La Svizzera guarda al futuro

Svizzeri, ma senza il passaporto svizzero. Così vengono considerati, ormai in tutti gli ambienti sociali, i giovani stranieri cresciuti o nati in Svizzera. Questo concetto, divenuto pressoché uno slogan nella campagna per la votazione popolare del 26 settembre, è fondamentale nella comprensione dei due decreti federali di modifica della Costituzione svizzera sui quali i cittadini dovranno votare. Formalmente si tratta di ritoccare le competenze a legiferare sulla cittadinanza (articolo 38 della Costituzione federale); ma nella sostanza si decide se si è d’accordo con una riforma, anche legislativa, già delineata dal parlamento. La prima proposta di modifica costituzionale dice che la Confederazione stabilisce i principî per la naturalizzazione degli stranieri da parte dei cantoni, e che questi principî devono agevolare la naturalizzazione dei giovani stranieri cresciuti in Svizzera. La seconda modifica costituzionale conferma che è la Confederazione a dover disciplinare l’acquisto della cittadinanza per origine, matrimonio e adozione, ma aggiunge anche “per nascita in Svizzera se almeno un genitore è cresciuto nel Paese”. A queste due disposizioni generali, Consiglio federale e parlamento hanno fatto seguire le opportune modifiche della legge federale sull’acquisto e la perdita della cittadinanza svizzera, le quali però non entreranno in vigore se non verranno accettati dal popolo i due decreti federali e se non verrà lanciato il referendum. In pratica, il primo progetto modifica la legge per far sì che a molti “svizzeri senza il passaporto”, cioè ai giovani di seconda generazione i cui genitori sono immigrati in Svizzera, venga data la possibilità di acquisire la cittadinanza elvetica in modo agevolato ed alle stesse condizioni in tutti i cantoni. E per essere riconosciuti “svizzeri senza il passaporto” occorre: avere dai 14 ai 24 anni d’età; avere un permesso di dimora o di domicilio (B o C); aver frequentato almeno cinque anni di scuola dell’obbligo in Svizzera; abitare da almeno due anni nel comune nel quale si fa domanda di naturalizzazione. Altre condizioni sono scontate: conoscere come si vive Svizzera e almeno una lingua nazionale; conformarsi alle leggi; non mettere in pericolo la sicurezza pubblica. Ma vi sono altri due vantaggi non di poco conto. Il primo è il limite massimo della tassa da pagare, che non deve superare le spese amministrative. Il secondo è l’uniformità della procedura (molti cantoni, pur agevolando la naturalizzazione dei giovani di seconda generazione, stabiliscono condizioni, procedure e tasse differenti). Infine, il progetto semplifica anche la procedura ordinaria di naturalizzazione degli adulti di seconda generazione e degli immigrati di prima generazione. In questi casi rimane comunque necessaria la doppia procedura cantonale e comunale, a conclusione della quale la Confederazione si limiterà a dare o negare il suo consenso. Il secondo progetto, dopo aver attribuito alla Confederazione la competenza di disciplinare l’acquisto automatico della cittadinanza svizzera da parte dei neonati di terza generazione, stabilisce nella legge le condizioni di tale automatismo. Si tratta evidentemente di riconoscere che per i nipoti degli immigrati di prima generazione, la Svizzera, paese in cui sono nati, è la loro vera e unica patria, mentre non lo è certamente il paese d’origine dei loro nonni, dove al massimo ci passano le vacanze. Riconoscere che questi bambini sono praticamente svizzeri, vuol dire ammettere che quanto meno non bisogna sottoporli ad una procedura complicata. Per questo motivo la legge prevede solo due condizioni di fondo: che almeno uno dei genitori sia di seconda generazione (cioè abbia frequentato per non meno di cinque anni la scuola dell’obbligo in Svizzera), e che il genitore in questione disponga del permesso di dimora o di domicilio da cinque anni al momento della nascita del figlio. Quest’ultima disposizione esclude automaticamente i figli dei richiedenti l’asilo, che in quanto tali non hanno un permesso di dimora o di domicilio. La cittadinanza ai neonati di terza generazione non viene comunque imposta: i genitori