La cultura dell'emergenza

Il dibattito su sicurezza e criminalità è sfuggito alla razionalità. L'omicidio di un ventiduenne ticinese al carnevale di Locarno da parte di tre giovani cresciuti in Ticino ma originari dei Balcani ha soltanto accelerato il degrado della discussione. Che da quel momento è saldamente in mano alla destra populista e a chi il populismo occasionalmente lo cavalca. Gli interventi più assennati sono quelli di coloro che invocano una sentenza esemplare: che è esattamente quanto fanno gli Stati totalitari quando hanno paura di perdere il controllo della situazione.
L'irrazionalità di questo dibattito si basa su due assunti non provati. Da un lato il fallimento delle politiche d'integrazione. Come dire: integrare è inutile, per certa gente serve solo il pugno di ferro. Che è quanto negli ultimi tre anni Christoph Blocher ha fatto a livello federale: più leggi e mezzi per la repressione e l'emarginazione, ancor meno strutture e programmi per l'integrazione. Una politica che pagheremo a caro prezzo negli anni a venire. In realtà ci si dovrebbe chiedere se delle vere politiche d'integrazione sono mai state attuate negli ultimi vent'anni, al di là di qualche esercizio-alibi. Che le città svizzere stiano ancora compiendo opera da pioniere (cfr. articolo a pag. 9) la dice lunga.
L'altro assunto non provato è che la criminalità dei giovani stranieri sarebbe in drammatico aumento. Può darsi, ma non c'è nessuna base scientifica per dirlo, dato che una raccolta e un'analisi seria dei dati in merito non sembra interessare a nessuno (cfr. articolo a pag. 8). Quel che conta è ripetere fino alla noia il ritornello per invocare come un angelo salvifico la "tolleranza zero". Ma a parte il pugno di ferro, che cosa si è disposti ad offrire a dei giovani disorientati da una società sempre più competitiva? Che ascolto reale è stato dato loro in passato? E che rapporto costruttivo si è disposti a stabilire con loro negli anni a venire? Le risposte non ci sono: troppo faticoso pensarle, troppo complicato ridurle ad un titolo di giornale, per nulla pagante elettoralmente.
In questa isteria collettiva non stupisce che nel Gran Consiglio ticinese sia passata come una lettera alla posta la Legge sulle misure contro la violenza in occasione di manifestazioni sportive. Che tra l'altro prevede la possibilità di arrestare una persona fino a dieci giorni su semplice ordine di un ufficiale di polizia – soltanto oltre il decimo giorno deve intervenire un magistrato per convalidare la misura. A titolo di confronto, l'arresto di un presunto assassino dev'essere convalidato entro le 24 ore da un giudice. Queste misure sono applicabili anche alle partite trasmesse in pubblico su maxischermi. Certo, hanno validità solo fino al 2009. Ma, come i vergognosi arresti di massa ai danni di un intero treno di tifosi del Basilea o di giovani manifestanti lucernesi in occasione dei sorteggi degli europei di calcio, potrebbero essere anche un banco di prova: dopo i maxischermi i concerti, dopo i concerti i carnevali, dopo i carnevali tutte le manifestazioni di piazza? Nella cultura dell'emergenza tutto diventa possibile.

Pubblicato il

22.02.2008 00:30
Gianfranco Helbling
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