Dati inosservati, poco presi in considerazione nei commenti su elezioni politiche (come quelle recenti europee). Il fatto è che capitano in una istituzione, la Borsa (il mercato finanziario), che pretende di interpretare e dominare il mondo, segnandone i destini. Ritenuta oltretutto “razionale” per definizione da chi vi opera o dai giornalisti che ne scrivono (“i mercati azionari stanno mostrando nuovamente la loro razionalità”, scriveva uno di loro in questi giorni su un nostro quotidiano). Me ne parla un amico francese (docente di economia all’università di Grenoble) in una telefonata dopo le recenti elezioni nel suo paese, lo scioglimento dell’Assemblea nazionale annunciato da Macron come reazione alla vittoria della destra, il marasma che ne è seguito, la coalizzazione tardiva della sinistra. Mi ha scompigliato e tristemente divertito. I mercati finanziari sono sotto pressione: vince la destra e si rassicurano. Essendo però per necessità di sopravvivenza “anticipatori”, nutrono sospetti e prudenza su quel che potrebbe arrivare come reazione o avversione. Si osserva che due “valori” (due titoli), in certo qual modo legati alla Cina, ringalluzziscono fuori misura, diversamente dal calo o dall’attesa degli altri. Tiene molto bene, tanto da registrare un botto di crescita dell’8 per cento, una società di videogiochi (Dont’Nod), fondata a Parigi nel 2008 (in piena crisi finanziaria). Sembra uno scherzo. Data spacciata per bancarotta nel 2014 era stata salvata da un investimento pubblico e dalla generosità fiscale di Macron. Quella società e il titolo promettono periodi fulgidi per una mossa capitalistica: l’arrivo della cinese Tencent Holdings come azionista maggioritario, ma anche come società che rappresenta uno dei principali conglomerati tech più avanzati in vari settori (energie alternative, fotovoltaico, batterie) e come azienda di videogiochi più grande e spettacolare al mondo (in un paese che, imitando gli Stati Uniti, ha proibito ai dipendenti pubblici il cinese TikTok per motivi di sicurezza). Il contrario dell’ideologia sovranista. A metà strada, sempre con la Cina, ci si imbatte persino in Remy Cointreau, classico e identitario cognac francese. Quotato in Borsa, tiene molto bene. È però ritenuto sotto minaccia di ricatto. Ci sono di mezzo le auto elettriche cinesi, ammucchiate nei porti francesi, su cui l’Europa (imitando il presidente degli Stati Uniti Joe Biden) annuncia forti prelievi di diritti doganali per opporsi a ciò che definisce dumping statale cinese e per evitare un crollo dell’industria automobilistica. Pechino non starà a guardare e si dà per certo che nella sua “risposta” metterà cognac e champagne, che godono di grande e vitale mercato nella Cina dei milionari, dei burocrati statali, della classe media che vuole godersela. Perché raccontare questo ai lettori di area? Perché è un bell’esempio di quella sorta di ecofinanzagioco, in cui ci siamo dentro tutti. È la conferma della teoria della farfalla (una farfalla batte le ali a Pechino o New York e a Parigi o a Berna arriva la pioggia invece del sole, parafrasando la frase con cui nel film Jurassic Park si spiega la teoria del caos), un esempio delle singolari correlazioni e contraddizioni che si stabiliscono tra politica, geopolitica, economia, finanza, destra e sinistra. Che in un modo o nell’altro ci intrappolano tutti. Così commenta il mio amico professore a Grenoble. FOTO: unsplash |