La malattia spinta sul mercato

In votazione il prossimo primo giugno – insieme a "Per naturalizzazioni democratiche" e "Sovranità del popolo senza propaganda di governo" – il controprogetto voluto dalle Camere all'iniziativa dell'Udc promette una vera e propria rottura con il passato del sistema sanitario svizzero.
"Concorrenza", "autoresponsabilità" dell'assicurato e potere decisionale – e denaro pubblico – alle casse malati sono i tre tasselli sui quali Udc e parte dei liberali radicali  hanno voluto costruire il controprogetto basato sull'iniziativa democentrista. Un'iniziativa che voleva  apertamente ridurre il catalogo delle cure inserite nella Lamal e stralciarvi la maternità.  In seguito alle proposte scaturite dalla Commissione sanità delle due Camere della passata legislatura – che hanno tolto strategicamente le parti più impopolari – l'Udc ha ritirato soddisfatta l'iniziativa. Dopo averla combattuta in sede parlamentare il ministro Couchepin, e il Consiglio federale, si trova ora a difenderla. "Nonostante i molti difetti, si va nella direzione giusta", così si potrebbe riassumere il pensiero del ministro elvetico, che appoggia ora timidamente il controprogetto. Ma quale è questa direzione?
I comitati contrari al controprogetto  – che vanno praticamente dalla sinistra fino al partito popolare democratico e la gran parte degli attori attivi nel campo sanitario (Santésuisse, l'associazione mantello delle assicurazioni malattia esclusa) – parlano apertamente della creazione di "una medicina a due velocità". Una per cittadini di "serie A" e un'altra per gli altri.  Della direzione che vuole segnare il nuovo articolo costituzionale – che necessita quindi della maggioranza di popolo e cantoni per essere accettato (ma anche per questo difficile da stralciare una volta adottato) – ne parliamo con l'esperto in economia sanitaria Luca Crivelli. E con due rappresentanti di settori sanitari direttamente  coinvolti, Ennio Balmelli portavoce dell'ordine dei farmacisti del Canton Ticino e Daniele Ryser, direttore dell'Associazione  di assistenza e cure a domicilio Maggio.

