Lavoro&Dignità

Alla comprensibile amarezza, è la frustrazione il sentimento dominante che accomuna operai e dirigenza aziendale della Tri-star Elettronic di Bioggio. Il problema della fabbrica non sono gli ordinativi. Sono pieni fino a settembre. La delocalizzazione decisa dai manager del gruppo Carlisle, proprietaria dal 2011 della fabbrica ticinese, è puramente economica. Risparmiare sui salari elvetici sostituendoli con manodopera messicana malpagata. Un semplice calcolo teorico che non tiene conto della pratica, spiegano all’unisono operai, dirigenza e sindacato Unia. Per produrre quei pezzi di microelettronica ad altissima precisione destinati in particolare all’industria aeronautica, non basta trasferire i macchinari. Bisogna sapere farli andare.

 

Il famoso know how ben presente in Ticino. Una conoscenza professionale che deriva dalla tradizione orologiera elvetica nata nel Canton Jura e poi diffusasi sul territorio nazionale, radicandosi anche in Ticino. Un patrimonio di conoscenza industriale che si sta drammaticamente impoverendo a sud delle Alpi.

 

A Heroica Nogales, città dello stato messicano di Sonora dove è previsto il trasferimento dei macchinari, questo know how è completamente assente. Ma non manca solo quello. Nogales è priva di quel tessuto industriale di prossimità, la cui vicinanza con la produzione è fondamentale nel risolvere in tempi brevi eventuali problemi o esigenze particolari dei clienti.

 

Commissione del personale, sindacato e dirigenza aziendale lo hanno fatto presente ai manager d’oltreoceano del gruppo Carlise. Hanno allestito un dossier propositivo, illustrando tutte le difficoltà pratiche e i rischi economici insiti nell'operazione, indicando pure ai manager delle possibilità di risparmi alla sede ticinese. Non è servito a nulla. Il calcolo economico ha prevalso sulla logica industriale.

 

Allo scadere dei tempi legali della consultazione col personale in caso di licenziamento collettivo, nel tardo pomeriggio dello scorso venerdì dagli Stati Uniti con tre righe hanno liquidato la faccenda. Grazie ma la decisione di chiudere «è irrevocabile» avrebbero detto in sintesi da oltreoceano. La dirigenza americana si aspetta ora che l'ottantina di dipendenti smonti i macchinari dopo aver insegnato agli operai messicani come farle funzionare e poi tanti saluti. La distanza tra la teoria e la pratica forse non la insegnano nei college americani dove si formano i manager.

Pubblicato il 

06.03.23
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