La matematica mi ha ferito

Troppe manifestazioni in questo Paese di convegni, congressi e simposi che è il Cantone. Si pensi all’ultimo week-end. Qualcuno parla di voglia di cultura. A me pare più una fuga organizzata dal reale (e per certi versi dolosa). La piccola Atene è diventata una Grecia. Ora, ai simposi culturali, si aggiunge un ciclo di conferenze sulla matematica. Lo scrive, con sospetto entusiasmo, Matteo Airaghi sulla rubrica incipit dell’ultimo “Ticino 7”. Come dire che non c’è scampo. È in calo il Co2 – ne saranno felici gli ambientalisti –, e lo stesso succede all’ottimismo. Non vorrei esagerare col personale, ma poiché è risaputo che si può chiudere un occhio sulla realtà ma non sui ricordi, da quando ho letto la notizia degli incontri sulla matematica le mie notti sono un calvario. Mi capita di svegliarmi e di sentirmi deficiente, nel pieno della notte, madido di sudore. Anch’io ho dovuto combattere, come Lauro Tognola, matematici «intellettualmente costipati e grigi» da far morire di noia. Per cui sono profondamente solidale con l’autore della casa gialla quando scrive (e cito): «in termini di felicità/infelicità deve esistere un prima dei vent’anni, avvelenato dalla matematica, e un dopo non sempre felice ma disintossicato». Perché non imporre una moratoria? Trovo che ci sia un eccesso di matematica in questo nostro Paese, a cui si oppone un difetto di letture. Quando sento parlare di sfide intellettuali (della matematica), torno alle ferite dell’adolescenza e vado a ispezionarne le cicatrici. Vuoi mettere l’emozione di una bella pagina e il piacere di ridimostrare un teorema? Che bisogno c’è di ridimostrare un teorema? È come vedere un incontro di calcio in differita conoscendone il risultato. (Né ho voglia di indagare le ragioni del disamore per la matematica, come fa con ammirevole impegno il buon Gianfranco Arrigo sempre su “Ticino 7”). Troppi eventi culturali in questo nostro piccolo Paese. Politica, religioni, etica. E matematica! Speriamo che si abbiano a diluire gli incontri. Sennò poi saremo costretti a dar ragione alla Marisa Marzelli del “Corriere del Ticino”, che anticipa la solita «scarsa affluenza di pubblico» e che difende più che legittimamente la categoria dei giornalisti dalla (prevedibile) accusa di «insufficiente copertura mediatica degli avvenimenti». La rubrica della Marzelli si intitola semaforo giallo, ma direi che per una volta ci stava meglio il rosso. Occorre certamente prestare attenzione al verde, ma al rosso chi ci pensa mai?

Pubblicato il

29.10.2004 14:00
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