Luca Crivelli come muterà il sistema sanitario elvetico se verrà adottato il nuovo articolo costituzionale?
È uno dei punti spinosi della questione. Potrebbe anche cambiare poco. È un progetto permeato dall'ideologia e che personalmente reputo velleitario. Nell'articolo costituzionale si introducono parole come "trasparenza", presupponendo che la sola scrittura di questa parola nella Costituzione la realizzi, quasi per magia. In realtà il problema dell'asimmetria informativa in questo settore non è risolvibile così facilmente e sicuramente non in questi termini. I cambiamenti reali potrebbero essere dunque lenti, ma in termini culturali l'articolo costituzionale segna una rottura con il passato. Si rompe l'equilibrio storico fra efficienza, efficacia ed equità, fra logica di mercato e regolazione pubblica sui quali si è retto finora il sistema sanitario svizzero.
È un'evoluzione positiva?
L'ideologia, di regola, non ha relazione con la realtà ma la mistifica e pertanto non può essere valutata positivamente. Il progetto non tiene conto dei risultati empirici finora ottenuti con la liberalizzazione dei mercati sanitari. Nei paesi in cui ci si è mossi in questa direzione i risultati sono mediocri. L'equilibrio raggiunto nei sistemi sanitari deregolamentati non è stata una concorrenza efficace, ma la concentrazione del potere di mercato nelle mani di pochi attori che si sono spartiti significative rendite. Come negli Stati Uniti.
Nel testo di accompagnamento al testo di legge vi è scritto che "L'intervento normativo dello Stato deve essere limitato allo stretto necessario". Crede che le assicurazioni malattia siano in grado di regolare e meglio dell'ente pubblico il sistema sanitario?
La logica di mercato e della concorrenza necessita di una serie di condizioni che non sono adempiute nel settore sanitario, per la sua natura intrinseca. La sanità ha bisogno di una regolazione efficace, di certo migliore di quella attuale. Il progetto di legge si fonda sull'idea che basti deregolamentare la gara fra assicuratori malattia affinché si realizzi un risultato più virtuoso rispetto all'intervento pubblico, nonostante questo sia soggetto al controllo democratico. Non sto dicendo che in passato nel campo sanitario siano state sempre compiute scelte trasparenti. Tuttavia la domanda è: se non funzionerà la concorrenza perché il paziente-consumatore è troppo debole, chi in un sistema deregolamentato controllerà le organizzazioni private che di fatto avranno in mano un enorme potere discrezionale?
Ci sarà uno spostamento delle prestazioni dal sistema obbligatorio a quello complementare?
L'articolo costituzionale in questo senso non dice un granché. In realtà questo aspetto è stato sacrificato per rapporto al progetto iniziale dell'Udc, che prevedeva esplicitamente la riduzione del catalogo delle prestazioni ed escludeva dalla copertura assicurativa la maternità. Il controprogetto ha eliminato queste parti spinose e impopolari, focalizzandosi su misure che possono essere meglio "vendute" politicamente attraverso slogan come "autoresponsabilità" (che tutti auspichiamo), "libertà" (che nessuno vuole veder diminuita) e "concorrenza" (che se funzionasse farebbe la gioia dei consumatori).
Nell'articolo di legge si introducono appunto questi nuovi termini: "autoresponsabilità", "trasparenza" e  "concorrenza" che sono già un obiettivo del sistema sanitario elvetico. Quale è allora il vero nocciolo della questione?
Ha ragione. Lo stesso Couchepin ha ribadito più volte che non sarebbe necessario questo articolo costituzionale. Poi, con equilibrismo, dopo aver combattuto il controprogetto in sede parlamentare, ha deciso di sostenerlo. Il problema non è tutto quanto c'è in questo nuovo articolo costituzionale, ma piuttosto ciò che manca: si è abbandonato il principio della solidarietà che troviamo alle radici del nostro sistema. La carta costituzionale indica gli indirizzi ai quali devono ispirarsi le nuove politiche sanitarie. E in questo senso si fa una scelta di campo preoccupante.
I comitati contrari al nuovo testo di legge parlano del pericolo della creazione di una medicina a due velocità. È un rischio concreto?
Ci sono differenze significative fra la realtà americana e la nostra. Grazie all'assicurazione universale la copertura del rischio malattia resterà una garanzia per tutti. Temo piuttosto che per tutti la velocità (rapporto prezzo-qualità) potrebbe ridursi. Esiste poi un problema molto più concreto: quello della gestione dei pazienti "costosi". I malati cronici sono quelli che hanno bisogno di maggiori cure e che assorbono più risorse. L'abolizione dell'obbligo di contrarre (cioè la possibilità di scegliere con quale medico, struttura o farmacia collaborare, ndr) è una misura che, pur necessitando di una specifica modifica della Lamal, è pienamente in sintonia con lo spirito dell'articolo costituzionale. Senza la dovuta regolamentazione (come una più efficace compensazione dei rischi) nessuna cassa vorrebbe accollarsi l'onere di curare efficacemente questi soggetti. Torniamo ancora alla realtà: quasi nessuna assicurazione statunitense offre buoni piani di cura per diabetici. Lo evitano per non attirare in modo massiccio questi malati. Vede, la competizione in questo caso non genera un risultato particolarmente virtuoso.

Utenti cronici a rischio

Daniele Ryser come potrebbe intaccare il servizio di cure e assistenza a domicilio il nuovo articolo sull'assicurazione contro le malattie in votazione il prossimo 1° giugno?
Credo che il nostro settore sarebbe uno dei più colpiti. I nostri utenti sono quelli con malattie croniche, di lunga durata. L'80 per cento sono anziani. L'articolo di legge nel capoverso b dell'articolo 3 dice esplicitamente che deve "essere promossa l'autoresponsabilità degli assicurati".  Oltre a ciò vi è una chiara indicazione alla stipulazione di assicurazioni complementari che non tutti potranno pagare. Per i pazienti che seguiamo gli effetti sarebbero deleteri: non potranno curarsi proprio quando ne avranno bisogno. Ci sarà una discriminazione fra chi non potrà permettersi queste prestazioni, anche se per anni ha pagato il premio base, e chi potrà accedere a costose assicurazioni private.
Lei dice che verrà introdotta una discriminante fra il malato cronico e il "buon rischio". Non crede che lo Stato potrebbe regolamentare il settore?
Lo Stato lo ha fatto per anni, ma oggi se ne vuole disinteressare lasciando agli assicuratori malattia un'importante fetta di potere decisionale. Nel settore delle cure a domicilio lo Stato interviene qualora i premi di cassa malattia non sono sufficienti a coprire la spesa. Le prestazioni, se passa il "sì" il prossimo 1° giugno, verranno ridotte perché la base di premi malattia – che sono la linfa del finanziamento del sistema sanitario – verrà erosa. Sarà l'assicurazione privata a rendere denaro alle casse malattia e le prestazioni obbligatorie verranno ridotte all'osso, questa è "l'autoresponsabilità" che si vuole promuovere. I primi a pagare le conseguenze di questa svolta della sanità elvetica saranno i più deboli: anziani e malati cronici senza un alto reddito saranno cattivi affari per gli assicuratori malattia.
La nuova legge parla però anche di una concorrenza che si vorrebbe instaurare fra gli assicuratori malattia. Non potrebbe avere effetti positivi proprio sul premio?
La concorrenza ci dovrebbe essere già oggi. Ma di fatto non esiste, per il semplice motivo che la sanità non può essere soggetta alla concorrenza. Il mercato degli assicuratori malattia è di fatto un oligopolio in cui 3-4 casse malattia sono riuscite – per diversi motivi – ad affiliare il 90 per cento della popolazione. Se però parliamo di concorrenza fra i prestatori di servizi sanitari le assicuro che l'assistenza e la cura a domicilio è già sottoposta ad una concorrenza commerciale molto spinta. L'assicuratore malattia, quando potrà decidere chi riconoscere e chi no, non avrà molto riguardo per la qualità del servizio fornito. Conterà quanto verrà loro fatturato. Questo regime di concorrenza – che lo Stato non ha finora voluto arginare – provocherà una pressione al ribasso non solo della qualità, ma anche dei salari del personale. È già una realtà nel Ticino di oggi. Vivremo una doppia discriminazione: quella dell'assicurato con soldi che si può permettere le cure, con la relativa emarginazione di una importante fetta di popolazione, e dall'altra il privato che guadagnerà a scapito di un settore pubblico – con gli enti pubblici locali che dovranno pagare – che dovrà soccorrere le persone emarginate dal sistema sanitario.  

