Roland Borer, Yves Christen, Felix Gutzwiller, Norbert Hochreutner, Doris Leuthard, Claude Ruey, Simon Schenk, Jürg Stahl, Georges Theiler, Pierre Triponnez. Basta questo elenco (incompleto) di parlamentari con interessi nel settore delle casse malati per spiegare come mai l’iniziativa popolare “Per una cassa malati unica e sociale”, discussa lunedì dal Consiglio nazionale, abbia ottenuto soltanto il sostegno della sinistra. Un’iniziativa, promossa dal Movimento per le famiglie (attivo nelle Svizzera romanda), che chiede di affidare ad un’unica istituzione la gestione dell’assicurazione malattia di base (oggi in mano a una novantina di casse) e il passaggio ad un sistema di premi calcolati in funzione della capacità economica degli assicurati. Essa fu lanciata nel maggio 2003, pochi giorni dopo la bocciatura popolare (con il 73 per cento di no) dell’iniziativa del Partito socialista “La salute a prezzi accessibili”, che prevedeva premi proporzionali al reddito ma anche (e questo era il suo difetto principale) un aumento dell’Iva di 1,5 punti. Durante quella campagna, il Consigliere federale Pascal Couchepin, da pochi mesi alla guida del Dipartimento federale dell’interno, aveva ancora argomenti per far credere che avrebbe agito per creare maggiore giustizia sociale nel settore dell’assicurazione malattia. A tre anni di distanza, è evidente a tutti che la direzione intrapresa dal ministro è esattamente quella opposta: nel nome della tanto decantata “responsabilità individuale”, le franchigie sono aumentate, così come la partecipazione ai costi da parte dei pazienti, parte delle prestazioni assicurate sono state tagliate (si pensi alla medicina complementare) e altre lo saranno presto (in giugno sarà il turno della psicoterapia). Da parte sua il parlamento, ha invece inserito nella Legge sull’assicurazione malattia (Lamal) la possibilità di sospendere le cure agli assicurati che non ce la fanno a pagare i premi. È di qualche settimana fa la notizia di alcuni ginevrini sieropositivi che si sono ritrovati da un giorno all’altro senza i medicamenti indispensabili alla loro sopravvivenza. Nonostante tutto questo, il ministro Couchepin ha speso il suo intervento in Consiglio nazionale, per esaltare il lavoro da lui svolto, per colpevolizzare il suo predecessore (l’ex Consigliera federale Ruth Dreifuss) e per dipingere scenari catastrofici in caso di accettazione dell’iniziativa in discussione. E non sono mancate battute a raffica nel tentativo di ridicolizzare i promotori e i sostenitori della proposta. Ma come si spiega tanta aggressività? Couchepin ha paura di perdere o è sicuro di vincere? Abbiamo girato la domanda a Marianne Huguenin, medico e Consigliera nazionale del gruppo “A gauche toute”. «Couchepin – spiega ad area – è vittima del suo forte legame con gli assicuratori malattia, in particolare con il Groupe Mutuel. In questi anni ha preso e annunciato molte decisioni che stanno facendo e faranno la loro fortuna, in particolare nel settore delle assicurazioni complementari, che costituiscono un interessante e redditizio mercato parallelo: penso alle innumerevoli misure tese a ridurre le prestazioni coperte dall’assicurazione di base e a scaricare i rischi sui malati e gli anziani, che purtroppo raccolgono ampi consensi (non certo disinteressati) all’interno di questo parlamento. A parte questo aspetto, credo che l’aggressività del ministro si spieghi anche con un certo timore che il popolo gli dia torto quando sarà chiamato ad esprimersi sull’iniziativa, che lui ha sempre trattato con disprezzo e arroganza considerandola una proposta di una minoranza insignificante. Ma oggi non gode più soltanto del sostegno del Movimento per le famiglie e del Partito del lavoro, ma anche dei socialisti, dei Verdi e di Unia, il sindacato più importante della Svizzera». Uno degli elementi centrali dell’iniziativa è il passaggio ad un sistema di premi che tengano conto della forza economica degli assicurati... Per me non è questo l’elemento centrale, anche se importante. L’elemento centrale è la cassa unica e credo che gli avversari utilizzino la questione dei