La democrazia si è fermata a Landquart

«Ho pensato: da qui non esco viva». «Non vedevo nulla, sentivo solo grida ed esplosioni». «Avevo paura, mi sono accucciata per terra. Quando ho alzato la testa, un poliziotto mi ha colpito col manganello». Per centinaia di persone, sabato 24 gennaio 2004 Landquart è diventata una piccola Genova. Un incubo popolato di Robocop che tengono il ritmo di marcia battendo i manganelli sugli scudi. Una storia zeppa di armi. Sette ore in balia del corpo anti-sommossa svizzero, austriaco e tedesco. Una pagina nera per la Confederazione, che in un giorno ha mandato a farsi benedire la Costituzione e i Concordati intercantonali di polizia. Col tetro placet dei media: erano a Landquart, ma non hanno raccontato all’opinione pubblica quello che giornalisti e fotografi non possono dire di non aver visto. A fare informazione ci hanno pensato Woz, Vorwärts, Le Courrier e i testimoni, che hanno affidato resoconti e immagini ai gruppi “anti-repressione” e ad Indymedia. Sono univoche, le testimonianze di chi a Landquart c’era: sindacalista o anarchico, adolescente e pensionata, che fosse in testa oppure in coda al treno, che volesse manifestare o tornare a casa, ogni persona racconta la stessa vicenda amara. Cominciamo dal principio: il treno Coira-Zurigo delle 15.22. Parte in ritardo e zeppo di manifestanti, ci sono turisti e persino bambini. Il viaggio si svolge normalmente: a bordo circola pure il Minibar. I primi vagoni sono “molto colorati, ricoperti di spray”. Alle 16 la fermata a Landquart: la metà delle persone decide di scendere e seguire l’Alleanza Rivoluzionaria. Ancora incerto lo scenario: se aspettare gli altri di ritorno da Davos o raggiungere Sargans, dove due pullman erano stati fermati dalla polizia. L’altra metà rimane a bordo, con l’intenzione di proseguire la corsa verso casa. Ma l’altoparlante annuncia che il treno non sarebbe ripartito. «Ridendo, un agente mi ha detto che saremmo rimasti qualche ora a Landquart». Nel sottopassaggio della stazione: «ci siamo accorti che l’area era blindata. Alle spalle della polizia, una cinquantina di neo-nazi con striscioni, bottiglie e sassi. Gli agenti tedeschi simpatizzavano apertamente con loro». I manifestanti tirano palle di neve, la polizia passa all’azione: idranti e lacrimogeni. Indietro tutta, si torna sul treno. Alle 17.40, comincia la rumba. «Sono saliti sul treno Robocop di Ginevra, gridavano: Op, allez! E giù colpi di manganello». Un agente lancia un candelotto di gas nei corridoi, che si riempiono di fumo. Rischiando di ammazzare qualcuno: in ambienti chiusi, il gas Cs può uccidere. Di nuovo tutti giù dal treno, stavolta in fuga. La polizia provvede ai più lenti: li tira giù a calci, li trascina per i capelli. Alcuni siedono sul marciapiede, le mani in alto in segno di resa. «Sono arrivati agenti di Ginevra e Vaud, in parte a viso coperto. Battevano ritmicamente sugli scudi con i manganelli. Hanno preso a colpire la gente seduta coi Tonfa e poi con lo spray al pepe. L’unica via di fuga era una pioggia di gas, granate detonanti e pallottole di gomma». Una ragazza ha un attacco epilettico, molti sono feriti: nessuno viene soccorso. Alle 18.45 arriva il primo annuncio della polizia: i giornalisti sono pregati di allontanarsi. L’anti-rep riferisce che nessuno di loro ha accettato. Intanto gli avvocati cercano la trattativa con le forze dell’ordine e da Davos arriva Hans Peter Michel, l’anno scorso mediatore fra manifestanti e governo: non ottiene spiegazioni. Di lì a poco, comincia la “triage”: le persone vengono divise in base al sesso, alla taglia corporea, a come sono vestite. E portate via cinque alla volta per attraversare un circuito a tappe per la perquisizione. «Sembrava un dispositivo preparato ben prima dell’arrivo del treno». La maggior parte fanno tutto il circuito ammanettati, mentre «un altoparlante scandiva gli ordini, in stile militare». Nessuna informazione, doppio controllo personale più la sosta per foto e filmini. Oltre all’identità, gli agenti chiedono «un numero di telefono», cosa che la legge non prevede. Chi è vestito di nero o porta striscioni viene marcato con un numero sull’avambraccio e portato nel parcheggio sotterraneo del vicino supermercato Coop. Alle 21 la polizia ricomincia a spingere la gente verso i binari: calci, scudi e manganelli. L’ultimo treno riparte da Landquart alle 23.30, il portavoce della polizia dei Grigioni racconta in tv: «i manifestanti hanno bloccato e distrutto un treno». Il giorno dopo, l’Ats dà i numeri: sono state schedate 1082 persone, 200mila franchi i danni materiali. L’avvocato Daniele Jenni insieme all’anti-rep sta preparando le denunce per le molte violazioni del 24 gennaio. I Verdi chiedono una commissione parlamentare d’inchiesta, nei Grigioni e nei cantoni che hanno inviato agenti a Landquart. * Testimonianze tratte da: www.woz.ch, www.lecourrier.ch, www.indymedia.ch, http://pigbrother.info, www.anti-rep.ch.

Pubblicato il

06.02.2004 01:30
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