È notizia di una settimana fa: Lukas Mühlemann lascia la presidenza della direzione del Credit suisse. Alla fine di ques’anno, l’uomo che ha avuto un ruolo non secondario nel tracollo di Swissair, abbandona il timone di comando. Di questo possono rallegrarsi gli azionisti dell’istituto di credito che grazie alle strategie messe in atto dal discusso manager hanno visto i loro risparmi decurtarsi sempre di più. Ma quando si parla di Mühlemann viene in mente immediatamente un altro paladino del liberismo sfrenato: Martin Ebner. Lo pseudo finanziere crollato miseramente quest’estate sotto il peso dei debiti e delle sue “Visioni”, le società di partecipazione con cui ha adescato migliaia di piccoli azionisti usati poi come teste d’ariete per entrare nel capitale delle grandi banche e industrie svizzere. Non c’era grande azienda quotata che non annoverasse tra i suoi soci le “Visioni” di Ebner. Roche, Abb, Ubs, Winterthur assicurazioni e Cs avevano un tratto comune: erano partecipate da Ebner. Ma mentre Ubs, dopo avere smaltito ormai tutte le scorie della fusione con la Sbs (Società di banca svizzera), dimostrando grande fiuto, aveva chiuso i rapporti d’affari con Ebner all’inizio di quest’anno, l’istituto di Lukas Mühlemann non ha fatto altrettanto trascinanadosi nel pantano. Toccherà ora a Walter B. Kielholz, il nuovo presidente di direzione, riparare i danni di un decennio allegro nella seconda banca svizzera.
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