La deriva nazionalconservatrice del Partito radicale svizzero

Domani, sabato 5 marzo, i delegati del Partito radicale svizzero (Prd) eleggono il loro nuovo presidente. Leggendo alcuni articoli sui due candidati mi ha colpito un fatto. Nello scorso autunno Georges Theiler ha firmato una mozione dei Democratici svizzeri, partito di estrema destra, che chiede “l’abolizione pura e semplice” dell’articolo del Codice penale contro il razzismo. Mi sono chiesto: è possibile che un partito che sostiene di difendere i valori liberali voglia eleggere alla presidenza un personaggio che non è ancora riuscito ad interiorizzare alcuni valori chiave del liberalismo, come il rispetto della dignità umana e la tolleranza? Purtroppo costato che è così, visto il sostegno di cui gode Theiler e lo scetticismo con cui viene accolto il discorso liberale e di apertura di Fulvio Pelli. Confrontata con la posizione di Theiler sulla norma antirazzismo la presidente ad interim del Prd ha affermato: «Deve sapere da solo quello che firma» (tachles, 11.02.2005). Nessuna critica, nessuna presa di distanza. L’appoggio considerevole su cui potrà contare domani Theiler è emblematico perché mette a nudo una tendenza sempre più manifesta che vede questo partito allontanarsi dai valori liberali fino ad assumere posizioni nazionalconservatrici, per paura ossessiva e quasi irrazionale di perdere elettori a vantaggio dell’Udc. «Il Prd deve avere il coraggio di distanziarsi chiaramente dall’Udc», ha dichiarato recentemente il noto intellettuale ginevrino ed ex parlamentare federale radicale Gilles Petitpierre. La progressiva udicizzazione del Prd non è una tendenza così isolata. Nelle elezioni cantonali a Zurigo, domenica scorsa, i radicali avevano sostenuto il candidato dell’Udc invece del Pdc. E hanno perso. Alle nostre latitudini basti pensare alle posizioni populiste del presidente Plr di Lugano contro la naturalizzazione facilitata dei giovani. Intanto, è dal 1979 che il Prd perde costantemente consensi a livello federale (1979: 24,1 per cento; 2003: 17,3 per cento). Tiene ancora in Ticino, è vero. Ma sempre meno a Lugano dove da almeno 10 anni, ossia da quando si ritrova con il presidente attuale, perde fra 200 e 300 elettori ad ogni appuntamento elettorale comunale. Che cosa vuole il Partito socialista? La risposta è semplice. Se il Ps dovesse fare un calcolo puramente partitico e tattico può solo augurarsi che domani venga eletto Georges Theiler. Ciò farebbe avvicinare il Prd ancora di più all’Udc e alla destra nazionalconservatrice, lasciando al centrosinistra la strada libera per attirare quella parte del Prd liberale e aperta al mondo, soprattutto nei centri urbani. Ma chi, come il Ps, ha una visione più larga della società e un obiettivo strategico a medio e lungo termine non può che auspicare che il Prd sappia ritrovare un’identità chiara e distinta, autenticamente liberale, la cui visione dell’economia e del ruolo dello Stato ci vedrà sicuramente avversari sul piano politico ma con cui potremo lavorare per costruire una società più aperta, più giusta, più solidale, più rispettosa dell’ambiente. E anche più liberale. * Nenad Stojanovic è membro di Direzione del Partito socialista svizzero

Pubblicato il

04.03.2005 04:30
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