La mia nipotina Maya è anima e corpo un prodigio di bellezza. Curiosa come un gatto, ama le coccole e pratica la risata contagiosa. Mi direte non sei neutrale e avete ragione, l’amore di zia non conosce frontiere. Da quando c’è Maya, la saga della cannabis terapeutica è diventata un affare di famiglia. C’è che Maya ha la sindrome di Dravet, una forma di epilessia grave e resistente ai farmaci. L’industria ha poco interesse a studiare nuovi rimedi: pochi i casi, piccolo il mercato. Le famiglie si ritrovano a barcamenarsi fra incertezze e ricoveri d’urgenza, perché quando non si riesce a interrompere un attacco epilettico resta solo la sedazione profonda e quindi le cure intense. Per la vita quotidiana i protocolli prevedono in ogni caso il bombardamento con medicine che per definizione avranno una efficacia limitata se non nulla, mica per caso la sindrome di Dravet è definita «farmacoresistente». I genitori di Maya hanno speso giorni e notti a fare ricerche e scambiare informazioni con famiglie nella stessa situazione. E da quando la bimba era in fasce hanno preso a sperimentare con estratti di Cbd e Thc, ovvero la marijuana terapeutica Avete letto bene, sperimentare, perché ancora oggi nella maggior parte dei Paesi sono le famiglie a doversi sobbarcare l’onere e la responsabilità di trovare un protocollo adeguato e adattarlo ai bisogni specifici. Avventure che passano per mille conversazioni, non tutte piacevoli, con medici e strutture curanti. Alcune di larghe vedute, altre meno. Data la miseria delle alternative e la gravità della situazione il personale medico finisce per alzare le mani e sostenere la scelta alternativa. Perché una cosa è certa: grazie al Cbd Maya ha potuto ridurre l’assunzione di farmaci. Non è un dettaglio. Sono medicine potenti e dagli effetti collaterali importanti, stordiscono la bimba e rischiano di rallentarne lo sviluppo. Maya ha ancora molti attacchi, ma cresce bene ed è felice di andare a scuola. Fuoriluogo.it, che di questi temi si occupa da decenni, ha di recente dedicato un dossier alla nuova vita della marijuana terapeutica. Segnala i risultati di un sondaggio tra oncologi americani pubblicato a febbraio sul Journal of Pain and Symptom Management. Per l’83% di 400 specialisti intervistati la cannabis può essere benefica negli stadi finali della malattia, in particolare per contrastare scarso appetito, nausea e ansia. Cbd e Thc sono utilizzati anche per contrastare spasmi e dolori cronici in casi di sclerosi multipla e neuropatie. In Svizzera i medici possono prescrivere cannabinoidi, ottenuta dall’Ufficio federale della salute (Ufsp) l’autorizzazione per il singolo paziente. E se si stima che sarebbero fra 66.000 e 111.000 i consumatori di marijuana terapeutica, registrati dall’Ufsp dal 2017 sono solo 3.000. Istantanea di un grande “fai da te”, complice Internet dove sono infinite le risorse sul tema. Entro l’estate dovrebbe dunque arrivare un avamprogetto del Dipartimento degli interni per semplificare l’accesso a medici e pazienti, documento che dovrà esaminare anche la questione dell’eventuale rimborso da parte delle casse malati.
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