In Ticino parte l'ennesima battaglia referendaria contro uno sgravio fiscale. A lanciare la raccolta delle firme contro la riduzione dal 9 all'8,5 per cento del tasso d'imposizione degli utili delle persone giuridiche decisa mercoledì dal parlamento cantonale è il Partito socialista (Ps). Ma è ormai certa l'adesione al referendum anche di altre forze, in particolare sindacali, come l'Unione sindacale svizzera e Unia (cfr. riquadrato).

Il referendum è la logica conseguenza del voto contrario della sinistra allo sgravio fiscale per le persone giuridiche che fanno utili, misura contenuta nel piano anticrisi che il cantone si è dato per contrastare questo periodo di recessione. A causa di questo regalo alle casse del cantone mancheranno 14 milioni all'anno, mentre ai comuni potrebbero mancare fino ad 11,5 milioni. A rendere più sconcertante la misura c'è il fatto che essa sia stata resa definitiva dal parlamento, dopo che il governo l'aveva proposta come transitoria.
Per Manuele Bertoli, presidente del Ps e relatore del rapporto di minoranza della Commissione della gestione, il referendum contro questo sgravio fiscale lo si deve fare, anche se il periodo per raccogliere le firme è poco favorevole: «Se non si reagisce a queste cose, quando lo si fa?». La cosa è ancor più complicata dal fatto che la sinistra rischia di arrivare da sola a sostenere questa battaglia: la sostituzione in governo di Marina Masoni con la radicale Laura Sadis toglie qualche possibile alleato, dando delle effettive chance in più alla destra di portare a casa l'ennesimo regalo fiscale a chi non sa che farsene.
Il giudizio di Bertoli sul pacchetto anticrisi è nel complesso assai poco entusiasta: «Non è l'occasione che avrebbe potuto essere per attuare quelle misure strutturali che oggi sono necessarie. La crisi ha dimostrato che lo Stato è uno degli elementi forti della coesione e del sostegno della società nel suo complesso. È arrivato al punto di metterci 68 miliardi per salvare Ubs. Con molti meno soldi potrebbe sostenere in maniera duratura molte altre cose che in Ticino sono rimaste al palo negli ultimi anni, non seguendo l'evoluzione dei bisogni».
Invece di provvedimenti sociali nel pacchetto ce n'è pochi. C'è il potenziamento temporaneo (per due anni) degli assegni familiari integrativi («un potenziamento che noi avremmo voluto fosse definitivo»); c'è il rafforzamento di alcuni servizi statali che negli anni scorsi erano stati ridotti all'osso; c'è un aumento del limite per accedere alle borse di studio e la possibilità di percepirle fino a 50 anni, «quando solo 7 mesi fa si voleva trasferire un terzo delle borse ai prestiti», rileva Bertoli. Con questo piano «si spera che un intervento puntuale permetta di superare indenni il temporale. Confidando poi nell'arrivo del bel tempo», osserva Bertoli.
Insomma, malgrado la crisi profonda in cui si è cacciata l'economia mondiale, le idee che governano la linea politica del governo ticinse non sono cambiate: neoliberali erano e neoliberali sono rimaste. «Sì, il concetto alla base del pacchetto anticrisi poggia sullo stesso impianto concettuale che ha portato alla crisi», dice Bertoli. «Questo spiega perché si regalino un sacco di soldi con gli sgravi fiscali a chi di questi regali non ne ha bisogno, sottraendo risorse allo Stato in un periodo in cui ne ha drammaticamente bisogno. E li si regala oltretutto con l'unica misura strutturale, cioè duratura, dell'intero pacchetto anticrisi».
A stridere nel pacchetto passato mercoledì in parlamento ci sono anche le proporzioni: 25 milioni regalati definitivamente e ogni anno alle persone giuridiche che fanno utili, soltanto 8 milioni spalmati su tre anni per incentivare gli investimenti nelle energie alternative e nel risparmio energetico. Ma sul tappeto c'è anche l'iniziativa popolare "Per il risparmio energetico e per la riconversione energetica degli alloggi", lanciata questa primavera da un'ampia coalizione di forze della sinistra, ambientaliste e sindacali. «Martedì abbiamo presentato l'iniziativa alla Commissione della gestione. Abbiamo chiesto che faccia il suo iter istituzionale in tempi rapidi, proprio perché è stata pensata anche come misura anticrisi. Essa chiede grosso modo che siano investiti ogni anno per almeno 10 anni gli stessi milioni che il pacchetto propone per energie rinnovabili e risparmio energtico su tre anni», annota Bertoli.
Intanto però cè da pensare al referendum contro lo sgravio. Con ogni probabilità entro il 20 giugno dovrà partire la raccolta di firme. C'è tempo 45 giorni per metterne assieme 7 mila. Un'impresa difficile ma non impossibile anche in pieno luglio, come ben dimostrato anche in passato quando si dovette passare l'estate a raccogliere le firme contro chi voleva forzare a tutti i costi dei regali fiscali ingiustificati. La storia si ripete.


Lurati: «subito il secondo pacchetto»

Lo sgravio d'imposta sugli utili delle persone giuridiche votato mercoledì dal parlamento? «Inutile e dannoso». Così lo ha definito nel suo intervento in Gran consiglio Saverio Lurati, deputato socialista ma anche segretario regionale del sindacato Unia e presidente della sezione Ticino e Moesa dell'Unione sindacale svizzera (Uss). Lurati ha del resto anticipato ad area l'adesione di Uss e Unia al referendum che verrà lanciato dal Ps contro lo sgravio. Ma anche sul pacchetto di misure congiunturali votato dal parlamento il giudizio di Lurati è poco entusiasta: «lo scenario attuale è veramente preoccupante. Ritengo necessario completare l'attuale pacchetto di misure con un secondo intervento da definire in tempi molto contenuti». Il fatto è che, rileva Lurati, si sta rapidamente passando da una crisi congiunturale ad una crisi strutturale che avrà un forte impatto sull'intero apparato produttivo cantonale: «nell'industria, accanto alla sparizione di molte strutture produttive a basso valore aggiunto, ne vedremo altre riprendersi soltanto se saranno sostenute dallo Stato», rileva Lurati. Che prosegue: «nell'artigianato poi l'imbarbarimento delle condizioni di lavoro è sotto gli occhi di tutti, mentre nei servizi assisteremo ad una decimazione dei posti di lavoro, come in tutto il resto del terziario». Per Lurati è necessario mettere in atto delle misure per un rilancio competitivo e duraturo dell'industria, per cui il cantone dovrebbe predisporre dei finanziamenti ad hoc. Possibili misure: corsi di formazione e perfezionamento professionale sia per chi lavora che per chi è in disoccupazione parziale, messa in esercizio di progetti pilota,  creazione di un centro di formazione continua, estensione della possibilità del lavoro ridotto a 24 mesi su 24 (senza periodo di carenza), investimenti in macchinari innovativi, politica creditizia responsabile.

Pubblicato il 

05.06.09

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