La porta chiusa

Sarà più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un richiedente l’asilo venga accolto in Svizzera. Parafrasando la citazione evangelica, e con buona pace della tradizione umanitaria elvetica, quello che l’Udc vorrebbe celebrare con la sua iniziativa sull’asilo - in votazione il 24 novembre prossimo - è un de profundis a uno dei capisaldi della storia svizzera: la politica d’accoglienza. Questo, in pratica, la preoccupata messa in guardia del "Comitato contro l’iniziativa dell’Udc sull’asilo", sorto per contrastare un’iniziativa che lo stesso Consiglio federale, il Parlamento e gli altri partiti di governo definiscono con un termine forte ed inequivocabile: “inumana”. «L’articolo che gli iniziativisti vorrebbero fosse iscritto alla Costituzione colpisce e dà le spalle a uomini, donne e bambini vittime delle peggiori persecuzioni, a persone in fuga da regimi dittatoriali. Sappiamo che dietro la formula sbandierata dall’Udc, “contro gli abusi in materia d’asilo” si nasconde un inquietante obiettivo: abolire lo statuto di rifugiato e cancellare il diritto d’asilo in Svizzera», ci dice Angelo Ciampi, dell’Organizzazione svizzera aiuto ai rifugiati (Osar), nonché organizzatore del Comitato contro l’iniziativa dell’Udc sull’asilo. Gli iniziativisti «(…) ritengono che nei confronti degli altri Stati europei, la Svizzera offra condizioni troppo attrattive agli occhi dei richiedenti l’asilo. (…)»; offra, quindi «possibilità di lavoro ed una pratica liberale in materia di rinvio (…)». Insomma, si lascia intendere che senza ulteriori barriere la Svizzera rischia di essere invasa da rifugiati economici mascherati da rifugiati politici. «Si gioca sull’onda dell’emotività della gente, - continua Ciampi - disorientata dalla precarietà economica e dall’aumento della microcriminalità. Ma nessuno spiega che spesso questo tipo di delinquenza fiorisce sull’humus dell’illegalità. E che grazie a potenti organizzazioni criminali può filtrare a dispetto di ogni legge». Ma per Ciampi c’è di più: «Il mettere nello stesso calderone rifugiati politici ed economici è pericolosamente fuorviante. Vi è una distinzione importante fra l’immigrato (rifugiato economico) - che lascia il suo paese per sfuggire alla fame e alla miseria o per migliorare le proprie condizioni di vita - e il richiedente l’asilo, ossia una persona costretta a fuggire perché in pericolo di vita. E questo è uno dei punti più sconcertanti dell’iniziativa: si dice, infatti, che se un richiedente l’asilo arriva da un Paese terzo, ritenuto sicuro dalla Confederazione, non si “entra nel merito della domanda”. E poiché tutti gli stati confinanti con il nostro paese sono ritenuti sicuri, quali chances avrebbe un richiedente l’asilo di essere accolto in Svizzera se vi è giunto, per esempio, dall’Italia? Come si potrà accertare se questa persona è in fuga perché perseguitata o perché ha fame, se la sua domanda non viene neanche presa in considerazione?». Altro punto cruciale: quali paesi limitrofi sarebbero disposti ad andare incontro ad una Svizzera che applica un blocco totale alle frontiere? «Finora rispettando gli accordi esistenti, è stata mantenuta un certa collaborazione fra gli stati. Con la chiusura a riccio del nostro Paese, probabilmente anche gli accordi salterebbero e a pagarne le conseguenze sarebbero sempre loro: i richiedenti l’asilo a cui non resterebbe che la via della clandestinità e della paura di essere scoperti». Senza contare che il più delle volte la scelta del paese non è una scelta. La sorte dei profughi è un “testa o croce” giocato da organizzazioni criminali di passatori. Impossibile non riavere davanti agli occhi i container stipati di esseri umani trasportati come bestie. E come bestie da macello trattati, lasciando che la vita o la morte s’impastino in qualche buio e sporco metro quadro chiamato mezzo di trasporto. «Certo, arrivano tramite organizzazioni mafiose - afferma Ciampi -, commercianti di carne umana, e vengono abbandonati in qualche luogo dei nostri confini dopo aver fatto attraversare loro, magari, l’Italia intera. E qui, secondo gli iniziativisti, dovrebbero essere abbrancati e rispediti nel cosiddetto Paese terzo. Non importa poi se il richiedente l’asilo viene direttamente rispedito al suo paese dove spesso rischia la vita o, nel migliore dei casi, la prigione». Anche Economiesuisse, organizzazione mantello degli industriali e degli imprenditori svizzeri, si è espressa contro l’iniziativa. La politica dello scarica barile non piace, meglio una «(…)ripartizione equa degli oneri nell’Europa occidentale» e una regolamentazione della politica d’asilo da concordare con Stati terzi. Dal canto loro gli iniziativisti fanno leva sulle presunte maglie larghe della Svizzera e invocano nuove misure restrittive. Come le sanzioni contro le compagnie aeree del traffico di linea che permettono ai richiedenti di entrare nel nostro paese. «Si tratta di un’altra falsità - sottolinea Ciampi - La vigente legislazione prevede già delle sanzioni e, nella prossima revisione, si parla di ulteriore inasprimento delle norme che riguarderebbero, oltre ai voli di linea, anche i voli charter. L’accanimento contro le compagnie aeree invocato dall’iniziativa, vuole far leva su un vergognoso ricatto economico. In pratica si vorrebbero trasferire i controlli di frontiera ai Paesi di partenza e fare in modo che nessun passeggero con documenti falsi possa partire. Ma quale perseguitato per motivi politici, religiosi o etnici potrebbe fuggire indossando la propria identità? Verrebbe subito bloccato e consegnato alla polizia con conseguenze tristemente immaginabili». Resta il tema dei costi, un vero e proprio nervo scoperto in un momento in cui i tagli sociali e le incertezze lavorative sono fonte di sofferenza e frustrazione per il paese. Subdolamente l’iniziativa lascia intendere che al momento Mamma Elvezia sarebbe di manica larga con i figliastri (rifugiati, richiedenti ecc.) e avara con i propri figli. Insomma si fomenta la guerra tra poveri. L’iniziativa quindi propone la centralizzazione delle prestazioni assistenziali, al momento attuale di competenza dei cantoni, affermando che così si ridurrebbero i costi. «Sono argomentazioni - spiega Ciampi - che non hanno riscontro con la realtà dei fatti. È stato infatti calcolato che, se l’iniziativa dovesse passare, i costi aumenterebbero di circa cento milioni di franchi per la Confederazione. E questo perché centralizzando tutte le prestazioni, si dovrebbe stabilire una media svizzera, il che farebbe lievitare i sussidi confederali. Con la legislazione vigente, invece, le prestazioni assistenziali (per la quasi totalità già elargite in natura), invece, tengono conto delle disparità del costo della vita a livello cantonale con conseguente riduzione di costi. L’iniziativa, inoltre, chiede venga proibito ai richiedenti l’asilo e alle persone ammesse provvisoriamente di svolgere un qualsiasi lavoro a scopo di lucro. È una strada pericolosissima che porta all’emarginazione sociale e spinge queste persone a risalire la china della criminalità». Persone e non numeri, ricorda il Comitato contro l’iniziativa sull’asilo, che non “abusano” ma cercano - come farebbe qualsiasi essere umano in pericolo - di mettere al sicuro la propria vita contando sulla solidarietà. Umana, appunto. Quella che l’iniziativa vuole negare.

Pubblicato il

22.11.2002 01:30
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