La marea edile a Bellinzona

Cinquecento cantieri chiusi e duemila muratori che manifestano sotto la sede degli impresari costruttori a Bellinzona. Sono i numeri della giornata di protesta sindacale nell'edilizia. Al centro delle rivendicazioni, la responsabilità solidale quale argine agli abusi e migliori protezioni per gli edili. La cronaca della giornata. 

L'immagine forse più bella è a fine corteo. Dopo la tappa alla sede della Società svizzera degli impresari costruttori, i duemila muratori rientrano passando davanti alle scuole medie di Bellinzona. Gli adolescenti si sporgono alle finestre e si sbracciano nel salutare i manifestanti. «Oggi protestiamo per dare un futuro dignitoso a voi ragazzi» spiega la voce dal carro del corteo sindacale. Lezione di civica. Ancora pochi metri e un altro incontro inatteso. La squadra di calcio del Bellinzona interrompe l'allenamento e plaude agli edili in corteo. Lezioni di etica.
Si conclude così la giornata di mobilitazione sindacale nell'edilizia per un nuovo contratto degno di questo nome. L'adesione è stata massiccia «malgrado le indegne pressioni in alcune imprese» denunciano i sindacati, citando prove di operai bloccati all'interno di cantieri chiusi con i lucchetti. Che l'adesione alla protesta fosse massiccia lo si è capito fin dal mattino presto, con centinaia di operai già riuniti nei punti di ritrovo nei centri cantonali. Poi lo spostamento collettivo coi pullman per il concentramento a Bellinzona. A fine mattinata, i tendoni appositamente allestiti vicino allo stadio straboccano di muratori. Durante l'assemblea, i responsabili sindacali di Unia e Ocst danno le cifre della mobilitazione: cinquecento cantieri chiusi e duemila gli edili presenti. Al tentativo padronale di dividere il fronte sindacale (si veda riquadro sotto), ha risposto il vicesegretario dell'Organizzazione cristiano sociale ticinese (Ocst) Nando Ceruso: «Il sindacato non si divide. La lotta degli edili prosegue nell'unità». Paolo Locatelli e Dario Cadenazzi, responsabili edilizia di Ocst e Unia, hanno entrambi reso omaggio «al coraggio degli operai presenti che non si sono lasciati intimidire da quei datori di lavoro che hanno cercato di sabotare questa giornata di protesta». I sindacalisti hanno inoltre ricordato come non sia accettabile nella fase di grande espansione dell'edilizia prolungare il contratto a costo zero, come proposto dagli impresari. Un contratto che va invece migliorato, sottolineano i sindacati, quale argine ai gravi abusi che quotidianamente si registrano in Svizzera. Nella risoluzione assembleare approvata con gli applausi, l'assemblea edile chiede l'introduzione della responsabilità solidale nel contratto, quale «unico strumento in grado di tutelare sia le imprese sia i lavoratori in un contesto di ordinaria deregolamentazione». Presente all'assemblea "in veste non ufficiale" il consigliere di Stato Manuele Bertoli che ha espresso la sua «preoccupazione per una prospettiva senza contratto collettivo, il più grande contratto collettivo che conosce la Svizzera». «A perderci -ha sottolineato Bertoli- non sarebbero solo i lavoratori ma anche le imprese che lavorano bene e i contribuenti che pagano per lo stato sociale».
Al termine dell'assemblea, il pasto e poi il corteo nelle vie della capitale. Mentre si sfila, chiediamo a Davide, muratore poco più che trentenne, perché ha aderito alla protesta: «Pretendono troppo e non danno nulla. E se non rendi più come vorrebbero, ti possono licenziare o diminuire la paga» spiega Davide, riferendosi alla proposta padronale di derogare sui salari minimi dei lavoratori in età avanzata. «Fin quando ti possono sfruttare, gli va bene. - prosegue il muratore- Poi, anche se sei un buon operaio ma in avanti con l'età, ti lasciano a casa». Mi sembra di capire che per lei sia centrale la rivendicazione della protezione dei lavoratori sopra i 45 anni? «È normale. Penso al mio futuro. Quando avrò quell'età, il mutuo chi lo paga? La famiglia chi la mantiene? Per questo aderisco allo sciopero, per difendere i più anziani oggi, per difendere me un domani» conclude Davide.
Anche Ousman spiega perché abbia aderito al corteo: «lavoriamo col freddo e col caldo. Se ci ammaliamo, ci chiamano a casa di continuo per dirci di tornare a lavorare, altrimenti è inutile ripresentarsi. Perché fanno così? La colpa è loro di avermi fatto lavorare in condizioni in cui mi sono ammalato. Chiediamo solo di lavorare in modo corretto. Come tutti. Né più né meno».
Il corteo volge al termine con la tappa finale, la sede della società svizzera degli impresari costruttori sezione Ticino in viale Portone.
Il neoeletto segretario regionale di Unia Ticino, Enrico Borelli, dopo aver animato l'intero corteo, lascia la parola a Saverio Lurati. L'attuale segretario Unia lancia un pesante monito su cui riflettere:«la malavita, mafia e n'drangheta, si sta infiltrando nei nostri  cantieri. E questo gli impresari non lo hanno ancora capito». Parole profetiche?

La folle idea di Messmer

La scorsa settimana, i vertici nazionali della Società degli impresari costruttori (Ssic) capitanati dal presidente Werner Messmer hanno convocato d'urgenza i delegati impresari. Motivo di tanta fretta, l'approvazione di una presa di posizione nella quale il comitato centrale della Ssic annunciava che «Unia, fino a nuovo avviso, non è più partner dei negoziati della nuova Convenzione nazionale dell'edilizia». «La Ssic negozierà solo con i sindacati rispettosi della pace del lavoro». Il riferimento indiretto era al sindacato cristiano Syna-Ocst, indicato quale futuro interlocutore privilegiato dal padronato.
La tattica è conosciuta: «divide et impera» già duemila anni fa era in voga tra i consoli romani. La tattica per rivelarsi vincente presuppone però la padronanza della materia politica. Una padronanza che pare far difetto ai vertici Ssic, che amano ripetere «il nostro obiettivo è evitare il vuoto contrattuale». Proprio per avere un contratto decretato d'obbligatorietà generale, è necessario avere almeno la metà dei dipendenti sottoposti al contratto. Senza Unia, maggioritaria nel settore, è impensabile quanto tecnicamente impossibile raggiungere questo numero.
In secondo luogo, il tentativo di dividere il fronte sindacale sembra fallito nei fatti. Le mobilitazioni del due dicembre in Ticino e il 25 novembre nel resto del paese sono state indette dalle due organizzazione sindacali. «L'unità sindacale non la si divide con i giochetti di quattro padroncini. L'unità sindacale rimane perché la posta in gioco è la dignità dei lavoratori, delle famiglie e dalla società intera» ha affermato Nando Ceruso dell'Ocst dal palco mobile sotto la casa degli impresari di Bellinzona.
Si noti infine che la dura presa di posizione dei vertici Ssic contro Unia è stata felicemente salutata dal Bündner Tagblatt, giornale grigionese a cui Messmer ha concesso l'unica recente intervista rilasciata alla carta stampata. Ma chi è il proprietario del citato giornale? L'azionista di maggioranza è un certo Christoph Blocher. A pensar male...

Pubblicato il

09.12.2011 01:00
Francesco Bonsaver