Il canton Ticino ha bisogno di imboccare in tempi rapidissimi un indirizzo di sviluppo economico, sociale e territoriale degno di questo nome. Fiumi d’inchiostro sono stati scritti al proposito ormai da molti anni, in modo più o meno competente. Recentemente l’urgenza di una simile scelta sembra essere percepita in modo più evidente e diffuso. Ma la triste inerzia ticinese permane inalterata nei fatti. E si continua ad andare là dove tira il vento o, più spesso,là dove vengono tirate con maggior energia le giacchette, disperdendo le risorse disponibili e i progetti in cento rigagnoli e in cento direzioni, seguendo la ormai consolidata prassi di essere comunque in campagna elettorale permanente. Anzi, in questa legislatura forse ancora un po’ di più rispetto a quanto accadeva in quelle precedenti. Guardando la realtà dal mio punto privilegiato di osservazione, e cioè il mondo della formazione professionale, mi sento di dover dire che stiamo avvicinandoci sempre più, per non dire che ci siamo già arrivati, al capolinea. E di tempo non sembra essercene più! Certo, salvo le declamazioni roboanti, la classe politica ticinese sembra poco sensibile ai temi della formazione professionale e dell’apprendistato in particolare. Forse anche perché la maggior parte dei loro figli segue percorsi formativi diversi, lontani dal mondo del lavoro. Morale, per tentare di garantire inalterato il diritto allo studio e alla formazione dei giovani, stando al fronte, si consuma un’enorme energia per riuscire semplicemente a difendere, almeno in parte, quanto abbiamo oggi. Ma il mondo del lavoro è complesso e in continua evoluzione. Per cui stare semplicemente fermi, scazzottando a viva forza per non vedersi togliere l’esistente, non è sufficiente. Troppi giovani non hanno accesso (per volontà o per necessità) ad una formazione. E troppi sono i giovani (non si offendano i colleghi del settore!) “posteggiati” nel pre-tirocinio d’orientamento, in attesa di trovare la propria strada formativa. Un percorso utilissimo quando non si sa che strada imboccare e si ha bisogno di un solido aiuto per capirlo, ma poco utile (per non dire destabilizzante) quando si è perfettamente in chiaro sulla direzione che si vuole prendere, ma si trova la strada sbarrata. La formazione professionale in Ticino ha bisogno di risorse: finanziarie, umane, territoriali, di competenze. E per il Ticino investire nella formazione professionale sarebbe davvero il miglior investimento possibile, sia dal profilo sociale (per evitare lo scivolamento di molti giovani nella rete di sostegno sociale), sia dal profilo economico (offrendo delle competenze all’economia). Ma queste risorse non ci sono. Anche il settore della formazione professionale deve risparmiare e lo spazio per nuovi progetti è pressoché inesistente. Il paradosso è che se l’economia sembra andar bene, le risorse per la formazione professionale non si ritiene siano da potenziare, perché in fondo vanno bene così. Se invece l’economia non ha buone prospettive, come sembra essere il caso oggi, allora i soldi non ci sono, come per tutti gli altri settori. E la morale è una sola: il Ticino resta dov’è, senza fare un passo avanti verso il cambiamento indispensabile. E allora mi vien da chiedere: come fa la politica a non vergognarsene profondamente?
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