Inclusione è una parola molto in voga di questi tempi. Quanto sia difficoltoso il passaggio dal principio teorico alla pratica quotidiana ben lo sanno le persone con disabilità. Un disagio espresso ieri a viva voce dai diretti interessati nell’aula del Gran Consiglio, dove ha avuto luogo la sessione parlamentare in cui delle persone con disabilità hanno discusso e votato risoluzioni politiche indirizzate a Consiglio di Stato, Gran Consiglio e Comuni ticinesi. La seduta “speciale” era uno dei mille eventi organizzati in Svizzera per celebrare i dieci anni dalla ratifica elvetica alla Convenzione dei diritti delle persone con disabilità dell’Onu. Il bilancio della sua applicazione è piuttosto magro. «Come previsto per gli Stati aderenti, due anni fa la Commissione Onu ha analizzato l’applicazione della Convenzione in Svizzera» spiega Danilo Forini, direttore della sezione cantonale di Pro Infirmis, l’associazione che ha curato l’organizzazione pratica della giornata di ieri. «Dei progressi sono stati evidenziati, ma il rapporto è fondamentalmente negativo. Riassumendo, si rimprovera alla Svizzera l’assenza di una strategia politica federale sulla promozione dei diritti dei disabili, che a cascata si riflette poi su Cantoni e Comuni. Senza una visione d’insieme, si sta avanzando lentamente e solo su casi puntuali, invece di consolidare i progressi in un sistema globale». Una lentezza che genera frustrazione nei diretti interessati, ben evidenziata nel dibattito di ieri nell’aula del Gran Consiglio. L’applicazione concreta delle normative contro le barriere architettoniche, l’abolizione delle discriminazioni in ambito di assunzioni, delle discriminazioni e le stigmatizzazioni in ambito scolastico, sono solo alcune delle rivendicazioni espresse ieri durante la seduta. Proposte legislative finalizzate ad eliminare gli “ostacoli visibili e invisibili” che impediscono la cittadinanza a pieno titolo delle persone con disabilità. Proposte politiche nate dal basso, da persone con disabilità e non dalle associazioni o istituzioni che si occupano del tema, per “creare insieme un Ticino più giusto e più aperto, per tutti”, come indicato nel Preambolo di risoluzione approvato ieri. Perché la strada per arrivarci è ancora lunga. Venti anni fa, la Svizzera si era dotata di una legge sui disabili, la cui revisione è stata posta in consultazione recentemente dal governo. «Nell’impostare la legge si era deciso un approccio pragmatico, concentrando la volontà di migliorare in pochi ambiti» racconta Forini. «Uno dei temi più importanti era la progressiva accessibilità ai mezzi di trasporto pubblici, bus e treni. Poiché a vent’anni di distanza molto non è ancora stato realizzato, il Consiglio federale ha proposto di rinnovare il termine. Ciò genera frustrazione in chi si vede privato del diritto alla mobilità. Non a caso, lo slogan integralmente concepito da persone disabili per la giornata odierna è: “Disabilità, accessibilità: adesso!” ». Inclusione si diceva d’entrata. Un concetto che fatica a diventare pratica costante. «Gli ostacoli maggiori all’inclusione sono nella mente delle persone piuttosto che materiali, normativi o architettonici che siano. Se c’è lo scalino, è perché qualcuno lo aveva concepito così. Dietro una barriera architettonica, c’è una barriera mentale», riassume il direttore di Pro Infirmis. «Se ci fosse la consapevolezza di quanto le differenze siano arricchenti per l’insieme della collettività, i cambiamenti legislativi o materiali per le persone con disabilità sarebbero più rapidi». La discussione scivola inevitabilmente sulla questione dei mezzi finanziari, in particolare in un Cantone dove il tema è di scottante attualità. Il terzo settore della disabilità è stato uno di quelli maggiormente colpiti dalla scure dei tagli nell’ultimo preventivo cantonale. «Si è colpita soprattutto la progettualità. L’inclusione è un grosso laboratorio, in cui è imperativo provare delle novità. Faccio un esempio pratico, l’inserimento nel mondo del lavoro di persone con disabilità. Come altre fondazioni, abbiamo avviato un progetto in tal senso, inserendo una quarantina di persone. Vorremmo estenderlo, anche perché delle aziende han dato la disponibilità. Queste ultime però, comprensibilmente, chiedono un accompagnamento nell’inserimento, di non essere lasciate sole. Gli uffici cantonali condividono la bontà del progetto, ma al momento mancano i soldi per finanziarlo. L’estensione del progetto è dunque rinviata a data da definire». La strada dell’inclusione non può esser lastricata di sole buone intenzioni. Non ci si può sgravare dei mezzi per costruirla. |