La “colpa” di denunciare

La donna che denuncia pubblicamente di aver subito molestie sessuali a molti anni di distanza dai fatti è oggetto di un linciaggio mediatico, viene accusata di essersi comprata la carriera e insultata. Il lavoratore che va dal magistrato per denunciare i soprusi e i reati subiti dal suo datore di lavoro, consentendo così l’apertura di un'inchiesta penale, viene fatto passare per un trafugatore d'informazioni e perde il posto di lavoro. Sono storie diverse ma per certi versi simili quella della regista Asia Argento che tiene banco in Italia e quella dell’ex dipendente dell'agenzia di sicurezza Argo 1 (la società beneficiaria di un mandato pubblico diretto alquanto dubbio e sotto inchiesta per gravi reati come usura e truffa), finito suo malgrado al centro della cronaca di queste ultime settimane in Ticino. Entrambi sono vittime di un giornalismo spregiudicato e irrispettoso dei diritti e della dignità delle persone. Un giornalismo che in Italia è tipico di testate squallide come “Il Giornale” o “Libero” e che da noi sembra aver contagiato persino il prestigioso e tradizionalmente compassato Corriere del Ticino. Sarà per la “vicinanza” a questo modo di fare informazione dell’amministratore delegato, di scuola “Il Giornale”, Marcello Foa?


Le ragioni di questo scadimento in fondo non ci interessano e non sono affare nostro. E non vogliamo nemmeno giudicare l’operato di colleghi giornalisti, di cui verosimilmente si occuperà il Consiglio svizzero della stampa, l’istanza di ricorso in materia di etica dei mass media.


Come periodico sindacale e giornale del lavoro e dei lavoratori, dobbiamo però condannare con aperta e indignata disapprovazione il modo e i termini con cui il primo quotidiano del cantone sta trattando lo scandalo Argo 1. Gravissima è in particolare la scelta di puntare il dito non contro i presunti colpevoli, ma contro le vittime, contro i lavoratori che hanno subito i torti e che hanno avuto il coraggio di testimoniare davanti al magistrato.  Senza ragione alcuna si sono visti i loro nomi sbattuti in prima pagina e sono stati definiti degli “infiltrati” dal sindacato Unia, quasi fossero delle pedine di un’organizzazione criminale. Con questa gratuita violenza mediatica, con le affermazioni false e il tentativo di mettere in cattiva luce chi cerca di contrastare le derive del mercato del lavoro non si fa altro che il gioco dei delinquenti!


Nella triste realtà del nostro mercato del lavoro sempre più simile a una giungla, il sindacato s’imbatte ormai frequentemente in situazioni che non si possono affrontare solo con gli strumenti tradizionali (assistenza individuale, contrattazione aziendale o collettiva, sciopero eccetera), ma che impongono un intervento della polizia e della magistratura: succede quando ci si trova confrontati con comportamenti che vanno ben oltre la violazione di un contratto o della legislazione sul lavoro sconfinando nel campo della criminalità. Non è un caso che negli ultimi anni, anche se lontano dalle luci della ribalta, la collaborazione tra Unia Ticino e Ministero pubblico si sia intensificata fino a sfociare nell’istituzione, lo scorso anno, di una cellula di coordinamento per il contrasto dei reati che si verificano sui luoghi di lavoro. Una collaborazione che ha consentito di avviare innumerevoli inchieste penali e di giungere alla condanna dei colpevoli.  


Per Unia si tratta di un settore d’intervento nuovo, la cui gestione è molto delicata, poiché i lavoratori che chiedono aiuto al sindacato sono comprensibilmente restii a testimoniare davanti a un’autorità giudiziaria e di volta in volta vanno persuasi e rassicurati. Rischia pertanto di avere effetti devastanti la caduta di stile del Corriere del Ticino. Per non parlare della ritorsione già subita da uno dei lavoratori denuncianti, «sollevato dall’incarico a titolo cautelativo e temporaneo» dal suo attuale datore di lavoro, a quanto pare su pressione dello stesso Dipartimento cantonale della sanità e della socialità che aveva conferito il discutibile mandato ad Argo 1 e che attualmente si trova sotto inchiesta parlamentare.


In questo cantone c’è insomma un’insopportabile e preoccupante ostilità nei confronti di chiunque contribuisca a contrastare la dilagante criminalità d’impresa, che sembra dunque godere di una certa indulgenza (quasi fosse un male necessario) da parte delle stesse persone che condannerebbero a morte i ladri di polli.

Pubblicato il

26.10.2017 15:58
Claudio Carrer