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La ditta svizzera che asfalta parcheggi e diritti, anche in Ticino

Da inizio 2025, un’impresa poco trasparente impiega lavoratori stranieri reclutati in nero su Facebook. Sanzionata da diversi cantoni, è stata scoperta ad operare nel Mendrisiotto. Ambrosetti (AIC): guai ad abbassare la guardia

Si dice che la via dell’inferno sia spesso lastricata di buone intenzioni, e visti i recenti avvenimenti non ci sarebbe da stupirsi se la trovassimo anche ben asfaltata, magari da una ditta che opera illegalmente reclutando lavoratori in nero. È proprio questo il metodo adottato da un’azienda registrata a Baar, nel Canton Zugo, che ad aprile di quest’anno è stata scoperta in Ticino ad eseguire lavori di asfaltatura avvalendosi di manodopera proveniente dalla Romania, reclutata tramite Facebook, non notificata e senza contratto di lavoro. Ad effettuare i controlli, su segnalazione dell’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini, è stata l’Associazione interprofessionale di controllo (AIC), che ha immediatamente riferito agli organi competenti. L’azienda – con macchine e attrezzature noleggiate in Svizzera e automezzi con targhe polacche – agirebbe in maniera molto semplice: presentandosi presso piccole o medie imprese, offrendo lavori di posa d’asfalto (eseguiti rapidamente e a poco prezzo) e chiedendo una contropartita immediata e in contanti.

A partire da gennaio di quest’anno, secondo informazioni di area, la stessa azienda avrebbe operato con modalità simili anche in altri cantoni svizzeri, che contro di essa avevano già emesso diverse sanzioni: cabotaggio, mancata notifica, irregolarità nelle ore di guida e inadempienze nel versamento della tassa sul traffico pesante. Il titolare, residente in Irlanda, è riconducibile pure a un’altra azienda (che porta lo stesso nome) che pubblicizza i propri servizi a Linz, in Austria, e a un’altra ancora registrata in Francia, contro la quale il Cantone di Zugo aveva già emesso un divieto dopo che la stessa si era rifiutata di fornire le informazioni richieste dal cantone in merito alle condizioni salariali e lavorative.

 

 

Non stupisce, in effetti, che l’azienda possa essere stata poco collaborativa: da quanto emerso dai controlli eseguiti dall'AIC nel quadro di una posa d’asfalto nel parcheggio di un’azienda del Mendrisiotto, appunto, a inizio aprile, è emerso che degli otto lavoratori impiegati, tutti rumeni, solo due erano in possesso di una notifica d’assunzione d’impiego presso un datore di lavoro svizzero (notifica, peraltro, attiva nel Canton Ginevra). Gli operai, reclutati dalla Romania tramite Facebook, hanno inoltre dichiarato di non sapere quanto sarebbero stati pagati per il loro lavoro e di non aver sottoscritto alcun contratto. «Questo fatto dimostra la necessità assoluta – ci dice il presidente dell’AIC Renzo Ambrosetti di essere presenti sul territorio. Questo caso specifico è stato scoperto da noi, e dimostra l'utilità di essere quanto più possibile vigili. L'abbiamo ribadito in occasione dell'ultima assemblea: circa il 20% delle aziende estere trasgredisce le regole. Questa, poi, è un'azienda estremamente complicata dal profilo della struttura, e degenerazioni simili del mercato del lavoro devono far riflettere. È quindi assolutamente necessario che non si abbassi la guardia nell’ambito dei controlli». A dover rimanere vigili, per Ambrosetti, sono anche i titolari d’azienda: «Chi pensa di fare il furbo o di ottenere con queste modalità un vantaggio, dovrebbe pensarci due volte. Se si presenta un camion con targa straniera, che scarica l'armatura e le macchine per fare un lavoro, i titolari dovrebbero rendersi conto che qualcosa non va. Anche perché il giorno dopo si telefona alla ditta che ha eseguito i lavori e il numero di telefono non risponde più».

Il fatto che l’azienda possa non rispondere più al telefono non va però frainteso: non significa che smetta di operare, magari è solo impegnata ad affinare la tecnica. Sempre secondo informazioni di area, infatti, non più di due settimane dopo essere stata scoperta, la medesima impresa è stata pizzicata di nuovo, sempre nel Mendrisiotto. Stavolta, sul posto, le autorità hanno constatato che i mezzi pesanti erano stati sdoganati (recavano, quindi, targhe svizzere e non più polacche), e che l’asfalto – prima ottenuto da un produttore ticinese – era stato reperito nel Nord Italia e poi trasportato in Ticino. «Fornire materiale a queste aziende – conclude Ambrosetti – dovrebbe essere illegale. Al di là di questo, la ditta in questione, probabilmente, non lavora più in Ticino: ha sul collo le multe emesse dalle drogane, le contravvenzioni della polizia e sicuramente le sanzioni del cantone, perché non ha rispettato le misure previste dal Contratto collettivo e per i lavoratori distaccati. Bisogna riuscire a colpire chi sta a monte, i veri farabutti, che registrano la ditta in altri Cantoni, con filiali all’estero che, poi, cambiano nome. Con la polizia e le guardie di confine, in Ticino, si è costruita una sinergia performante, così come con le commissioni paritetiche e con l’ufficio della sorveglianza del mercato del lavoro. Siamo un unicum a livello svizzero, e il risultato è che i controlli funzionano».

Pubblicato il

04.06.2025 16:04
Federica Bassi
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