I personaggi non sono in carne e ossa e il mondo in cui si muovono è fatto di zollette di zucchero, broccoli, batuffoli di cotone e tanto altro. Tutto appare però vivo e presente. Il film, nella versione italiana, s’intitola Manodopera. Mentre Interdit aux chiens et aux Italiens (Vietato ai cani e agli italiani) è il titolo originale, tratto dalle famigerate scritte presenti all’esterno dei locali in diversi paesi europei, compresa la Svizzera, segno di un’italofobia molto diffusa. Alain Ughetto, cineasta francese pluripremiato, ha scelto di raccontare la storia della propria famiglia attraverso il cinema d’animazione e la tecnica dello stop motion (in italiano “passo uno”). La narrazione si svolge come un dialogo tra lui, in carne ed ossa, e il pupazzo della nonna Cecile, morta quando il nipote aveva 12 anni. È proprio la nonna a raccontare al nipote il percorso che ha portato gli Ughetto dalle montagne del Piemonte, sotto il Monviso, fino alla Francia, passando per il Canton Vallese. Storia di classe La storia familiare raccontata da Ughetto, con maestria e leggerezza, s’intreccia con i più grandi avvenimenti della Storia italiana ed europea della prima metà del Novecento: le guerre di espansione coloniale, la costruzione della rete ferroviaria, la Grande Guerra, il Ventennio, la Seconda Guerra Mondiale e i primi anni del boom. In questo senso il film ricorda in parte le grandi narrazioni cinematografiche di Novecento o de La famiglia, capolavori rispettivamente di Bernardo Bertolucci ed Ettore Scola, che intrecciano storie famigliari e Storia nazionale in una prospettiva di lunga durata. L’epopea degli Ughetto assomiglia a quella di migliaia di famiglie alpigiane costrette tra la fine dell’Ottocento e buona parte del Novecento a emigrare in massa verso la bassa, in altre nazioni o addirittura in altri continenti. Il regista, a tal proposito, ha dichiarato in più di un’intervista di essersi lasciato ispirare dal libro dello scrittore e partigiano Nuto Revelli che ne Il mondo dei vinti (1977) ha raccolto le testimonianze di decine e decine di contadini delle Alpi piemontesi e raccontato così la fame, il lavoro minorile, le guerre, il Fascismo, lo sradicamento e l’avvento dell’industrializzazione. La storia del nonno Luigi è anche quella dei numerosi emigranti italiani che hanno costruito il sistema ferroviario e le grandi opere idrauliche europee. È proprio lui, infatti, a partecipare alla costruzione della ferrovia e del tunnel del Sempione che collega ancora oggi la provincia di Domodossola con il Canton Vallese. È sempre lui a prendere parte alla costruzione di alcune grandi dighe alpine. La traiettoria migratoria degli Ughetto è inizialmente stagionale e precaria, fatta di ritorni e ripartenze, ma si trasforma però in qualcosa di definitivo con l’arrivo in Francia e con l’avvenuta naturalizzazione di tutti i membri della famiglia. Il nonno Luigi, impegnato durante la Grande Guerra con l’esercito italiano, cambierà casacca durante la Seconda Guerra Mondiale e combatterà per l’esercito francese, contro il suo stesso Paese di origine in balia del Fascismo. Il tocco del maestro Manodopera non si lascia apprezzare soltanto per la storia raccontata, ma anche dal punto di vista estetico. La presenza insistita in campo delle mani del regista, pronto a intervenire e interferire con i personaggi e il mondo da lui creato, rivelano il processo creativo del cinema d’animazione e rafforzano il carattere personale dell’opera. I pupazzi, nella loro semplicità, appaiono come creature che provano emozioni, non certo automi. La scenografia, creata con gli oggetti in scala reale della stessa cultura materiale dei personaggi rappresentati, è una scelta visiva e simbolica assai azzeccata. Non è un caso che Manodopera abbia raccolto numerosi premi internazionali e attirato l’attenzione di molti media. Lo scorso anno fu presentato in anteprima svizzera in Piazza Grande a Locarno, raccogliendo un lungo applauso, mentre ora arriverà nelle sale elvetiche. L’arrivo in Svizzera Il debutto dell’opera nel circuito commerciale avrà luogo al cinema Riff Raff di Zurigo mercoledì 20 settembre alle 20.40 e sarà patrocinato dalla locale Società Dante Alighieri e dall’Istituto italiano di cultura. Per maggiori informazioni: www.dantealighieri.ch |