrebbe potuto avere interesse a registrare o ascoltare insospettabili conversazioni private? I più informati erano al corrente di Echelon, un sistema di intercettazione delle comunicazioni private e pubbliche voluto da Australia, Canada, Nuova Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti in nome della difesa della sicurezza mondiale. Un sistema circonfuso di molta mitologia che funzionava attraverso la scansione di termini chiave sospetti.

Allora - la sua creazione risale agli anni '60, in piena Guerra fredda – la percezione di riservatezza e di segretezza era molto aleatoria: si pensava che bastasse non contravvenire alle leggi per essere protetti nella propria sfera privata. Ma il sistema non prevedeva la presenza di una mente umana ai primi livelli di controllo e le macchine, per avanzate che siano, ragionano fino a un certo grado di approssimazione, non tenendo conto di numerosi fattori che regolano invece le nostre interazioni. Come le emozioni, l'ironia, lo scherzo.

Telefoni mobili e internet sono giunti nel frattempo ad abbattere l'ultimo muro di protezione del nostro privato. Davvero è possibile credere che i nostri sms svaniscano nello spazio di tempo necessario a inviarli? Invece, i dati relativi ai nostri scambi non si perdono nell'etere ma rimangono, per un periodo di tempo fissato dalle leggi varate nei vari Paesi, immagazzinati nei server delle compagnie telefoniche. Che sono per lo più aziende private.

 

Internet permette un controllo ancora più dettagliato sulle nostre abitudini: dai siti visitati, agli acquisti effettuati fino alle email, non abbiamo più nulla di segreto. La differenza, rispetto al passato, è che siamo noi a consegnare spontaneamente i dati a chi ci controlla. Una vera e propria rivoluzione di pensiero. Basti dare un'occhiata ad alcune pagine personali di Facebook, in cui vengono condivisi dati di grande sensibilità con la massima disinvoltura. Difficilmente qualcuno riuscirebbe a convincerci ad attraversare nudi la città in cui viviamo, una semplice questione di pudore personale, la percezione del quale perdiamo totalmente quando ci mettiamo alla tastiera del computer.

 

Tra Echelon e oggi, c'è stato l'11 settembre 2001, un evento che ha modificato profondamente il nostro atteggiamento nei confronti della vigilanza sul nostro privato. Lo affermava il filosofo francese Michel Foucault che un governo può trarre enorme giovamento dalla paura del suo popolo perché sarà proprio quest'ultimo a concedergli la massima libertà in termini di controllo, in nome della propria stessa salvaguardia. Ecco quindi che u cambiamenti introdotti in nome della lotta al terrorismo dopo l'attentato alle Torri gemelle di New York sono stati non solo approvati ma anche caldeggiati dal popolo stesso, spaventato dall'idea di trovarsi nel pieno di una guerra in cui il nemico era invisibile e imprevedibile nelle sue mosse. La parte evidente del controllo si è manifestata inizialmente negli aeroporti statunitensi dove la Transportation Security Administration, agenzia appositamente creata e legata al Dipartimento della sicurezza nazionale, ha poteri pressoché illimitati di controllo delle persone, fino a decidere di non concedere l'imbarco a un passeggero sospetto agli occhi dei suoi addetti.

 

Una vera e propria industria, capace di impiegare quasi 60'000 persone, 10'000 meno di quante ne impieghi una multinazionale come Apple. Mentre TSA agisce sotto gli occhi del pubblico, altre agenzie lo fanno nell'ombra. È stato un trentenne di nome Edward Snowden - mentre ancora non si sono spenti gli echi dal clamore sollevato da Julian Assange, il primo a diffondere ufficiali e segretissimi documenti diplomatici statunitensi - a scoperchiare una situazione che sta assumendo giorno dopo giorno dimensioni inquietanti.

Ex impiegato della National Security Agency e della CIA (per cui ha lavorato anche in Svizzera, precisamente a Ginevra) nel settore della sicurezza informatica, Snowden si è rifugiato all'estero per raccontare quanto l'agenzia governativa abbia invaso non solo la privacy dei cittadini statunitensi ma abbia spiato anche governi stranieri e Unione europea.

 

In queste ore, Martin Schultz, attuale presidente del Parlamento europeo, ha tuonato contro le rivelazioni, esattamente come il governo cinese (uno che di spionaggio informatico sa qualcosa), mentre Snowden, ora in un'ala di transito dell'aeroporto di Mosca in attesa di ottenere rifugio politico in un Paese disposto a giocarsi le relazioni con gli Stati Uniti, continua a fornire informazioni alla stampa estera. Difficile immaginare in questo momento quali potranno essere le conseguenze dello scandalo, che promette di ampliarsi ulteriormente. Inevitabile però ammettere che ci troviamo nel mezzo di una Guerra mondiale, diversa da quelle conosciute nel secolo scorso ma non meno pericolosa. Una guerra in cui il bottino è costituito dalla segretezza dei nostri dati, un bene più prezioso di quanto noi stessi siamo disposti a pensare, e in cui il nemico ha un volto che ci è molto familiare.

Pubblicato il

03.07.2013 23:21
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