possono rinunciarvi per conto del loro figlio, il quale però potrà revocare questa decisione appena sarà maggiorenne, sempre che risieda ancora in Svizzera. A favore di questa riforma si sono schierati il Consiglio federale e il parlamento, dove tutti i partiti l’hanno sostenuta, con l’eccezione di una minoranza costituita quasi per intero da parlamentari dell’Udc. Questi oppositori hanno argomentato che una riforma del diritto di cittadinanza non serve, dal momento che i giovani stranieri approfittano già del raddoppio degli anni di residenza tra il decimo e il ventesimo anno d’età. In particolare, l’Udc agita lo spauracchio di una presunta naturalizzazione di massa, che finirebbe per influire sulla statistica della popolazione straniera. E ancora: dovrebbero essere considerati di seconda generazione solo gli immigrati nati e cresciuti in Svizzera; e concedere la cittadinanza svizzera automaticamente alla nascita sarebbe eccessivo, mentre gli interessati dovrebbero poter decidere più tardi in piena autonomia. Troppe differenze fra i Cantoni La naturalizzazione agevolata a livello federale dei giovani stranieri è già stata in passato oggetto di votazioni popolari. La prima proposta venne respinta nel 1983 con il 55 per cento dei voti e la maggioranza dei cantoni, sostanzialmente perché concedeva la naturalizzazione agevolata anche ai rifugiati riconosciuti. Un secondo tentativo, compiuto nel 1994, ottenne il consenso della maggioranza dei votanti (53 per cento), ma non nella maggioranza dei cantoni. Il difetto stava probabilmente nel fatto che, non essendo stata già predisposta una legge di applicazione del principio costituzionale, non tutti capirono bene che l’intenzione era quella di agevolare i giovani ben integrati che avessero frequentato per almeno cinque anni in Svizzera la scuola dell’obbligo. Particolare interessante: nel 1994 l’Udc era a favore della naturalizzazione agevolata dei giovani immigrati, adesso è contro. E fa non poca fatica a spiergarne il perché (c’è l’automatismo, che prima non c’era; ed è cambiata la definizione di “seconda generazione”). Nel frattempo, però, procedure di naturalizzazione agevolata per i giovani stranieri sono state adottate di propria iniziativa da molti cantoni, i quali ormai sono 14, cioè la maggioranza. Tuttavia, tali procedure differiscono moltissimo da un cantone all’altro, per cui si ritiene che i tempi siano ormai maturi per uniformare su scala nazionale la procedura e le condizioni di naturalizzazione. E questo fa ben sperare per l’esito della votazione. Ma con l’uniformità procedurale, come cambieranno in concreto le condizioni di naturalizzazione per i giovani immigrati? In una recente conferenza stampa, Eduard Gnesa, direttore dell’Imes (l’Ufficio federale dell’immigrazione), dopo aver precisato che ad usufruire della naturalizzazione agevolata per la seconda generazione saranno soltanto i giovani che si sono integrati in Svizzera ed intendono prestare servizio militare, ha illustrato quali saranno le differenze con la procedura attuale. «Già oggi» – ha detto Gnesa – «i candidati soddisfano facilmente i termini di residenza di 12 anni fissati dalla Confederazione, poiché gli anni di residenza dei giovani tra i 10 e i 20 anni d’età contano il doppio. I problemi maggiori risiedono però nei differenti termini cantonali e comunali di residenza». Il direttore dell’Imes ha portato un esempio concreto. Un giovane, nato in Svizzera da genitori di origine spagnola compie i 18 anni. Come i suoi coetanei ed amici svizzeri, vorrebbe votare e fare il militare; presenta perciò domanda di naturalizzazione al suo comune di residenza. Per motivi di lavoro, tuttavia, dopo l’apprendistato si trasferisce in un cantone vicino, dove il termine di residenza per la naturalizzazione riparte da zero. Deve quindi attendere altri 5 anni. Il giovane fa nel frattempo una vacanza studio per un anno negli Stati Uniti, ed al suo ritorno trova un interessante posto di lavoro in una città più grande, dove si trasferisce. Poi si sposa, crea una famiglia e va ad abitare in periferia. Solo all’età di 34 anni soddisfa infine le esigenze comunali e cantonali relative alla residenza. Rifà