La Zyliss, un caso esemplare

È una vicenda esemplare. In negativo, per come si comportano manager e padroni. In positivo, per come si dovrebbe comportare il personale quando un’impresa minaccia di chiudere. È la vicenda della Zyliss, azienda produttrice di utensileria da cucina, che dà lavoro ad oltre cento persone a Lyss, cittadina industriale sull’asse Bienne-Berna. Ed è anche una vicenda esemplare per i sindacati, dal momento che viene gestita insieme da Flmo e Sei, già prefigurando la nuova Unia. Zyliss è un marchio svizzero tradizionale, che per gli attrezzi da cucina significa alta qualità. L’azienda appartiene alla multinazionale Diethelm Keller Holding, che, secondo le informazioni da essa fornite, nel 2002 ha fatturato 4,6 miliardi di franchi e realizzato 57 milioni di utile, con circa 15 mila dipendenti in 35 Paesi: una storica ditta zurighese fondata quasi 150 anni fa, che oggi appartiene alle famiglie Keller, Gautier ed Hegner. A sorpresa, il 2 ottobre scorso la direzione della Zyliss annuncia la chiusura dell’azienda per la metà del 2005. Motivo addotto: la difficile situazione economica. Soluzione presentata: trasferimento della produzione in Cina. Conseguenze: 80 persone avrebbero perso il lavoro; i due terzi di loro sarebbero però rimasti al loro posto almeno fino all’autunno 2004; per una trentina di dipendenti (non operai, certamente) ci sarebbe stata forse la possibilità di trasferirsi nel nuovo luogo di produzione. Già all’inizio dell’anno la Zyliss aveva soppresso 25 posti di lavoro. Allora i piani erano ancora quelli di mantenere comunque la produzione a Lyss. Ma adesso la direzione ha cambiato idea. E non s’è neppure degnata di prestare attenzione – come dovrebbe, in base al Codice delle obbligazioni – ad una precisa proposta tecnica di mantenimento della produzione a Lyss. Tale proposta è stata formulata dall’economista aziendale Roland Thomke, specialista nei settori produzione e sviluppo, che nel 2002 aveva lavorato alla Zyliss proprio come responsabile dello sviluppo dei prodotti e direttore della progettazione tecnica. Secondo Thomke, calcoli alla mano, spostare la produzione della Zyliss in Cina renderebbe i prodotti di questa azienda – che si avvalgono dello “Swiss Label”, il marchio di qualità svizzera – più costosi e meno concorrenziali, poiché verrebbero fabbricati con un minore impiego di tecnologia e richiederebbero maggiori spese d’immagazzinamento e di trasporto. «Non esiste una ragione tecnica che giustifichi la chiusura della produzione in Svizzera», ha detto Thomke. In base al suo piano, basterebbe semplificare le strutture aziendali e valorizzare meglio un numero ridotto di utensili Zyliss. Se la produzione attualmente non è redditizia, ha precisato ancora Thomke, ciò dipende «dalla riduzione intenzionale al 50 per cento dello sfruttamento della potenzialità produttiva». I problemi nell’azienda sono sorti dal momento che due management hanno lavorato a due strategie diametralmente contrapposte, il che ha comportato delle perdite finanziarie. A ciò si aggiunga l’esplicita accusa di scarsa conoscenza dei processi produttivi in Svizzera, che il segretario regionale Flmo/Sei, Corrado Pardini, ha rivolto principalmente al capo della Zyliss, l’americano Hardy Steinmann, che conosce bene soprattutto il mondo della produzione e degli affari in Asia. Lunedì 24 novembre, dopo che i sindacati e Roland Thomke avevano presentato il loro progetto in occasione di una conferenza stampa, la direzione della Zyliss ha reagito con un comunicato, nel quale rimprovera ai sindacati di coltivare «visioni irrealistiche sul futuro della Zyliss» ed afferma che l’idea di produrre a Lyss in modo più conveniente che in Cina può essere facilmente confutata. Ma il giornalista economico Gian Trepp, pure presente alla conferenza stampa, non la pensa così. In un’interessante relazione ha analizzato il perché, nella logica della Diethelm Keller Holding, «il mercato mondiale è tutto, la produzione è niente». La prevista chiusura della Zyliss rientra perfettamente nella strategia d’affari di questa multinazionale, nata come società essenzialmente commerciale, abituata ad acquistare e rivendere merci, servizi (anche turismo e viaggi) ed informazioni unicamente in base al prezzo. Dove un prodotto venga fabbricato è soltanto una questione di costi. La designazione “Swiss made in China” verrebbe «degradata a pura marca commerciale», in modo da permettere a questi signori di «svendere, per la loro cassa privata, la buona reputazione della produzione svizzera, senza contribuire con ciò a mandare completamente in rovina questa fama già parecchio maltrattata». Trepp è stato esplicito sulla Diethelm Keller. Questa ditta di famiglia, non quotata in borsa, non pubblica cifre dettagliate sui suoi affari. Il suo fatturato ed i suoi utili sono probabilmente molto maggiori di quanto reso noto, i suoi dipendenti dovrebbero essere più numerosi (circa 20 mila) ed il suo raggio d’azione esteso ad 80 Paesi. Il presidente del consiglio d’amministrazione, Andreas W. Keller, ed il presidente della direzione generale, Renato Fassbind, guidano questa holding lontano dai riflettori dell’opinione pubblica, permettendole di «sviluppare alla perfezione il suo modello d’affari neoliberale». «A chi interessa se i colleghi cinesi ricevono salari dignitosi e prestazioni sociali? Chi ha mai sentito parlare d’impegno delle grandi agenzia di viaggio contro il turismo sessuale in Thailandia? O magari una parola di critica contro la brutale dittatura della Birmania, mercato d’espansione della Diethelm Keller?». Oggi, Keller e Fassbind stanno, secondo Gian Trepp, dilapidando l’eredità di Karl Zysset, il geniale meccanico che con le sue invenzioni ed i suoi brevetti creò la Zyliss. Sono manager che pensano soprattutto al marketing, a comprare, vendere e guadagnare. Per loro la produzione, come la genialità e la creatività, non ha valore. Ha un grande valore, invece, per gli operai. Non soltanto perché ne va di mezzo il loro posto di lavoro, ma anche perché è un pezzo di vita che se ne va, insieme all’impegno profuso per costruire prodotti di qualità nello spirito dell’azienda e del suo fondatore. Facendo leva anche sui sentimenti della gente, hanno reagito in modo esemplare, con l’aiuto dei sindacati. Hanno partecipato subito in massa (60 su 80) alla prima assemblea; hanno fatto un primo sciopero d’avvertimento; hanno lanciato una petizione, raccogliendo firme oltre che a Lyss, anche a Bienne ed a Berna. E, soprattutto, hanno sostenuto i loro rappresentanti ed i sindacalisti durante gli incontri con la direzione. La prima cosa che le trattative hanno loro assicurato, è che la consultazione tra sindacati e direzione rimarrà aperta almeno fino alla fine dell’anno. Ma anche che licenziamenti sono per adesso esclusi e che su tutto è ancora possibile discutere. Il clima ha cominciato ad indurirsi quando – dopo che il 29 ottobre sono state consegnate 15 mila firme al capo della Diethelm Keller, Renato Fassbind, e questi aveva risposto che avrebbe esaminato la strategia aziendale proposta dal sindacato – in un incontro successivo l’ipotesi di mantenere la produzione a Lyss non è stata neppure considerata. Il 17 novembre l’americano Hardy Steinmann ha lasciato scadere senza risposta l’ultimatum sindacale (una moratoria di 12 mesi e la disponibilità a riesaminare la decisione di chiudere). Non poteva essere che sciopero. E sciopero è ancora. I lavoratori hanno incontrato una vasta solidarietà, anche grazie ad un accorto lavoro di pubbliche relazioni: hanno sviluppato una serie di azioni davanti ai negozi Coop (che vendono i prodotti Zyliss), hanno organizzato manifestazioni di massa, hanno tenuto una conferenza stampa a Zurigo, sotto il naso della Diethelm Keller. Sono persino andati a giocare sul campo da golf frequentato da Andreas Keller. Stanno, insomma, facendo di tutto per tenere vivo l’interesse dell’opinione pubblica. È però un esercizio molto duro. Occorre che vi sia un’ondata di sostegno, in particolare da parte dei consumatori, alla loro azione che è diretta a mettere la Diethelm Keller davanti alla propria responsabilità sociale. Gli 80 lavoratori della Zyliss, che stanno dimostrando coraggio e determinazione, sicuramente se lo meritano.

Pubblicato il

28.11.2003 01:30
Silvano De Pietro
Editore

Sindacato Unia

Direzione

Claudio Carrer

Redazione

Francesco Bonsaver

Raffaella Brignoni

Federico Franchini

Mattia Lento

Indirizzo
Redazione area
Via Canonica 3
CP 1344
CH-6901 Lugano
Contatto
info@areaonline.ch

Inserzioni pubblicitarie

Tariffe pubblicitarie

T. +4191 912 33 88
info@areaonline.ch

Abbonamenti

T. +4191 912 33 80
Formulario online

INFO

Impressum

Privacy Policy

Cookies Policy

 

 

© Copyright 2023