La crisi è arrivata. I primi a pagarne le conseguenze sono i lavoratori interinali del settore industriale.

«Licenziamenti in vista all'azienda Nologo. La ditta ha annunciato la soppressione di numerosi posti di lavoro. La misura prevede alcuni prepensionamenti, l'introduzione dell'orario ridotto e un numero ancora imprecisato di licenziamenti. Sono già stati avviati i contatti con i sindacati per l'allestimento di un piano sociale. Nell'autunno dello scorso anno, l'azienda aveva già proceduto alla cancellazione dei posti temporanei».
Fine di una nota di agenzia stampa nello stile purtroppo molto frequente in questi ultimi periodi. Gli spunti dati dalla notizia per approfondirla sono molteplici. In questo caso però si partirà dagli ultimi citati, i primi a subire la crisi in atto: i lavoratori temporanei.Nel settembre nero dello scorso anno, miliardi di dollari sono evaporati come neve su una spiaggia tropicale.  Col crollo borsistico è esplosa la bolla dell'illusione della crescita economica infinita costruita sull'immaterialità speculativa, cioè sul nulla.
Tra i primi ad essere travolti dalle macerie finanziarie c'era chi materialmente da tempo subiva i costi della sbornia del sistema economico. Era chi quotidianamente viveva con bassi salari e l'incertezza professionale di un lavoro precario sul quale era difficile, se non impossibile, costruire il proprio futuro. Nell'immediato dopo crisi, la botta definitiva: il licenziamento.
Sono 400mila le persone in Svizzera statisticamente rilevate come lavoratori precari, siano essi a tempo parziale, ausiliari oppure interinali. Quest'ultima categoria conta 70mila persone se considerati nella percentuale lavorativa a tempo pieno. Nella realtà, sono circa 200mila le persone alle dipendenze delle agenzie interinali presenti sul territorio nazionale, stando a quanto comunicatoci da Charles Bélaz, presidente di Swissstaffing l'associazione mantello delle agenzie interinali. Un mercato che aveva raggiunto negli ultimi anni cifre d'affari elevate. «Troppo elevate» ha detto ad area Bélaz «Un ridimensionamnto del 20 per cento riporterà il settore a valori normali». Dietro la cifra d'affari ci sono i lavoratori che, statistiche alla mano, sono i primi a pagare le ristrutturazioni in caso di crisi economiche. «Il peggioramento della congiuntura ha avuto conseguenze negative in particolare per le imprese di intermediazione di personale temporaneo e - in misura minore - per l'industria.» ha scritto il Segretariato di stato dell'economia (Seco) commentando l'aumento del tasso di disoccupazione nel mese di dicembre. Ancor peggio il bilancio di gennaio. Swissstaffing segnala un calo circa del 30 per cento dell'impiego di lavoratori temporanei. Cifra confermata dal Seco quando ha comunicato un aumento di questa tipologia di disoccupati del 30 per cento rispetto al gennaio dello scorso anno (+ 4109 persone). Secondo Bèlaz, pure direttore generale di Manpower Svizzera, saranno gli interinali i primi ad essere ri-assunti quando la crisi economica più importante degli ultimi 80 anni sarà riassorbita.
Ad oggi però nessun esperto si azzarda a dire con certezza quando questa crisi sarà superata. Nel frattempo i temporanei sono la categoria di lavoratori meno tutelati. Per loro non sono previsti piani sociali, non possono essere impiegati nel caso di ricorso aziendale ad orario ridotto, non possono godere di prepensionamenti e avendo dei salari in genere poco retribuiti, se vanno in disoccupazione, l'importo dell'indennità è generalmente scarso. Sono i fantasmi reali di una crisi che lentamente si materializza in tutta la sua drammaticità.


Tutti perdenti se isolati

Frontaliere, interinale attivo nel settore industriale. È l'identikit della prima vittima della crisi nella nostra economia locale. La prima, non l'ultima. Dal crollo borsistico, in Ticino la crisi in pochi mesi si è estesa dal settore metalmeccanico a tutta l'industria. Non si tratta di fare i pessimisti: è la triste realtà. Gli interinali subito a casa, mentre per i fissi si passa al lavoro ridotto. A novembre 2008 i dipendenti colpiti da lavoro ridotto in Ticino sono il 2157 per cento in più rispetto di novembre 2007.
L'individuo, davanti ai foschi scenari della crisi, ha una reazione comprensibile: «speriamo non sia io a perdere il posto». Meglio l'interinale che il sottoscritto, penserà il dipendente a contratto fisso. Speriamo tocchi solo il settore industriale, penserà invece il muratore, il venditore o l'impiegato, mentre leggeranno i dati del lavoro ridotto. Una guerra fra poveri. A lungo trascurata, la frammentazione della classe salariale rischia di essere la sua debolezza letale. La risposta data deve essere unitaria, con una visione globale. Una missione difficile, ancor più in un contesto di crisi dove è facile per l'egoismo prevalere.
Se non si riuscirà a creare la necessaria unità tra i salariati, ne usciremo tutti perdenti.

Pubblicato il 

27.02.09

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