La Svizzera e il "suo" nazismo

È stato pubblicato all’inizio di novembre a Ginevra ed in Svizzera romanda è già diventato un successo editoriale, andato a ruba nelle librerie e nei grandi magazzini. Mi riferisco al saggio dello storico e giornalista Pietro Boschetti, Les Suisses et les nazis. Le rapport Bergier pour tous (Editions Zoé, pp. 190, 2004). Opera divulgativa, come scrive nella prefazione Jean-François Bergier, il libro costituisce «un tramite, da un lato, fra l’inchiesta approfondita sul comportamento degli Svizzeri rispetto al regime nazional-socialista tedesco ed i suoi crimini; e, dall’altro, il pubblico turbato profondamente negli scorsi anni dalla valanga di rivelazioni ed accuse altisonanti, giunta ad offuscarne la memoria e l’immagine di una Svizzera che era riuscita a mantenersi al di sopra delle parti durante la Seconda guerra mondiale, grazie alla sua determinazione, alla costanza dei suoi valori democratici e umanitari come alla sua onestà». La questione degli averi d’origine ebraica, “dimenticati” nelle casseforti delle banche, degli istituti finanziari e delle società assicurative, ha messo letteralmente sottosopra l’opinione pubblica, le autorità politiche federali e cantonali, nonché i vertici dell’economia del Paese. Per rispondere alle denunce provenienti soprattutto dagli ambienti ebraici statunitensi e per cercare di far chiarezza su un passato recente, le cui ombre erano improvvisamente riemerse, il 19 dicembre 1996 le Camere federali istituirono l’ormai famosa Commissione Indipendente di Esperti Svizzera/Seconda guerra mondiale, presieduta dal prof. Bergier. Le fu attribuito un mandato d’indagine amplissimo, consentendole l’accesso non solo agli archivi pubblici, ma pure a quelli privati ed in particolare aziendali, e dispose di un preventivo di spesa assai solido (22 milioni di franchi). Ciò le permise di consegnare un rapporto molto dettagliato (oltre 11 mila pagine) dopo cinque anni d’intenso lavoro, pubblicato il 22 marzo 2002. La sua sintesi conta oltre seicento pagine ed è uscita anche in italiano (Armando Dadò editore). Nell’introduzione del suo volume, Boschetti costata con un po’ d’amarezza i risultati (non ancora ottenuti) della Commissione Bergier: i rappresentanti politici non hanno accettato di usarli per promuovere un dibattito approfondito e schietto sul modo di agire, alquanto discutibile, della Confederazione ai tempi del nazismo. Si sa che la storia, finché non è riconosciuta per quel che è stata nei fatti e negli atteggiamenti, rischia d’influire pesantemente sul presente ed in maniera negativa con i suoi fantasmi. Quel che non hanno voluto fare i politici svizzeri, forse riuscirà a farlo la società civile, rilanciando la discussione su un periodo storico non soltanto glorioso, secondo l’auspicio dello studio di Boschetti. C’è da augurarsi che esso possa circolare anche in Ticino.

Pubblicato il

03.12.2004 13:00
Martino Dotta