La crisi rilancia la Linke e i Verdi

In Germania risultati delle elezioni regionali in Sassonia, Turingia e nella Saar hanno improvvisamente riacceso l'interesse per una campagna elettorale federale fin qui estremamente soporifera.

Il tracollo della Cdu della cancelliera Merkel a Saarbrücken ed Erfurt e la possibilità, almeno sulla carta, di nuove maggioranze di sinistra a Est come a Ovest, ha messo in discussione quella che fino ad ora sembrava una certezza, vale a dire la vittoria schiacciante dell'asse Cdu/Csu – Fdp alle prossime elezioni politiche. Tre settimane prima del voto federale si è ricominciato quindi a parlare di programmi e contenuti, oltre che di possibili scenari postelettorali.
Molti indicatori economici dicono che la Germania sta cominciando a vedere la luce oltre il tunnel della crisi e anche i dati dell'Agenzia federale del lavoro non riportano per il momento ondate di licenziamenti a seguito della riduzione delle commesse industriali.
In molti, sindacati compresi, sostengono però che i numeri dell'Agenzia federale del lavoro sono "truccati" dal massiccio ricorso all'orario di lavoro ridotto e alla cassa integrazione. Se, come tutti si aspettano, nel 2010 il settore automobilistico andrà in crisi dopo la fine degli incentivi per la rottamazione (già esauriti in questi giorni e che il governo federale non intende rinnovare), il rischio di diverse decine di migliaia di licenziamenti tra impianti di produzione ed indotto potrebbe diventare molto concreto. Con un milione in meno di auto vendute, queste le stime più ottimistiche per il prossimo anno, è inevitabile che il numero dei disoccupati tornerà a superare abbondantemente i quattro milioni come nel triennio 2003-2005.
Cdu ed Spd, partner nella grande coalizione, hanno peccato di immobilismo di fronte alla crisi economica internazionale: paralizzato da veti incrociati il governo non ha varato un grande piano di investimenti pubblici, il "New deal" tedesco chiesto da più parti, né ha voluto proseguire sulla strada liberista dei tagli al sistema sociale inaugurata dai governi di Gerhard Schröder.
Angela Merkel e Frank-Walter Steinmeier, ora rivali per la poltrona di cancelliere, si sono limitati a fornire crediti miliardari al sistema bancario e a mantenere in vita artificialmente il settore automobilistico con la legge sulle rottamazioni appunto. Per quanto riguarda però gli aiuti alle famiglie, le pensioni e i sussidi sociali, ma anche il sostegno alle piccole imprese o gli investimenti nella ricerca, il governo non ha mosso un dito o quasi.
Il crollo della Cdu nel voto regionale e i pessimi sondaggi per la Spd in vista del voto federale sono il risultato di questo immobilismo in politica economica e sociale. Ad approfittare del dissanguamento di Cdu ed Spd sembrano essere i partiti minori. I liberali della Fdp perché a loro va il voto dell'elettorato più liberista (a molti la crisi non sembra aver insegnato nulla…), deluso da una Cdu che da anni promette, senza poi mantenerli, consistenti sgravi fiscali alle imprese e ai redditi medio-alti. I verdi perché sempre più tedeschi pensano che dalla crisi si possa e si debba uscire con un progetto ecologico, investendo di più nelle fonti di energia rinnovabili. La Linke perché, ormai anche nei Länder occidentali (si veda il trionfo nella Saar con oltre il 20 per cento dei voti), è ritenuta da molti l'unica vera forza di sinistra e, a 20 anni dalla caduta del Muro, lo spauracchio comunista non sembra fare più presa sugli elettori.

Sondaggi imprevedibili

A poco più di due settimane dalle elezioni federali del 27 settembre i guru dei sondaggi predicano cautela. La ferita del 2005, infatti, per loro è ancora aperta. Quattro anni fa tutti, ma proprio tutti, gli istituti demoscopici tedeschi davano, fino alla vigilia del voto, un largo vantaggio all'Unione democristiana (la Cdu più i cugini bavaresi della Csu) e pronosticavano una comoda maggioranza parlamentare per la coalizione di centrodestra tra i democristiani e i liberali della Fdp. Così non fu: la Spd in una rimonta fulminante riuscì a pareggiare e l'unica via per uscire dall'empasse fu il matrimonio di interesse tra democristiani e socialdemocratici meglio noto come "Große Koalition".
Anche questa volta, a leggere i sondaggi, la Spd sembrerebbe spacciata con un misero 23 per cento dei consensi che, se confermato dalle urne, costituirebbe il peggior risultato di sempre per i socialdemocratici. L'Unione, con circa il 35 per cento dei consensi, sempre secondo la palla di vetro dei sondaggisti, dovrebbe ripetere più o meno la prova del 2005. Veri potenziali vincitori della tornata elettorale dovrebbero essere, invece, i partiti più piccoli: i liberali (15 per cento), i verdi (12 per cento) e la Linke (11 per cento). La coalizione tra democristiani e liberali sembrerebbe quindi godere ancora una volta del favore dei sondaggi, tanto che Angela Merkel e Guido Westerwelle, leader dei liberali, già litigano sulla distribuzione dei posti ministeriali nel futuro gabinetto. Ma, se la storia insegna qualcosa, i leader conservatori farebbero meglio a mostrarsi più cauti. Se, infatti, la sera del 27 la somma dei voti di Cdu/Csu e liberali non dovesse raggiungere la maggioranza assoluta, Merkel e Westerwelle saranno costretti a cospargersi il capo di cenere e a cercare in fretta un terzo partner di governo, vale a dire i verdi. Da tempo in Germania si favoleggia sulla cosiddetta "Jamaika Koalition" dai colori (nero, giallo e verde) della bandiera del paese caraibico. Che i verdi, pur di vedere realizzato alcuni punti del loro programma ecologista, siano disposti a scendere a patti con i neri dell'Unione lo hanno già dimostrato nel governo di alcune amministrazioni locali e regionali. Più difficile sembrerebbe, invece, la convivenza con i gialli della Fdp, nuclearisti convinti che con i verdi competono per i voti dello stesso elettorato borghese.
Le altre alternative ad una mancata maggioranza conservatrice, vale a dire una riedizione della Große Koalition, un governo di sinistra con Spd, Linke e verdi o la "coalizione semaforo" tra rossi della Spd, verdi e liberali, sembrano al momento irrealizzabili a causa della distanza ideologica o degli odii insanabili tra le parti in causa.

Pubblicato il

11.09.2009 03:30
Enrico Navarra