Il "no" dei farmacisti

Ennio Balmelli il nuovo articolo costituzionale sull'assicurazione contro le malattie non fa riferimento a cambiamenti per le farmacie. Per quale motivo siete contrari alla modifica legislativa?
Ha ragione. Il nuovo articolo nella sua formulazione è vago. Eppure si capisce molto bene che saranno gli assicuratori malattia a decidere con quale operatore sanitario collaborare. E in questo senso Pharmasuisse, la società svizzera dei farmacisti, è scesa in campo per il "no".
Quali saranno le ripercussioni sulle farmacie?
Le casse malati vorranno innanzitutto stipulare degli accordi di prestazione. Per fare ciò si appoggeranno a delle grandi catene farmaceutiche già ben radicate soprattutto in Svizzera romanda e tedesca. Ad esempio Amavita che appartiene a Galenica o Coopvitality che appartiene alla Coop e altri come le case di spedizione Mediservice o Zur Rose. Questi gruppi sono pronti, per sbaragliare il resto del mercato, a siglare accordi con gli assicuratori malattia non fatturando alcune prestazioni farmaceutiche o facendo sconti su medicamenti. In seconda istanza l'assicuratore sarà interessato ad altre grosse farmacie con le quali cercherà di fare delle convenzioni. Le piccole farmacie di paese, decentralizzate, si troveranno verosimilmente snobbate dalle assicurazioni malattia. Sarebbe un'enorme perdita per la popolazione ticinese che attualmente può contare su 180 farmacie ben radicate nel territorio. È un servizio importantissimo – la farmacia di paese è il primo riferimento nei casi di problemi sanitari – che andrebbe perso se l'egemonia nell'ambito della sanità venisse concessa all'assicuratore.
Lei dice che gli assicuratori malattia faranno degli accordi con le grosse catene di distribuzione e di spedizione a domicilio. Sarebbe quindi un risparmio per gli assicurati…
Pharmasuisse tratta già ogni anno con le casse malattia raggiungendo degli accordi sui prezzi delle prestazioni. Alcune catene fanno prezzi al ribasso per accaparrarsi il mercato, ma questo non ha affatto abbassato i premi dell'assicurazione malattia. Il nuovo articolo di legge non farà altro che far guadagnare di più questi distributori e gli assicuratori, penalizzando i pazienti e le piccole farmacie. L'effetto calmieristico sui prezzi non si è ottenuto tramite l'azione delle casse malattia, ma grazie all'azione dello Stato. Come quella che ha imposto una partecipazione del 20 per cento sui medicinali che avevano anche un generico. Con questa misura si è risparmiato molto denaro. In Svizzera esiste un buon equilibrio fra l'azione statale, che cerca di controllare i costi, e l'attuale finanziamento del sistema sanitario. È vero, si deve continuare ad agire per tenere la spesa sanitaria ad una soglia ragionevole, ma fino ad ora la Svizzera si è dimostrata un modello in questo senso. Non vedo per quale motivo bisogna oggi andare verso un modello di liberalizzazione come quello americano che porterebbe il potere nelle mani degli assicuratori privati con gli effetti nefasti già noti. Pretendere che la concorrenza possa dare dei risultati che fino ad ora non ha saputo dare è completamente fuori luogo.

Pubblicato il

25.04.2008 02:00
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