La brutta anomalia ticinese

È andata a casa. È stata mandata a casa. Con la mancata rielezione di Marina Masoni nel governo del cantone Ticino, un fatto unico e quindi politicamente rilevantissimo nella storia di questa buffa repubblica, si chiude un periodo durato 12 anni di esasperato liberismo ideologico. Al suo posto il popolo, con una robusta spinta da parte dell'elettorato di sinistra, ha piazzato Laura Sadis, liberale pure lei, vicina agli ambienti economici pure lei, ma, par di capire, assai meno ideologica di chi l'ha preceduta alla direzione del Dipartimento finanze ed economia. È una buona notizia.
Le interpretazioni del voto a destra negli scorsi giorni si sono concentrate soprattutto sui rapporti fra i partiti: l'avanzata della Lega, il ridimensionamento dell'Udc, il travaso di schede di partito dall'ala liberale luganese del Plr al suo braccio armato, la Lega appunto. Interpretazioni pertinenti, ma che non colgono appieno quanto sotto la superficie si muove seguendo logiche che non sono più strettamente politico-partitiche. Ma che sono logiche di potere fra gruppi d'interesse economici. Questi movimenti sono molto trasparenti in ambito federale. Lì la destra economica ultraliberista s'è ormai accasata nell'Udc, usando questo partito in funzione identitaria per raccogliere i voti di un elettorato impaurito proprio dagli sfracelli causati dall'eccesso di liberismo. Gli ambienti economici più moderati, tendenzialmente soccombenti, sono invece rimasti nel Plr. La contrapposizione fra i due gruppi si ritrova anche nelle grandi organizzazioni economiche e padronali: Economiesuisse è sempre più assoggettata agli hardliner targati Udc, ma non mancano i moti di ribellione di quelle associazioni padronali che sono ancora vicine al Plr.
In Ticino il quadro è, per il momento, più ingarbugliato. Il Plr, che non a caso molti definiscono "due partiti in uno", continua anacronisticamente ad accogliere in sé i rappresentanti di entrambi i gruppi di potere. Il travaso dell'ultradestra verso l'Udc non c'è finora stato perché a differenza del resto della Svizzera in Ticino i partiti borghesi hanno ancora un certo controllo del voto, grazie anche ai favori che possono distribuire (si pensi solo ad asfaltopoli o allo scandalo dei mandati). Eppoi il modello blocheriano di Udc non può attecchire in Ticino in funzione identitaria. Quella funzione la assolve pienamente la Lega, com'è accaduto in queste elezioni, ma al servizio della destra economica ultraliberista accasata nel Plr. Un gruppo di potere questo, comunemente assimilato alla destra luganese del "partitone", che si muove in politica con la stessa spregiudicatezza da gangster con cui agisce nel mondo degli affari. E che quindi rimesta nel torbido come e quando vuole, spostando ad esempio voti verso la Lega con fare mafioso per intimidire il presidente Giovanni Merlini, col rischio anche di far perdere un seggio in governo a favore proprio della Lega.
Sarebbe sbagliato quindi credere che la mancata rielezione di Masoni in governo segni la sconfitta anche di questa destra. Quel che resta da capire è come si riorganizzerà ora. Perché questa destra ideologicamente già si riconosce nell'Udc di Christoph Blocher. Masoni stessa infatti lo ammira e lo definisce "il nostro consigliere federale", e del resto il suo ex collaboratore personale Fabio Pontiggia ha un passato proprio alla redazione del giornale dell'Udc "Il Paese". Gli ambienti economici la loro scelta di campo già l'hanno fatta: la Camera di commercio diretta da Franco Ambrosetti è masoniana e dunque filo-Udc, l'Aiti di Sandro Lombardi si riconosce invece nelle posizioni più moderate di una Laura Sadis e quindi del Plr. E la mancata fusione fra le due organizzazioni due anni fa non è stata solo un secondario fatto di cronaca.
La frattura nel Plr ticinese è quindi oggi più profonda che mai. Una scissione, che da tempo si aspetta e che porterebbe finalmente chiarezza nel quadro politico ticinese risparmiandoci molti degli psicodrammi cui abbiamo assistito nell'ultimo anno, sarebbe certamente possibile, ma a breve termine appare inverosimile. Il problema è infatti dove l'ultradestra potrebbe oggi approdare. Non nell'Udc, che sarebbe stata un buon guscio vuoto da occupare rappresentando la soluzione più chiara se non avesse subito il rovescio elettorale di domenica. E neppure nella Lega, che nella sua finta autonomia è più utile come procacciatrice di voti ed è perfettamente manovrabile per la ricattabilità del suo presidente a vita, che di debiti verso i suoi padrini ne ha più di uno, e non solo di ordine politico. Quanto alla costituzione di un nuovo soggetto politico, appare operazione fin troppo rischiosa.
Qualche utile indicazione ci verrà già nelle prossime settimane dalle manovre in vista delle elezioni federali d'ottobre. Per le quali la destra ultraliberista ha come figura politica spendibile sul mercato elettorale ancora, sempre e solo Marina Masoni. Lei la fedeltà l'ha giurata al Plr, e probabilmente c'è da crederle. A meno che l'Udc proprio alle elezioni federali non risorga dalle sue ceneri riacquistando tutta la credibilità perduta il primo aprile, c'è dunque da ritenere che per qualche anno l'anomalia ticinese durerà ancora. Non è una bella prospettiva.

Pubblicato il

06.04.2007 00:30
Gianfranco Helbling