Entro pochi giorni, a Lugano non esisterà neanche più un appartamento a pigione moderata su un parco alloggi di 28mila appartamenti del territorio comunale. A livello cantonale invece, non si hanno più notizie del Piano dell’alloggio a pigione moderata imposto al Governo sette anni fa dal Gran Consiglio. Sebbene la maggioranza della popolazione viva in locazione (54% nel 2015, ultimo dato) e l’affitto costituisca la voce maggiore delle uscite delle economie domestiche, per l’esecutivo cantonale e cittadino la questione non è prioritaria.
Non brillano certo per rapidità le autorità politiche sul tema degli alloggi. Il Parlamento ticinese aveva incaricato il Governo di elaborare entro fine 2011 un piano cantonale dell’alloggio a pigione moderata, mentre nel 2015 il Consiglio comunale di Lugano aveva votato all’unanimità la creazione di un Ente di utilità pubblica dotato di 10 milioni per dieci anni e la realizzazione di misure rapide quale controprogetto all’iniziativa del Partito socialista cittadino “Per abitazioni accessibili a tutti”. Ad oggi, non c’è traccia né del piano cantonale dell’alloggio, né dell’ente cittadino. Studi sul tema finanziati dalle istituzioni ne sono stati realizzati molti, ma di fatti concreti non ve ne sono. Difficile capire perché, pur in presenza di un vasto consenso politico da parte del Gran Consiglio e del Consiglio comunale luganese, gli esecutivi fatichino così tanto a passare dalle parole ai fatti.
Lugano, zero pigioni moderate Mentre gli anni passano, la situazione peggiora. A Lugano, di alloggi a pigione moderata non ve ne sono più. La conferma arriva dal servizio dell’abitazione dell’autorità cantonale: «Gli ultimi sussidi cantonali e federali che consentivano una riduzione degli affitti a 350 nuclei familiari a Lugano con meno di 50.000 franchi di reddito imponibile sono già scaduti o lo saranno a brevissimo termine». Per brevissimo s’intende dicembre, con gli ultimi affitti “ridotti” dello stabile di via Beltramina di proprietà della Cassa Pensioni comunale. Per gli inquilini ciò equivale a un aumento di affitto di svariate centinaia di franchi. La “costola” della Cassa Pensioni di Lugano che amministra gli immobili fino a ieri sussidiati, la Gestione immobiliare per istituzionali Sa (Gipi Sa), in ragione della sua natura pubblica, cerca di attenuare i danni negoziando caso per caso con gli inquilini. Nel limite del possibile, però. Come spiegato dai responsabili della Cassa pensioni, lo scopo primario di quest’ultima è garantire le rendite dei pensionati, non le pigioni moderate sul tessuto cittadino. Così ad alcuni affittuari viene proposto un aumento graduale della pigione, per altri si verifica se abbiano diritto alle prestazioni complementari Avs/Ai per coprire l’aumento, mentre a diversi non rimane altro che cercarsi un nuovo appartamento o ricorrere all’assistenza sociale. Dai conti cittadini emerge che un terzo della socialità a carico del Comune riguarda la voce “Alloggio e garanzia per gli alloggi” (34%). Oggi a Lugano lo sfitto è alto, ma riguarda soprattutto il segmento del lusso, saturatosi dopo anni di boom edilizio. «L’ente pubblico dovrebbe investire ora nell’immobiliare per avere alloggi a pigioni sostenibili»» ha commentato recentemente su Cooperazione l’urbanista Sergio Rovelli di Planidea, studio che ha realizzato numerose analisi per l’ente pubblico.
Si sapeva da 15 anni L’inattività delle autorità politiche è ancor più incomprensibile, visto che la scadenza dei sussidi era conosciuta da quindici anni. Giudicato inefficace, a inizio millennio il parlamento federale aveva abolito quel sistema, sostituendolo nel 2003 con la Legge sulla promozione dell’alloggio a pigioni moderate (Lpra). I Cantoni, sostenuti da fondi della Confederazione, avrebbero dovuto implementare delle misure d’intervento pubblico e in sinergia col privato, finalizzate ad alloggi a pigione moderata. Tra queste misure, centrale era il fondo d’intervento pubblico sul mercato immobiliare. Non che tutto vada per il meglio nel resto del Paese, ma diversi cantoni e centri urbani si sono attivati adottando una serie di misure, a differenza del Ticino e delle città ticinesi.
La sveglia a Beltraminelli A scadenze regolari, l’Associazione degli inquilini (Asi) suona la sveglia a Paolo Beltraminelli, il consigliere di stato incaricato di varare il Piano cantonale dell’alloggio. «Dopo nuovi solleciti, nel luglio 2016 finalmente siamo stati informati che il Pca entro metà settembre 2016 sarebbe stato adottato dal Consiglio di Stato ed entro fine 2016 sottoposto al Gran Consiglio per la sua concretizzazione» scriveva un’amareggiata Elena Fiscalini, presidente dell’Asi, nella rubrica su area. Da allora, del Piano cantonale dell’alloggio non si sa più nulla.
In città nessun progresso Per quel che concerne l’inattività dell’esecutivo luganese invece, area aveva intervistato un anno e mezzo fa la municipale socialista Cristina Zanini-Barzaghi. Avendo ereditato il dossier da pochi mesi, Zanini aveva riconosciuto i ritardi ma promesso dei «passi concreti in autunno». A diciotto mesi di distanza, area la incontra per fare il punto. Diciamo subito che di progressi visibili non ve ne sono stati. La creazione dell’ente pubblico col fondo da 10 milioni è in alto mare, mentre la novità data oggi per imminente (ma era già stata annunciata per fine estate), dovrebbe essere la pubblicazione «in tempi brevi» del bando di concorso per lo stabile con appartamenti a pigioni accessibili di via Lambertenghi. «Abbiamo già una bozza di bando ma non vi è unità di pensiero sui criteri di selezione dell’ente di pubblica utilità» spiega la municipale, riconoscendo parte delle sue responsabilità. Ma il dossier degli alloggi a pigione moderata andrebbe a rilento perché «sono richieste molte azioni, non tutte semplici da attuare. E a seconda dei temi ci sono resistenze più o meno velate a più livelli». Stando alla municipale, la lentezza è in gran parte imputabile alla mancanza di modelli locali di riferimento nel settore e all’enorme ritardo culturale accumulato a Lugano sul tema dell’alloggio. A differenza di altri centri urbani della Svizzera tedesca, dove la questione degli alloggi a pigione moderata è stata presa in mano dalle autorità molti decenni fa con l’attuazione di politiche prioritarie, al Sud delle Alpi da sempre vige il laissez-faire dei privati senza alcun intervento pubblico e senza l’elaborazione di una visione pianificatoria d’insieme, nell’interesse di tutta la cittadinanza. «Con tanto sfitto sul mercato, è difficile motivare l’avvio celere di nuovi cantieri. Ci stiamo quindi concentrando anche sulla manutenzione dei 300 appartamenti a pigione moderata della città già esistenti: l’ente pubblico deve dare l’esempio nel rinnovare in modo semplice senza dover alzare le pigioni» assicura la municipale, aggiungendo che sta girando la Svizzera per raccogliere informazioni su esperienze e politiche già collaudate. Nel mentre sul fronte locale sta cercando di raccogliere dati statistici, finora inesistenti. «Un lavoro prezioso e purtroppo invisibile», afferma la municipale. Probabile che prima di veder concretizzata una politica dell’alloggio a pigione moderata al Sud delle Alpi, di acqua sotto i ponti del fiume Cassarate ne passerà ancora parecchia.
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