La crociata contro il voto all’estero

A leggere le dichiarazioni sul voto all'estero a seguito del "Caso Di Girolamo", è difficile ergersi a difensori della legge 459/2001, la così detta Legge Tremaglia, anche per uno come il sottoscritto da sempre strenuo difensore del voto all'estero.
Tuttavia non credo proprio che non sia servito a niente avere in parlamento i "nostri" deputati e senatori eletti all'estero ed a molte critiche, peraltro non nuove, non vale più la pena di rispondere. Come pure non credo proprio che si possa essere d'accordo  con quanti vogliono buttare a mare il voto all'estero.
Certo il sistema elettorale del voto all'estero, alla prova dei fatti, ha mostrato delle crepe e quindi va corretto. Su questo non ci piove! Per esempio l'elettorato passivo deve essere residente all'estero da un minimo di anni (cinque?) per evitare il ripetersi di truffe alla Di Girolamo.
Un'altra modifica da apportare alla legge attuale è quella di invertire l'attuale opzione (tutti elettori nella Circoscrizione Estero, salvo poter optare per il voto nel collegio italiano rientrando in Italia) e far sì che il voto per corrispondenza sia consentito unicamente su esplicita richiesta dell'elettore al Consolato di riferimento ad ogni appuntamento elettorale oppure ad ogni inizio anno.
Solo questa modifica potrebbe ricondurre il voto per corrispondenza ad una maggiore affidabilità e determinerebbe anche un notevole risparmio per l'erario: infatti l'invio del plico elettorale sarebbe limitato a chi è interessato a votare e in secondo luogo impedirebbe il mercato dei plichi destinati ad elettori disinteressati al voto o di quelli che ritornano indietro (circa il 20%) ai consolati a causa di indirizzi errati. L'occasione per sperimentare l'efficacia di questa nuova opzione invertita potrebbe avvenire già con le prossime elezioni dei Comites, tempi permettendo.
Ma un conto è voler correggere il sistema di voto e tutt'altra cosa è voler mettere in discussione la legge 459/2001 che è stata il riconoscimento, sia pure molto tardivo, di un diritto democratico di rappresentanza degli italiani all'estero. Un diritto che, vista la collocazione geografica di milioni di elettori residenti all'estero, non può che essere espletato attraverso il voto per corrispondenza. Inutile cercare altre soluzioni impraticabili come quella, ventilata da molti, di costituire dei seggi presso la rete diplomatico-consolare.
D'altra parte, se si vuole mettere in discussione l'affidabilità del voto per corrispondenza, stiamo attenti che pure il voto nei seggi non è una garanzia assoluta. Basti pensare, per esempio, a quanto accadde alcuni anni or sono in Sicilia dove Forza Italia vinse facendo cappotto con sessantuno eletti in parlamento a Roma su sessantuno che spettavano a quella Regione. Fu un risultato proprio così democratico? Boh!

Pubblicato il

02.04.2010 14:00
Dino Nardi
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