domanda e, dopo 3 anni e mezzo, ottiene la cittadinanza svizzera all’età di 38 anni, anziché a 18. È un chiaro esempio di come le diverse condizioni stabilite dai cantoni creino inutili ostacoli burocratici alla naturalizzazione agevolata dei giovani. Sul piano numerico, premesso che nel 2003 sono stati naturalizzati in totale 36 mila stranieri, secondo calcoli della Confederazione si stima che, se i due oggetti in votazione venissero approvati, si conterebbero da 5 mila a 10 mila naturalizzazioni supplementari all’anno; mentre tra 2 mila 500 e 5 mila bambini otterrebbero la cittadinanza svizzera alla nascita. Ogni anno nascono infatti in Svizzera circa 18 mila bambini stranieri; e stando al censimento, circa 2 mila 500 di loro hanno almeno un genitore straniero nato in Svizzera. Si calcola inoltre che le persone interessate dalla nuova regolamentazione e che potrebbero presentare una domanda di naturalizzazione agevolata (età compresa tra i 14 e i 24 anni ed almeno 5 anni di scuola dell’obbligo in Svizzera) siano 116 mila 970. Di esse, 54 mila 628 sono nate e cresciute in Svizzera, mentre 62’342 sono nate all’esteso e hanno frequentato almeno 5 anni di scuola in Svizzera. Infine, secondo uno studio di “Avenir Suisse”, in caso di accettazione dei due oggetti sulla naturalizzazione la quota degli stranieri calerebbe dall’attuale 20,2 per cento al 17,5 per cento entro il 2025, e al 14,7 per cento entro il 2050. Tuttavia, sempre secondo lo stesso studio, anche se la revisione venisse respinta, le naturalizzazioni continuerebbero ad aumentare, e quindi il tasso di popolazione straniera diminuirebbe fino al 19,5 per cento entro il 2025 e fino al 18,0 per cento entro il 2050. Elvetici come Yakin e Hingis Uno degli aspetti più originali di questa campagna, che vede schierati tutti i partiti, eccetto l’Udc, a favore della naturalizzazione agevolata per gli stranieri di seconda e terza generazione, è la discesa in campo del padronato a fianco dei sindacati. Il presidente dell’Unione svizzera degli imprenditori, Rudolf Stämpfli, ha riconosciuto che “la nostra economia deve il suo progresso agli stranieri”. Molti giovani, figli di immigrati di prima o seconda generazione, occupano posti chiave nell’economia e rappresentano un “potenziale creativo” di cui la Svizzera non può più fare a meno. Perciò, ha concluso Stämpfli, “se non li naturalizziamo, il rischio che lascino il paese sarà sempre più grande”. Un discorso di pura convenienza , insomma, che per una volta non contrasta con l’aspetto socio-politico e perfino etico del problema. E che non vi sia contrasto tra giustizia ed opportunità, l’hanno dimostrato anche i discendenti di stranieri che hanno fatto carriera, sono saliti nella scala sociale, e con la loro preparazione, con la loro professionalità, spesso anche con il loro successo, danno un grande contributo di sostanza e di prestigio alla posizione della Svizzera in diversi campi. Alcuni di questi “nuovi svizzeri” di successo, come l’ex-direttrice di Expo02 Nelly Wenger di origine marocchina, o come il calciatore Ricardo Cabanas di origine spagnola, sono stati discretamente ma efficacemente coinvolti dall’Imes (l’Ufficio federale dell’immigrazione) nella campagna a sulla naturalizzazione. Altri “Prominenten” (cioè personaggi di rilievo) come la tennista Martina Hingis, hanno risposto negativamente all’invito del comitato dei sostenitori. La componente democristiana di tale comitato, che si era assunta l’incarico di contattare i “Vip”, è stata accusata dalla sinistra di «scarsa professionalità», accusa peraltro riconosciuta ed ammessa dalla portavoce del Pdc, Béatrice Wertli. La campagna, da questo profilo, è praticamente fallita. Restano tuttavia numerosissimi i personaggi di successo in ogni campo che, con il loro stesso nome d’origine straniera (basta citarli), testimoniano anche senza volerlo la validità della scelta della naturalizzazione. A loro vantaggio, perché la Svizzera gli permette di emergere, ed a vantaggio della Svizzera, che può utilizzare i loro talenti e le loro capacità.

Pubblicato il

27.08.2004 01:30
Silvano De Pietro
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