La Svizzera e la guerra nel Nagorno Karabak

Il conflitto riacceso in questi giorni per il controllo della regione del Caucaso c’interpella. La Confederazione è infatti un centro importante per Socar, l'aggressiva compagnia petrolifera pubblica dell’Azerbaigian.

«La Grande Guerra Patriottica è in corso. I lavoratori petroliferi azeri lavoreranno instancabilmente nelle retrovie e sosterranno il nostro esercito vittorioso. Il Karabakh è nostro e sarà nostro!».

 

Questo post, pubblicato su Facebook il 28 settembre, è solo uno dei tanti messaggi di questo tipo diffusi di recente dalla Socar, la compagnia petrolifera di Stato dell’Azerbaigian. Socar incoraggia le truppe armate azere impegnate, a suo dire, nella liberazione del Nagorno Karabakh e sostiene senza freno i discorsi del presidente Ilham Aliyev, al potere dal 2003 dopo essere succeduto al padre.

 

Negli ultimi giorni la situazione nella regione, tesa da anni, è precipitata. Tanto che ormai è guerra. La disputa per questo pezzo di terra senza sbocco sul mare da parte dell’Azerbaigian e l’Armenia ha le sue radici nella dissoluzione dell’impero sovietico. Dimenticata dal resto del mondo, questa parte del Caucaso meridionale (ufficialmente appartenente all’Azerbaigian, ma abitata in gran parte da armeni che ne chiedono la secessione) vive in un limbo da più di un quarto di secolo. Da quando cioè, nel 1994, si è trovato un accordo ad un conflitto che fece migliaia di morti e centinaia di migliaia di profughi da entrambe le parti.  

 

Nel frattempo, negli anni, l’Azerbaigian è diventato una potenza energetica e diplomatica coccolata da diversi Stati democratici, tra cui la Svizzera. Negli ultimi anni le visite a Baku dei Consiglieri federali sono state diverse. Al centro degli interessi elvetici: gli idrocarburi. Dai fondali del mar Caspio vengono infatti estratte quantità importanti di petrolio e gas naturale. Questa ricchezza, gestita per il tramite della società statale Socar, viene custodita nelle ristrette mani dell’élite al potere. Denaro che finanzia il regime degli Aliyev, noto per l’estrema corruzione e per gestire il paese con il pugno di ferro e in crassa violazione dei diritti umani. Ricchezza che l’Azerbaigian ha anche ridistribuito ad alcuni politici europei per evitare l’adozione, nel gennaio 2013, di un rapporto in cui il Consiglio d’Europa metteva l’accento sui prigionieri politici azeri. Un rifiuto che di fatto ha permesso il proseguo del controverso Trans Adriatic Pipeline (Tap), il gasdotto – sostenuto dalla Svizzera e finanziato con fondi europei –  che permetterà al gas del mar Caspio di arrivare direttamente in Italia. È così che funziona quella che è stata definita la “diplomazia del caviale”.  

 

Nell’attuale contesto drammatico (i morti sono già diverse decine) i post guerrafondai della Socar c’interpellano. La benzina che facciamo, la bibita e il panino che compriamo in alcune stazioni di servizio sono legate a doppio filo a questa situazione. In fin dei conti, in maniera anche inconsapevole, i nostri soldi finiscono nel controverso salvadanaio di Baku.

 

La conquista del mercato svizzero dell’azienda statale azera è partita nel 2012: la Socar Energy Switzerland di Zurigo controlla oggi più di 170 distributori di benzina in Svizzera (30 in Ticino) e gestisce diversi adiacenti negozi tramite un partenariato con Migrolino.  

 

«Socar Energy Switzerland è un'azienda in Svizzera e si concentra sulle attività commerciali locali. Di conseguenza, non facciamo commenti su questioni politiche e sociali al di fuori della Svizzera» ha spiegato di recente la società alla Srf. Eppure le azioni della società sono tutte detenute dalla Socar Energy Holding, sempre di Zurigo, a sua volta controllata al cento per cento dalla casa madre azera, il cui presidente Rovnag Ibrahim Abdullayev è anche alla guida del cda della società elvetica. Quest’ultimo è anche alla testa di un’altra società svizzera, la Socar Trading di Genevra: si tratta del più grande commerciante di petrolio e gas azero del mondo. Socar Trading, nel 2019, ha registrato una cifra d’affari di 36 miliardi di dollari. Nel 2018, l'85% della cifra d'affari di tutta Socar è generato dalla Svizzera.

 

Socar in Svizzera controlla anche il 20% della Trans Adriatic Pipeline Ag (Tap) di Zugo, il consorzio che sta ultimando la costruzione del discusso gasdotto che sfocia in Puglia. Un progetto lanciato diversi anni fa dall’elvetica Axpo (che mantiene il 5% della Tap Ag) e sostenuto fortemente dal Consiglio federale.

 

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In questi ultimi anni le autorità svizzere hanno infatti tessuto un’importante rete di relazioni diplomatiche e energetiche con questo Paese che, tra le altre cose, la Svizzera, rappresenta in seno al Fondo Monetario Internazionale (Fmi). Così, con il gasdotto in sottofondo, l’asse Berna-Baku si è rafforzato negli ultimi quindici anni. Nel 2008 viene aperta l'ambasciata elvetica a Baku mentre a Berna viene creato il gruppo parlamentare Svizzera-Azerbaigian il cui segretariato è stabilito a Baden (Ag), presso la sede della Axpo. Nel 2018, il presidente di questo gruppo parlamentare, l’allora senatore ticinese Filippo Lombardi, aveva espresso il proprio appreziamento sul’operato di Socar in Svizzera.  

 

La società pubblica azera possiede le sue partecipazioni nel consorzio Tap tramite una piccola società di Zugo, la AzTap Gmbh. Quest’ultima era dapprima controllata dalla zurighese Socar Energy Holding; oggi invece le azioni sono in mano alla Southern Gas Corridor Closed Joint-Stock Company, una società di Baku direttamente controllata dal corrottissimo clan al potere in Azerbaigian. Una petrodittatura che con il Tap potrà riempire ancor più i salvadanai.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

Pubblicato il

07.10.2020 15:15
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