premi in funzione delle capacità economiche (una proposta avanzata a più riprese ma senza successo) per delegittimare l’iniziativa. Ma l’iniziativa prevede anche questo. In nome della chiarezza, può spiegare cosa si intende esattamente con “capacità economica”? L’indicatore è soltanto il reddito oppure va considerata anche la sostanza? Qui cadiamo nel solito dibattito quando ci si trova di fronte iniziative costituzionali: se il testo è troppo preciso si accusano gli iniziativisti di voler bloccare ogni possibilità di evoluzione e quando non lo si fa si dice che sono stati superficiali. Per me tener conto della “capacità economica” significa prevedere premi variabili in un rapporto di 2 a 5 o di 2 a 10. Credo comunque che la discussione di dettaglio vada fatta una volta conosciuti i rapporti di forza interni alla nuova cassa. I premi devono restare la principale fonte di finanziamento dell’assicurazione malattie obbligatoria? Devono restare una delle principali fonti. Io credo comunque che vada riaperto il dibattito sulla partecipazione dei poteri pubblici, che è stata bloccata dalla Confederazione negli anni Settanta. Nell’ultimo trentennio si è ridotta costantemente, il che ha causato un trasferimento di oneri sugli assicurati e sui malati: uno studio dell’Ufficio federale di statistica dimostra che in questo periodo i costi della salute sono raddoppiati, mentre la partecipazione delle famiglie si è moltiplicata per 4,7. Detto altrimenti, significa che la famiglie nel 1971 assumevano il 55 per cento dei costi della salute e nel 2000 il 68 per cento. Nello stesso periodo la quota parte dello stato si è invece ridotta dal 38 al 25 per cento. Veniamo alla cassa unica. Essa viene presentata come uno strumento per contenere i costi, ma i vostri avversari affermano che i possibili risparmi nel settore amministrativo sarebbero ridicoli... I nostri avversari dimenticano gli enormi costi che lo stato deve assumersi a causa del nostro sistema antisociale dei premi pro capite. D’altra parte oggi parte dei costi è causata dal sistema della concorrenza: le casse, che tra loro possono competere solo sul terreno della selezione dei rischi, spendono somme importanti nella pubblicità e nel marketing. Somme che non conosciamo, che non possiamo controllare e che non sappiamo se vanno a pesare sui premi dell’assicurazione di base. Altri soldi inutili si spendono nei cambiamenti di cassa, che costano in media mille franchi per assicurato (364 milioni di franchi nel 2003). L’iniziativa prevede che la nuova cassa dovrebbe diventare operativa al più tardi tre anni dopo l’eventuale sì popolare, rilevando attivi e passivi delle 87 casse esistenti. Secondo Pascal Couchepin vi è il pericolo che queste ultime prosciughino importanti quote di riserve e accantonamenti per poter offrire per un paio d’anni premi bassi e mantenere così la clientela nel settore della assicurazioni complementari. È un rischio reale? È scandaloso e inquietante che un Consigliere federale dica queste cose. Vuol dire che abbiamo un governo che non ha la volontà politica di controllare le casse malati e i soldi degli assicurati. Un altro punto contestato è la prevista gestione tripartita della futura cassa, con la partecipazione dello stato, di organizzazioni di difesa degli assicurati e dei fornitori di prestazioni. Come è possibile che questi soggetti, da anni incapaci di mettersi d’accordo su una riforma della Lamal, dirigano insieme una cassa malati? Capisco che può essere difficile, ma l’unico modo per uscire dall’impasse è quello di mettere insieme tutti gli attori e farli discutere. Io credo che nel settore della sanità il pericolo principale è costituito dalla tecnocrazia, cioè da quelle persone che dal loro ufficio (senza sapere nulla dei pazienti e di chi li cura) decidono le cure, gli esami, i tempi di ricovero e che in futuro vorranno decidere da quale medico potremo farci curare. Di fronte a questa tendenza, una gestione tripartita della cassa può essere solo salutare.

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12.05.06

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