La legge di Marchionne

Sergio Marchionne detta legge in Italia, e non è una metafora. Nonostante la debacle messa in evidenza dal crollo delle vendite di auto Fiat in Italia e in Europa, è riuscito a far passare l'idea che le difficoltà sono provocate dai lavoratori che non si concedono anima e corpo al sovrano come fanno le escort con l'altro sovrano, e naturalmente la colpa è della Fiom che non accetta di lavorare per il re di Prussia, come fanno gli altri sindacati. Marchionne detta legge anche alla Confindustria: o mi liberate del contratto dei metalmeccanici o esco dall'associazione e mi faccio un contratto in proprio con i sindacati complici. Confindustria obbedisce ma Marchionne procede per la sua strada: fare tante Pomigliano, a Mirafiori, a Melfi, a Cassino, newco in cui lavorerà solo chi accetta le sue regole. Una campagna di "defiommizzazione", da far impallidire il ragionier Valletta che negli anni '50 bonificò la Fiat dal Pci e dalla Fiom con i soldi degli Usa. Marchionne detta legge anche al governo che in due anni e mezzo ha sterilizzato ogni aspetto del diritto del lavoro, fino all'ultima trovata del ministro Sacconi che ha illustrato il suo Statuto dei lavori con cui si cancella non solo l'articolo 18 ma l'intero Statuto dei lavoratori. Persino il ricorso al giudice da parte del lavoratore vittima di ingiustizie viene interdetto.
In questo contesto la nuova segretaria della Cgil, Susanna Camusso, si difende dalle accuse che piovono da destra e da centrosinistra sulla sua organizzazione, disegnata come il sindacato dei no, girandole contro la Fiom, "rea" di eccesso d'opposizione. Il Congresso della Cgil si è concluso da qualche mese e la maggioranza ha estromesso da tutti gli organismi di governo centrale, territoriale e di categoria la minoranza, che in Fiom è maggioranza schiacciante. L'ultimo passo della Camusso è stato il tentativo di rompere la Fiom, attuato durante l'ultimo Comitato centrale. I metalmeccanici chiedono di interrompere il confronto a perdere tra Cgil, Cisl e Uil e la Confindustria sulla produttività e chiede al contrario che venga indetto rapidamente uno sciopero generale contro la politica economica e sociale del moribondo governo Berlusconi. La maggioranza della Cgil punta invece a rientrare in tutti i tavoli contrattuali e concertativi, spingendosi fino a criticare la Fiom per la sua resistenza contro gli attacchi di Marchionne, in base al principio che dovere del sindacato è firmare accordi. E pazienza per il diritto di sciopero. E' una linea coerente con la politica del Pd e del centrosinistra che sostiene l'unità a ogni costo tra Cgil, Cisl e Uil e con il padronato che ora critica, da destra, Berlusconi. In nome della caduta del satrapo di Arcore andrebbe bene persino un governo a guida padronale. Nei suoi primi passi la Camusso  ha ricevuto solo schiaffi in faccia: da Cisl, Uil, Marchionne e governo. Cresce invece il consenso intorno alla Fiom, tra i lavoratori e nella Cgil, grazie anche alle capacità sindacali e comunicative del nuovo segretario generale, Maurizio Landini. La partita è apertissima.

Pubblicato il

19.11.2010 14:00
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