La partita globale

700 milioni di euro d'investimenti in cambio di un netto peggioramento delle condizioni di lavoro. E, ciliegina sulla torta, sanzioni al dipendente (fino al licenziamento) che partecipa agli scioperi. Altrimenti si chiude. Questa la proposta, indecente, della Fiat per riportare dalla Polonia la produzione della Panda in Italia, a Pomigliano.
Lavoro in cambio dei diritti. Un ricatto si direbbe. Estorsione, preferiscono chiamarla in Campania, costretti a convivere quotidianamente con la malavita organizzata. La messa in concorrenza tra operai polacchi e italiani non è certo una novità. Il ricatto della delocalizzazione pure, lo conosciamo da un ventennio. La favola della globalizzazione dagli effetti benefici per tutti, salvo che per qualche illusionista ben pagato, si è già dissolta. La realtà è una globale riduzione del costo del lavoro con un livellamento verso il basso dei diritti dei salariati del pianeta.
Eppure, la drammatica non scelta imposta ai cinquemila operai Fiat dello stabilimento di Pomigliano contiene elementi nuovi. Nella Repubblica dove più di altre i lavoratori erano diventati un soggetto con cui il potere doveva misurarsi, conquistando dei diritti codificati nello Statuto dei lavoratori, il ricatto della Fiat assume un'altra connotazione.
L'amministratore delegato Fiat, Sergio Marchionne, vanta l'idea di riportare la produzione in Italia come una scelta coraggiosa da meritare solo applausi. Potrebbe anche esserlo, se non fosse subordinata a importare, oltre alla produzione, anche le condizioni di lavoro dell'est europeo. E chi protesterà, usando l'arma dello sciopero, sarà punito. Marchionne non vuole solo degli operai robot alla catena di montaggio, li vuole anche sottomessi.
L'accordo di Pomigliano non sarà un'eccezione. Sarà un modello per altri Marchionne di altre aziende. E le ripercussioni dell'accordo non si limiteranno ai confini nazionali. L'ennesimo schiaffo ai già massacrati diritti dei lavoratori in Italia sancisce un altro passo indietro della società globale. Per fare un parallelo locale, l'attacco di due anni fa al miglior contratto collettivo di lavoro in Svizzera e alla forza organizzata più combattiva dei salariati, l'edilizia e i muratori, aveva la stessa valenza. Colpire l'esempio per colpire tutti. Allora gli andò male al padronato elvetico.
Anche la vittoria di Marchionne rischia di essere una vittoria di Pirro. Il 36 per cento degli operai di Pomigliano ha votato contro l'accordo. Dopo tutto il fuoco mediatico e politico a favore del sì, in un territorio dove lavoro non c'è e l'alternativa è la camorra, è un no pesante. È un segnale di dignità in un contesto globale dove è difficile essere ottimisti.

Pubblicato il

25.06.2010 00:30
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