Società

«La colpa non è degli allievi più fragili, ma del sistema»

A Zurigo il corpo docente è sceso in piazza per chiedere un cambio di passo nella politica scolastica. 3.000 insegnanti chiedono risorse per affrontare le sfide dell’inclusione e dicono basta al furto delle ore di lavoro

La realtà della scuola dell’obbligo nella Svizzera tedesca ci parla di un malessere diffuso tra il corpo insegnante, di abbandoni della professione, di una carenza costante di personale qualificato e di situazioni non sempre facili da gestire nel quotidiano. Poi ci sono le narrazioni: negli ultimi tempi si è consolidata l’idea, in alcuni settori della società, che i problemi della scuola siano stati causati soprattutto dall’inclusione, un fenomeno relativamente nuovo in Svizzera, paese puntuale su tutto ma spesso in ritardo quando si tratta di introdurre progressi sociali.

 

Questa narrazione è diventata contagiosa soprattutto nel momento in cui, a Basilea, una parte del corpo docente ha lanciato un’iniziativa per reintrodurre classi di recupero separate da quelle regolari. Al momento non sappiamo ancora se l’iniziativa sarà sottoposta al voto. Il messaggio che si è imposto da allora è il seguente: gli allievi difficili sono in costante aumento, l’unica soluzione è separarli dal resto della classe e metterli in un contesto in cui possano essere seguiti meglio. La ricetta è all’apparenza semplice: separare come panacea contro tutti i mali. Un dibattito sui traumi del sistema separativo non sembra avere spazio tra i media borghesi.

 

A Zurigo, sulla scorta di Basilea, i partiti borghesi hanno lanciato un’iniziativa simile, ma sembrano non aver fatto i conti con quella parte del corpo docente che non ha intenzione di farsi ammaliare da narrazioni semplificate. Le persone scese in piazza sabato scorso a Zurigo sembrano interpretare i problemi della scuola in maniera differente. La manifestazione colorata e rumorosa, lanciata dal sindacato VPOD insieme ad altre organizzazioni che si battono per una scuola differente (Kollektiven Kritische Lehrpersonen (Krilp), Kritische Sozialarbeit (Kriso) e Trotzphase), ha avuto un successo incredibile: oltre 3.000 persone hanno affollato le strade di una Zurigo grigia e piovosa.

 

Tra il personale scolastico critico c’è anche Sophie Blaser, insegnante d’asilo e militante sindacale, iscritta sia alla VPOD sia a Unia. L’abbiamo incontrata alla Volkshaus di Zurigo durante la fase di mobilitazione prima della manifestazione: «Si parla molto di stress eccessivo e abbandoni tra il corpo docente, quello di cui si parla poco sono i veri motivi: la nostra settimana di lavoro è colma d’impegni. Il Cantone ci riconosce soltanto 100 ore annuali come docenti responsabili di una classe, ma si tratta di un monte ore completamente insufficiente. Ne chiediamo almeno 250 per poter fare al meglio il nostro lavoro senza dover regalare ore di lavoro. Chiediamo inoltre classi più piccole e la possibilità di insegnare in squadra. Questo permette di affrontare al meglio le sfide pedagogiche odierne». Sulla proposta di ritornare a un sistema fortemente separativo Sophie Blaser è netta: «I partiti borghesi propongono di introdurre le classi di recupero a costo zero, ma questa è un’utopia. Per farlo occorre aumentare le risorse per gli insegnanti di sostegno. Questa proposta, oltre a essere dannosa, è anche costosa». La sua contrarietà alla proposta la ribadisce indirettamente anche durante il suo discorso tenuto durante la manifestazione: «L’inclusione non è il problema, non lo sono i bambini con origini migratorie, né quelli più fragili, ma la mancanza di risorse che ci porta al limite. Se vogliamo rendere la professione di nuovo attrattiva serve un cambio di passo deciso».

Pubblicato il

05.06.2024 09:38
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