La giustizia sbilanciata di George Bush

«Siamo tutti americani». Anche con la massima volontà di un Tony Blair o di un Silvio Berlusconi, che più americanofili di così non si può, non è possibile nemmeno a loro. Sono in effetti gli stessi americani a ricordare che esistono delle differenze nette: si può (anzi, a loro avviso, si deve) sostenere gli Usa in tutto e per tutto, ma un conto è avere il passaporto a stelle e strisce, un altro non averlo. Non a caso, con un ennesimo atto amministrativo, la scorsa settimana George "Dabliù" Bush ha messo nero su bianco che esistono due giustizie diverse: una per i cittadini americani – con (quasi) tutti i diritti riconosciuti da uno Stato democratico – e un’altra per gli stranieri, con la negazione di quegli stessi diritti che uno Stato con vocazioni imperialiste si sente in grado di imporre nei confronti dei cittadini del resto del pianeta. Il decreto è quello relativo all’istituzione di tribunali militari speciali cui spetterà il compito di giudicare i terroristi, o presunti tali, di Al-Qaida, negli Stati Uniti o in qualunque altro Paese del globo, divenuto ormai nell’ottica di Washington, un immenso cortile di casa. La decisione eccezionale, è giustificata, ufficialmente, con l’eccezionalità della situazione. Ma la delibera del presidente "Dabliù" va ben oltre l’eccezionalità del momento. In realtà essa si propone di durare nel tempo sino a quando il Nemico, essenza stessa del Male, non sarà definitivamente sconfitto. E visto che George Bush, dallo scorso 11 settembre, parla della lotta del Bene (incarnato globalmente dagli Stati Uniti) contro il Male (rappresentato da tutti gli altri in base al principio del «o con noi o contro di noi»), è da temere che la straordinarietà invocata sia invece pensata come qualcosa di perenne. In breve, ecco i punti salienti di questo decreto: • I tribunali militari speciali sono abilitati a processare solo cittadini stranieri. Pur se esiste sulla carta una remota possibilità di procedere anche contro i cittadini americani, a quest’ultimi viene riconosciuto in via di principio il diritto a un processo secondo la giustizia ordinaria. • Il decreto è pensato per i terroristi di Al-Qaida, a cominciare da Bin Laden, ma in realtà, come specificato, può essere applicato a qualsiasi terrorista o presunto tale. • La lista dei terroristi è quella che Washington aggiorna giorno dopo giorno, cancellando o aggiungendo nomi di singoli e di organizzazioni, a seconda della convenienza politica. Attualmente la lista comprende anche diversi partiti e gruppi che si battono contro un occupante straniero o combattono per la conquista di quei diritti riconosciuti dalle convenzioni internazionali e dall’Onu. La differenza fra terrorismo e lotta di resistenza non è accettata da Washington. In base alla concezione della Casa Bianca, avevano ragione i nazisti quando definivano «Banditen» i partigiani che compivano attentati, quali quello di Via Rasella a Roma. • I processi che saranno celebrati in questi tribunali potranno svolgersi a porte chiuse. Una misura pensata per evitare che il processo si trasformi in una tribuna propagandistica, per persone come Bin Laden, che poi potrebbe svelare retroscena imbarazzanti e per gli Stati Uniti, nei loro passati coinvolgimenti con i movimenti integralisti musulmani, e per la stessa famiglia Bush con la quale i Bin Laden sono stati in rapporti d’affari. • I processi potranno svolgersi ovunque nel mondo, qualora il trasferimento degli imputati si rivelasse controproducente per gli interessi nazionali americani. • I giudici, in divisa, saranno scelti dal ministro della difesa. In altre parole la «giustizia» verrà amministrata secondo il volere del potere politico. • Il verdetto sarà inappellabile. Potranno modificarlo solo il presidente o il ministro della difesa. Detto tutto ciò, appare evidente che i diritti a un equo giudizio non vengono garantiti, che questi tribunali serviranno massimamente a infliggere condanne a morte senza sottostare al controllo della pubblica opinione attraverso un processo aperto al pubblico, che gli Stati Uniti, avvertendo che i tribunali speciali potranno essere trasferiti all’estero (in un primo momento l’Afghanistan o il Pakistan, e quindi qualsiasi altro paese che non abbia la forza politica di difendere la propria sovranità) considerano l’intero pianeta come loro dominio. Questo mostro giuridico non deve meravigliare. Esso viene dopo tutta una serie di misure limitative delle libertà civili e individuali, delle quali l'ultima è quella che permette l’intercettazione dei colloqui fra gli avvocati difensori e i loro assistiti accusati d’essere coinvolti in attività terroristiche. Inoltre risponde a un atteggiamento americano, che non è solo di George "Dabliù" Bush. Prova ne è il rifiuto usa, a suo tempo espresso dal presidente Clinton, di aderire al costituendo Tribunale penale internazionale per giudicare i crimini di guerra e contro l’umanità. Motivo dell’opposizione, la possibilità che cittadini americani vengano giudicati all’estero, da giudici non americani. Proprio perché non è vero che «siamo tutti americani»: ci sono quelli veri, quelli Doc, e poi solo imitazioni, anche ben riuscite, vedi Blair, o aspiranti tali come Berlusconi.

Pubblicato il

23.11.2001 05:30
Sarah Nemo