“Che cosa ho fatto dei miei anni? Dove ho sepolto il mio tempo migliore?” chiedeva nottetempo, alle strade e alle case di San Pietroburgo, Il Sognatore delle Notti Bianche di Dostoevskij, un under30 qualsiasi, occupato a guadagnare male e vivere ancora peggio, che non dorme non parla ed è solo come tanti giovani anche dalle nostre parti. Non è pietismo né forzatura letteraria: il problema esiste e molti studi – laddove non bastasse la saggia consapevolezza popolare di un mondo del lavoro parecchio degradato – continuano impunemente a dimostrarlo. L’ultimo, un sondaggio di Unia che ha chiesto conto a 1.100 apprendisti svizzeri del loro stato di salute sul lavoro e delle loro condizioni d’impiego: oltre la metà di loro è sempre o spesso stressata (53,2%) e lavora oltre 9 ore al giorno (illegalmente), sono frequenti le molestie sessuali (il 27,9% tra le donne e il 7,8% degli uomini ne ha subita una) così come mobbing ed episodi di razzismo. Un apprendista su quattro, in Svizzera, abbandona il tirocinio intrapreso.

 

Ismael Camozzi, co-coordinatore del Sindacato indipendente studenti e apprendisti (Sisa), in merito al tasso di abbandono dell’apprendistato sostiene in primo luogo che «le cause si possono ricondurre al fatto che coniugare scuola e lavoro sia molto difficile, senza contare che gli apprendisti e gli studenti che dopo la scuola obbligatoria entrano nel mondo del lavoro si ritrovano in un contesto di socializzazione scoraggiante, con un’importante precarietà formativa e lavorativa. Questo fa perdere ai giovani fiducia nel mondo lavorativo e li fa deviare piuttosto su un percorso di scuola a tempo pieno». Analizzando i dati in base alle Grandi Regioni, emerge inoltre come i tassi di disdetta del contratto di tirocinio siano più alti nella Regione del Lemano e in Ticino. Nel nostro Cantone – prosegue Camozzi – ciò potrebbe essere in parte spiegato da un disagio giovanile in aumento: «Un nostro rapporto sindacale, svolto due anni fa, registrava che un terzo dei giovani in Ticino soffre di sintomi depressivi gravi. Questo genera anche diverse assenze dal lavoro e da scuola».

 

Il Sisa è composto da ragazzi e ragazze che operano per la tutela dei giovani che studiano e lavorano, conosce quindi bene la realtà di queste categorie e ha rilevato come, negli ultimi due anni, le segnalazioni inerenti ad abusi contrattuali siano state numerose: «Molti apprendisti lamentano di dover lavorare più di due weekend al mese, sono costretti a lavorare il weekend prima di scuola e durante i festivi infrasettimanali; spesso sono anche costretti a lavorare di notte senza la loro autorizzazione firmata, cosa che è illegale. Molti non si sentono poi accompagnati sul posto di lavoro, segnalando un rapporto squilibrato tra persone diplomate e formatori: in un turno di lavoro, ad esempio, possono essere presenti 4-5 apprendisti con una o due persone diplomate, che di conseguenza non riescono a seguirli». Abusi e risorse adeguate per formare i giovani sono aspetti che i vari Cantoni sono incaricati di monitorare tramite i controlli presso le aziende formatrici. Tuttavia, oltre la metà degli apprendisti ha dichiarato nel sondaggio che la propria ditta non è mai stata controllata dall’Ufficio della formazione professionale. Per Ismael Camozzi, anche in questo ambito, non mancano gli abusi: «Gli apprendisti riferiscono di visite parziali da parte degli ispettori, visto che sono programmate e svolte in presenza del datore di lavoro. Diversi apprendisti sono stati intimiditi dal formatore o dal responsabile perché non riportassero situazioni di disagio o di mancato rispetto delle regole contrattuali, pena: ricevere valutazioni semestrali o annuali negative».

 

Oltre agli abusi, stress e insoddisfazione

Lo sfinimento, sia fisico che mentale, riguarda quindi la maggioranza degli apprendisti interpellati. Se oltre la metà si dichiara sempre o spesso stressata, una parte ancor più nutrita afferma di sentirsi sempre o spesso esausta (66,6%) – con conseguente aumento del rischio di malattie e di infortuni. La tendenza accomuna giovani e adulti, presso i quali si riscontra il medesimo andamento negativo in termini di stress sul lavoro e burnout, anche se i ragazzi sembrano soffrirne in misura maggiore: «I ragazzi sono più esposti a causa della precarietà – continua Ismael Camozzi –, in particolare per le violazioni delle regole contrattuali. In secondo luogo, spesso gli apprendisti si sentono abbandonati sul lavoro a causa della mancanza di formatori. Questo genera lacune a livello pratico e teorico, e da qui il timore di non riuscire a passare l’anno o a portare a termine la formazione. In aggiunta a tutto ciò, vi è anche la sfiducia verso le figure preposte al controllo delle condizioni lavorative e, infine, sottolineiamo che gli apprendisti hanno poco tempo libero da dedicare alla socializzazione. La maggior parte ha solo 5 settimane di vacanza l’anno e, dai 20 anni in poi – a parte le aziende che accordano più vacanze –, possono addirittura avere solo quattro settimane. Questo è un fattore che incide molto sullo stress».

 

Molti gli aspetti su cui urge intervenire

Per migliorare le condizioni di lavoro degli apprendisti – e quindi migliorarne la qualità di vita sociale e di salute – a fronte della situazione emersa dal sondaggio di Unia il Sisa rivendica l’aumento delle settimane di vacanza da 5 a 10 l’anno, chiede un salario minimo di 1.000 franchi, l’introduzione di un controllo obbligatorio sui turni di lavoro degli apprendisti nonché il potenziamento dell’ispettorato di tirocinio. Fondamentali, inoltre, vengono ritenuti anche maggiori investimenti sulle figure dei formatori – affinché ve ne siano a sufficienza per seguire i giovani – e il potenziamento dello statuto culturale delle scuole professionali: «Negli ultimi anni – conclude Camozzi – la tendenza è stata quella di tagliare dai programmi scolastici materie umanistiche come italiano e storia. Ciò significa che gli apprendisti non ricevono una formazione completa o la possibilità di formarsi uno spirito critico».

Pubblicato il 

30.07.24
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