La politica energetica si è fossilizzata

Uscire dall'era dei fossili per passare all'energia rinnovabile. Questo l'interrogativo di fondo posto da chi si oppone alla partecipazione dell'Azienda elettrica ticinese (Aet) ad una centrale a carbone a Lünen in Germania.

«Se passa il carbone tedesco, per i prossimi venti anni sarà molto difficile orientare l'Aet verso una produzione energetica rinnovabile» spiega Graziano Pestoni, cofirmatario insieme al collega Nenad Stojanovic, del rapporto di minoranza della speciale commissione energia del Gran Consiglio. Questo perché in Ticino, in assenza di una vera politica energetica cantonale, questo ruolo è stato demandato all'Aet, in base al generico mandato istituzionale di: «garantire l'approvvigionamento energetico del Canton Ticino a prezzi competitivi». E visto lo stile di gestione dell'azienda pubblica dell'ultimo decennio, da Paolo Rossi a Reto Brunett, l'Aet sembra essere stata orientata più alla ricerca di operazioni finanziarie con discutibili partecipazioni ad aziende estere e svizzere che ad un ruolo attivo e propositivo di politica energetica cantonale. Ma non si può imputare tutte le colpe alle varie direzioni di Aet se è mancata una visione politica cantonale chiara in materia energetica.
Questo vuoto dovrebbe essere colmato dal Piano energetico cantonale, dato per imminente dal governo cantonale. Un documento essenziale, perché solo a quel momento il parlamento potrà esigere da Aet un comportamento in linea con la politica energetica. Fino ad allora, la discussione politica su Aet sembra ridursi, come nel passato, ad una lotta partitica per sistemare i propri uomini nei posti chiave degli enti pubblici, con buona pace dell'interesse collettivo.
Ma torniamo alla discussa partecipazione alla centrale a carbone tedesca, per la quale Aet chiede al Gran Consiglio di approvare l'investimento di oltre 36 milioni di franchi. Il dibattito in parlamento è previsto la prossima settimana. Le obiezioni mosse dal rapporto di minoranza (Pestoni-Stojanovic) sono di ordine energetico, ambientale, sociale e finanziario.
Secondo uno studio "Ticino rinnovabile"di Rudolf Rechsteiner, sarebbe possibile assicurare l'energia necessaria al cantone senza far ricorso a fonti inquinanti come il carbone. Un inquinamento di cui a farne le spese sarebbero i cittadini tedeschi di Lünen, luogo dove dovrebbe sorgere la centrale di carbone a cui partecipa Aet. Di ordine sociale sono invece le preoccupazioni derivanti dai siti d'estrazione del carbone. La società della centrale di Lünen, Tpk, avrebbe infatti stipulato un contratto di fornitura con la multinazionale Rbs Sempre Commodities, la quale si rifornisce da diverse miniere del pianeta, fra cui la più grande miniera di carbone a cielo aperto del mondo, Cerrejòn in Colombia. Proprio quest'ultima è al centro di numerose critiche di varie Ong, dove i responsabili delle miniera sono accusati di violazione dei diritti umani delle popolazioni locali. La Colombia è inoltre nota per le violazioni dei diritti sindacali e lo sfrutta-
mento di lavoro minorile. Finanziariamente poi, scrivono i deputati, le previste tassazioni europee sulla produzione di Co2 generato dalla bruciatura del carbone, rendono l'investimento di Aet tutt'altro che sicuro. «Mentre il costo dell'energia eolica (rinnovabile) continua a diminuire, il costo delle energie fossili, carbone compreso, è destinato ad aumentare» scrivono i due deputati socialisti.
La maggioranza del parlamento, liberali e pipidini, voterà probabilmente compatta a favore dell'investimento nel carbone, più per ordine di scuderia che per convinzione. Sarà l'imminente discussione sul Piano energetico l'occasione per chiarire se il Cantone andrà verso una politica energetica al passo coi tempi o resterà "fossilizzata" agli anni 60, come la scelta del carbone sembra indicare.

Un altro Ticino è possibile

Il 95 per cento di energia rinnovabile sul piano cantonale. Può sembrare fantascienza, ma è una realtà nel Cantone di Basilea Città. "Basilea suona un'altra musica" (Basel tickt anders) è lo slogan dell'azienda dei servizi industriali cantonale (Iwb), di cui vanno fieri i basilesi. Nei rapporti annuali sullo stato delle politiche energetiche cantonali redatto dalla Conferenza dei direttori cantonali dell'energia, il cantone Basilea Città figura da molti anni ai primi posti tra i cantoni all'avanguardia, anche se incalzato negli ultimi anni dai progressi dei Cantoni Berna e Zurigo. Il Ticino invece si posiziona nella parte bassa della classifica. Il risultato del Canton Basilea Città non è causale, ma è frutto di una cronistoria di scelte politiche chiare in materia energetica.
Oltre ad essersi dotato di una legge energetica nel 1999, già nel 1984 fu approvata una tassa del cinque per cento sul prezzo dell'energia destinata ad alimentare un fondo per finanziare misure di risparmi energetico e l'uso delle energie rinnovabili. Un fondo che annualmente ammonta a 10 milioni di franchi. Come spiega nelle sue conferenze pubbliche sul tema Peter Malama, consigliere nazionale Plr e presidente dell'associazione padronale degli artigiani, «ogni franco speso in questo campo genera investimenti da 8 a 10 franchi supplementari. In dieci anni, dieci volte 10 milioni hanno generato investimenti per circa 800 milioni e 1 miliardo di franchi. Soldi destinati a imprese locali». Il rappresentante dell'associazione padronale aggiunge: «un franco investito nell'efficacia energetica e le energie rinnovabili porta enormi vantaggi economici locali e durevoli rispetto allo stesso franco speso in paesi esportatori di gas, uranio o petrolio (e carbone, aggiungiamo noi)».
Per Malama il binomio "politica ambientale uguale a politica economica" è più che valido. L'ampio consenso politico di cui gode il tema energia nel Canton Basilea sembra dunque aver superato le divisioni partitiche, come ci spiega Thomas Fisch, membro del comitato esecutivo dell'Ufficio ambiente e energia cantonale: «Il consenso politico è molto alto. Quando recentemente il parlamento ha votato delle modifiche alla legge sull'energia, anche di tipo restrittivo, non c'è stato neanche un voto contrario». Anche perché i vantaggi, oltre che ambientali, sono per tutti: mondo economico e semplici cittadini. «Oltre alle ricadute economiche e la creazione di posti di lavoro per imprese locali, il prezzo dell'energia è basso. Si vai dai 20 centesimi per economia domestica agli 8 per le grandi imprese (a titolo d'esempio, in Ticino l'Ail fattura per economia domestica 18,3 centesimi, ndr.). Inoltre, a fine anno, lo Stato riversa ad ogni residente nel cantone 75 franchi e alle ditte lo 0,4 per cento del salario annuo lordo di ogni suo dipendente. Ad esempio, una famiglia composta da quattro persone riceve 300 franchi ogni anno. Per il rimborso non adottiamo il criterio della quantità di energia consumata, ma quello dell'essere umano e dei numeri di posti di lavoro offerti. In altre parole, prendiamo di più da chi consuma di più, per ridistribuire la ricchezza ad ogni singolo abitante e alle imprese che danno più lavoro». I cantoni Ticino e Basilea Città, seppur divisi fisicamente da soli 300 chilometri, in materia di politica energetica appaiono distanti anni luce.

Pubblicato il

19.03.2010 02:00
Francesco Bonsaver
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